Il caso del 37enne palestinese, Anan Yaeesh, ha portato ad accendere nuovamente i fari sullo stato di detenzione nelle carceri israeliane. “L’uomo è arrivato in Italia dopo aver partecipato alla seconda Intifada e dopo essere stato in carcere per quattro anni, con l’accusa di terrorismo per le azioni di difesa del campo profughi dove risiedeva. Azioni paragonabili a quelle dei nostri partigiani”, ha detto l’avvocato Flavio Rossi Albertini. L’arresto di Anan è avvenuto lo scorso 29 gennaio a L’Aquila, città dove dal 2017 viveva e lavorava. “Il diritto internazionale e quello penale italiano prevedono la possibilità di non estradare una persona se a chiederlo è un paese che tortura e non rispetta diritti umani dei detenuti, come accade per Israele in questo momento – ha continuato Albertini -. Il suo caso, proprio per questo, è molto più grave di quello di Ilaria Salis“. L’estradizione potrebbe essere un precedente ma, come dice Albertini, “anche la fine di queste richieste da parte di Israele”.
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