Un trapianto da record è stato eseguito, per la prima volta al mondo, a Torino. All’ospedale Molinette un uomo di 56 anni, affetto dalla nascita da policistica con interessamento epatico e ai reni, è stato salvato grazie a un doppio trapianto sequenziale, prima quello microbiota fecale, poi quello di fegato.

La “maratona medica” è durata 120 giorni ed è stata gestita dai medici dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, in collaborazione con i colleghi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, permettendo di salvare la vita al paziente.

“Ho sempre avuto problemi di policistica a reni e fegato e sono sempre stato sotto cura e sovrappeso, oltre i 100 chilogrammi – ha spiegato il paziente – poi ho dovuto fare un intervento a un ginocchio e sembrava essere andato tutto bene. Ma dopo tre settimane sono iniziati i problemi: ittero, infezioni intestinali. Sono rimasto a letto quattro mesi e sono finito in ospedale, ma non riuscivano a farmi migliorare, finché non mi hanno mandato in terapia intensiva alle Molinette”.

L’uomo era ricoverato all’ospedale Martini di Torino e costretto alla dialisi. Il fegato era stato completamente sostituito da cisti ed era arrivato a pesare circa 15 Kg, causando una grave denutrizione, versamento liquido in addome e la colonizzazione intestinale da parte di batteri resistenti a qualunque terapia antibiotica a oggi disponibile. Lo scorso agosto l’aggravarsi delle condizioni ha costretto al trasferimento nella Terapia intensiva epatologica dell’ospedale Molinette, dove gli è stato proposto il trapianto del fegato. Il successo però era condizionato dal riuscire a contrastare i batteri fecali resistenti agli antibiotici che avevano colonizzato l’intestino. È stato fatto attraverso il trapianto fecale, cento giorni esatti dall’arrivo alle Molinette, e ciò ha consentito di inserire il paziente nella lista trapianti in elevata priorità.

“Le 50 pastiglie di materiale fecale trattato da prendere per poter fare il trapianto di fegato non sono state una passeggiata ma hanno fatto in modo che non mi pesasse e sono sopravvissuto” sottolineato il paziente, riferendosi al trapianto di microbiota.

“Il trapianto di microbiota – ha spiegato Renato Romagnoli, direttore del Centro Trapianto Fegato di Torino dell’ospedale Molinette della Città della salute di Torino – è stato possibile grazie al lavoro e ai risultati tecnici in questo campo del Policlinico Gemelli di Roma, perché per questo paziente sarebbe stata impossibile la somministrazione con colonscopia, troppo a rischio sepsi. L’unica via era quindi un donatore di microbiota, sano, in modo che tutto l’insieme di organismi di questa persona sana potesse sostituire quello del paziente. E il donatore è arrivato attraverso il Gemelli”.

“Adesso sono anche dimagrito – ha raccontato ancora il paziente – sono sui 70 chilogrammi e praticamente i miei vestiti e le mie scarpe sembrano di un altro. Riesco già ad alzarmi da solo, nonostante il ginocchio, a cui dovrò rifare l’operazione, perché la protesi si è sganciata. Dal trapianto sono venuto a casa prima di Natale e ogni giorno sento la differenza in meglio. Ho moglie e figlia che mi coccolano e mi portano ovunque, sono sempre state vicino a me, sono venute ogni giorno in ospedale”.

“Al di là dell’uso compassionevole in deroga fatto in questo caso, con tutto l’iter di autorizzazioni che è stato necessario richiedere – sottolinea Romagnoli – dovrebbe essere organizzato uno studio clinico per poterla far diventare una prassi ordinaria. Grazie al Gemelli la tecnologia per preparare il microbiota sano c’è – conclude – può cambiare il futuro di tanti trapianti“.

Avevo un giorno e mezzo di vita davanti, quindi sono passato dalla certezza di morire a essere qua a parlare”, ha concluso il 56enne.

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