Gli emulsionanti li troviamo un po’ dappertutto nel cibo industriale, come fosse ormai un ingrediente di cui non si può fare a meno. Ma la loro presenza ha suscitato più di un interrogativo in ambito scientifico. Uno dei più recenti ha trovato risposte in uno studio svolto dai ricercatori dell’università La Sorbonne di Parigi, che hanno cercato di capire se gli emulsionanti alimentari contribuiscono ad aumentare il rischio di cancro.
La ricerca
La ricerca è stata pubblicata su PLOS Medicine e ha riguardato l’analisi dei dati di oltre 92mila adulti della coorte francese NutriNet-Santé, escludendo coloro che avevano già avuto un cancro all’iscrizione. Durante un periodo di verifica durato 6,7 anni, sono stati diagnosticati oltre 2.600 casi di cancro: al seno, alla prostata e al colon-retto. I partecipanti alla ricerca hanno riportato le loro abitudini dietetiche nell’arco delle 24 ore, da qui si sono ipotizzati i livelli di consumo di emulsionanti alimentari. Questi dati sono stati poi collegati a database dettagliati sulla composizione alimentare, consentendo al team di ricerca di valutare le associazioni tra l’assunzione di emulsionanti e il rischio di cancro.
Che cosa è emerso
I risultati hanno rivelato un legame diretto tra l’assunzione di alcuni emulsionanti alimentari e un aumento del rischio di cancro. Gli emulsionanti sotto accusa sono carragenina, mono e digliceridi degli acidi grassi e alcuni tipi di pectine. La ricerca presenta però qualche limite metodologico, come dichiarato dagli autori stessi. Tra cui l’impossibilità di validare l’assunzione di emulsionanti alimentari con l’impiego di biomarcatori specifici, poiché mancano dati di questo genere. C’è anche un problema di rappresentatività della popolazione generale del campione della ricerca, perché gli individui partecipanti potrebbero essere più attenti alla salute e avere comportamenti alimentari diversi dalla media. Secondo il professor Jean-Pierre Michel, che ha guidato la ricerca, “Questi risultati destano grande preoccupazione e sollevano seri interrogativi sull’uso indiscriminato di emulsionanti alimentari nella nostra dieta quotidiana. Se confermati da ulteriori ricerche, potrebbero avere un impatto significativo sulle politiche alimentari e sulla regolamentazione dell’industria alimentare”. Di fatto, le persone con un’alta esposizione agli emulsionanti alimentari potrebbero avere un rischio assoluto più elevato di sviluppare il cancro. Ecco perché molti esperti sottolineano l’importanza di ulteriori studi per confermare questi risultati e comprendere meglio i meccanismi sottostanti.
Il parere dell’esperto
Quali sarebbero i meccanismi che renderebbero gli emulsionanti nocivi per la nostra salute? “Gli emulsionanti sono molecole che rendono possibile la combinazione di alimenti diversi tra loro”, spiega al FattoQuotidiano.it il professor Pier Luigi Rossi, medico specialista in Scienza dell’alimentazione e docente all’università degli Studi di Siena. “Per esempio, queste molecole hanno la capacità di unire l’acqua con l’olio e sono utilizzati dall’industria alimentare per tenere insieme alimenti di provenienza diversa. Gli emulsionanti alterano però il muco intestinale che riveste l’intera superficie del tubo intestinale e di tutto il sistema gastroenterico”.
In che modo lo alterano?
“In particolare nel colon, lo strato mucoso è composto da uno strato interno, unito alla parete dell’intestino, e uno esterno attaccato al primo e che ‘guarda’ verso il lume dell’intestino; in questo secondo strato risiede il microbiota. Gli emulsionanti, con la loro azione, riducono lo strato mucoso e diminuiscono quindi la presenza del micriobiota in modo tale che alcune specie batteriche, come per esempio i gram negativi, attraverso i loro prolungamenti, come delle ancore, vanno a fissarsi sulla parete del colon causando problemi come la retto-colite ulcerosa o, ancora peggio, il cancro”.
Quando è stata scoperta questa azione degli emulsionanti?
“È nota già da molto tempo. Purtroppo, la legge europea che regolamenta l’uso di additivi risale al 2008, per cui è una legge superata che non tiene conto di questi sedici anni di ricerca scientifica che hanno ampiamente dimostrato l’effetto negativo degli emulsionanti sulla parete intestinale e nello stomaco, nonché un’alterazione delle specie batteriche del microbiota”.
Come uscirne?
“Per esempio, negli Usa si sta affermando sempre di più la clean label, ossia l’utilizzo di un’etichetta da applicare sulla confezione dei cibi che testimonia l’assenza di ogni additivo chimico. Ma occorre un profondo cambiamento culturale”.
Su cosa dovremmo insistere?
“Nella mia attività universitaria ho sempre sostenuto che la natura offre un cibo, mentre l’industria alimentare offre prodotti alimentari composti da più cibi, alterati e modificati. Quindi se da un lato in questi giorni stiamo assistendo alla forte protesta dei trattori da parte degli agricoltori, dovremmo di fatto sempre più concentrare la nostra attenzione sull’industria alimentare, su quello che produce e sulla legge che riguarda gli additivi chimici”.
Per quale scopo sono utilizzati dall’industria?
“L’obiettivo è rendere commerciabili alimenti che devono avere una lunga conservazione, risultare appetibili e rispondere a principi di marketing: tutti elementi che spesso non sono compatibili con la salute umana. Dobbiamo renderci conto che, dal paleolitico a oggi, siamo di fronte al più rapido cambiamento nella produzione agroalimentare”.