Un eventuale accordo per il cessate il fuoco ci sarà solo con una “completa fine dell’aggressione, il ritiro dell’esercito d’occupazione da Gaza e la rimozione dell’ingiusto blocco della Striscia”. A ribadirlo è il leader politico di Hamas Ismail Haniyeh su Telegram, mentre un responsabile del movimento ha sostenuto ad al Jazeera ha sostenuto che ci sarà una sospensione vera e propria delle trattative “fino a che non entreranno nella Striscia di Gaza gli aiuti”, poiché i negoziati “non possono tenersi mentre il popolo palestinese lotta per sopravvivere alla fame”. Haniyeh accusa Israele per la mancanza di progressi nei negoziati e ha insistito tra l’altro sulla liberazione “dei prigionieri palestinesi che scontano pene di lunga durata”. Richieste che lo Stato ebraico ha già respinto in passato come “irricevibili”.
Dall’altra parte, secondo quanto riferiscono i quotidiani resoconti delle autorità militari di Israele, le truppe di Tel Aviv continuano ad operare nell’ospedale Nasser di Kahn Younis – nel Sud della Striscia di Gaza – nel quale sono stati arrestati “circa 100 sospettati di attività terroristica” come ha detto un portavoce dell’Idf. “Tra loro, più di 20 hanno partecipato al massacro del 7 ottobre”, ha detto il ministro della Difesa del governo Netanyahu, Yoay Gallant, parlando alla Stampa. Attorno alla zona dell’ospedale sono stati “uccisi terroristi”, viene ribadito dall’esercito. A guerra finita “non ci sarà più Hamas come potenza militare a Gaza” – assicura Gallant – e che “Israele non controllerà Gaza”. Il principio guida per il giorno dopo Hamas è che “né Israele né Hamas avranno il controllo” dell’enclave. L’Idf nella notte ha attaccato alcuni obiettivi in Libano e Siria, dopo alcuni lanci di razzi. Tutto questo si registra nel giorno in cui il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha aggiornato a 28.858 il numero delle vittime del conflitto. I feriti – viene calcolato – sono quasi 69mila. E nel pomeriggio di sabato, un raid israeliano nella parte centrale della Striscia – riporta la Cnn – ha provocato almeno 40 vittime civili palestinesi a Deir al-Balah come riferito dai medici degli ospedali dei Martiri di Al-Aqsa e Al-Awda.
Il tutto mentre proseguono le proteste interne con centinaia di persone che sabato hanno manifestato davanti la residenza del presidente a Gerusalemme, chiedendo un accordo per il rilascio degli ostaggi e elezioni immediate. La manifestazione è stata convocata dopo che Netanyahu ha deciso di non inviare la delegazione israeliana ai negoziati al Cairo giovedì, con una decisione definita “una sentenza di morte” dal Forum che riunisce le famiglie degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. I manifestanti si sono poi spostati in corteo verso al residenza del primo ministro. “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento sono le elezioni”, ha risposto il premier in conferenza stampa, affermando che andare al voto ora dividerebbe il Paese e favorirebbe Hamas: “Esorto tutti ad aspettare con pazienza”, ha aggiunto, affermando che le elezioni si svolgeranno “tra qualche anno”.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken, parlando alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ha definito “assolutamente essenziale” che Israele assicura la “protezione dei civili” nella Striscia. Blinken ha premesso che Israele deve poter assicurare che “non accada più” un attacco come quello di Hamas del 7 ottobre. Intanto però – secondo fonti americane citate dal Wall Street Journal – l’amministrazione Usa si prepara ad inviare armi ad Israele per un importo stimato di decine di milioni di dollari, nonostante gli stessi Usa spingano per un cessate il fuoco temporaneo a Gaza. Secondo le fonti del Wsj la fornitura comprende circa un migliaio di bombe MK.82, sistemi KMU-572 per la precisione delle bombe stesse ed altro. Il piano, hanno spiegato le fonti, è tuttavia ancora in fase di revisione interna e potrebbe cambiare prima di essere inviato in Commissione al Congresso per la definitiva approvazione.
A Monaco si sono incontrati i vertici delle diplomazie di tutto il mondo. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha fatto appello per un cessate il fuoco nella Striscia perché “non si può permettere” che questo “disastro umanitario” continui. La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha incontrato il capo di Stato israeliano Isaac Herzog e gli ha ribadito “il nostro impegno a riportare a casa gli ostaggi tenuti da Hamas e a garantire la sicurezza di Israele. Abbiamo discusso degli sforzi per ottenere una pausa prolungata nei combattimenti, dell’importanza di aumentare l’assistenza umanitaria e della continua pianificazione per la Gaza post-bellica”. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha aggiunto che il G7 “punta a garantire la sicurezza dello stato di Israele: chiediamo l’immediata liberazione degli ostaggi, lavoriamo a una de-escalation e chiediamo una sospensione dei combattimenti sia per garantire la liberazione degli ostaggi sia per far arrivare aiuti ai civili che sono vittime di Hamas”. “Questa carneficina deve finire” ha detto Tajani, parlando delle vittime israeliane e palestinesi. “L’unica soluzione possibile è quella di due popoli e due Stati, lo diciamo in maniera molto chiara a tutti”.
Una condanna dell’offensiva di Israele e la richiesta di uno stop immediato arriva dall’Unione africana riunita ad Addis Abeba, capitale dell’Etiopia. Moussa Faki, presidente della Commissione dell’Unione Africana, ha dichiarato che l’offensiva israeliana è la più “flagrante” violazione del diritto umanitario internazionale e ha accusato Israele di aver “sterminato” gli abitanti di Gaza. Faki ha parlato insieme al primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh, anche lui intervenuto al vertice. “Vi assicuriamo che condanniamo fermamente questi attacchi che non hanno precedenti nella storia dell’umanità”, ha detto Faki accolto dagli applausi dei delegati. Azali Assoumani, presidente delle Comore e presidente uscente dell’Unione Africana, ha elogiato la causa intentata dal Sudafrica contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia, condannando “il genocidio che Israele sta commettendo in Palestina sotto il nostro naso”. “La comunità internazionale non può chiudere gli occhi di fronte alle atrocità che vengono commesse e che non solo hanno creato il caos in Palestina, ma hanno anche conseguenze disastrose nel resto del mondo”, ha dichiarato Assoumani. Al vertice ha partecipato anche il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva: “Essere un umanista significa anche respingere la risposta sproporzionata di Israele, che ha ucciso quasi 30mila palestinesi a Gaza, la stragrande maggioranza dei quali donne e bambini, e ha causato lo sfollamento forzato di oltre l’80 per cento della popolazione”.