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La Sonrisa, il “Castello delle Cerimonie” diventa proprietà del Comune: decine di matrimoni a rischio, i futuri sposi nel caos

La domanda delle domande è: che cosa succederà a La Sonrisa dopo la confisca decisa dalla Cassazione?

di Francesco Canino

La domanda delle domande è: che cosa succederà a La Sonrisa dopo la confisca decisa dalla Cassazione? La risposta non è semplice visto che la sentenza emessa due giorni fa prevede il passaggio diretto della struttura – divenuta celebre grazie al wedding reality di Real Time, Il castello delle cerimonie – al Comune di Sant’Antonio Abate e dunque il passaggio di consegne non sarà immediato e i tempi inevitabilmente lunghi. Per questo in molti, anche sui social, si interrogano su una questione: i matrimoni e le cerimonie già prenotate e fissate da tempo si faranno comunque? Se lo chiedono anche i diretti interessati, ossia i futuri sposi e le famiglie coinvolte, che sul profilo social della struttura gestita dalla Imma Polese, figlia di Antonio, “il boss delle cerimonie, e dal marito Matteo Giordano, chiedono informazioni sugli eventi già fissati. Quanti siano nel dettaglio e quanto sia piena l’agenda della famiglia Polese per il 2024 non è dato saperlo, ma la popolarità della location è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni, complice anche il successo del programma di Real Time.

Si calcolano infatti decine di eventi al mese (con un picco nei mesi primaverili ed estivi) tra matrimoni, comunioni, battesimi, compleanni e anniversari vari, con banchetti monstre fino a 500 invitati, il volo delle colombe, la carrozza per gli sposi, i buffet monumentali, l’immancabile partecipazione di cantanti neomelodici e l’uscita finale di Donna Imma a “benedire” gli sposi. Un copione studiato nei dettagli, reso possibile dal coinvolgimento di almeno 300 persone tra dipendenti diretti, lavoratori stagionali e dell’indotto. Ed è proprio la necessità di tutelate i posti di lavoro una delle esigenze primarie di cui dovrà tenere conto il tavolo di lavoro che gestirà il futuro de La Sonrisa. “Data la complessità della vicenda e l’entità del bene, che richiederà ingenti risorse per la gestione, nei prossimi giorni possa essere aperto un tavolo congiunto tra Comune di Sant’Antonio Abate, Procura di Torre Annunziata e Prefettura di Napoli per studiare le soluzioni migliori”, svela FanPage. La situazione è complessa: la sentenza di confisca urbanistica prevede il passaggio diretto al Comune, che dovrà gestire in proprio il bene ma con le risorse a disposizione per un Municipio delle dimensioni di Sant’Antonio Abate (circa 20mila abitanti) è difficile che ci si riesca senza un progetto definito nei dettagli. La Sonrisa è infatti una struttura di circa 40mila metri quadri, dunque, i fondi per il mantenimento saranno verosimilmente molto alti.

Che ne farà il Comune? “Potrebbe rivenderlo, affittarlo, affidarlo in comodato, oppure destinarlo a progetti di pubblica utilità, ad un utilizzo, quindi, a fini sociali, il tutto attraverso un bando pubblico”, aggiunge FanPage. Ma bisogna procedere per gradi: prima di tutto la sentenza della Corte di Cassazione dovrà essere notificata alle parti interessate, dalla famiglia Polese al Comune, che dovrà poi trascriverla attraverso i suoi uffici competenti. Solo a quel punto sarà possibile un sopralluogo dei tecnici per quantificare il valore della struttura e quello locativo, se si valuterà di darla in affitto. “L’ipotesi è che il comune di Sant’Antonio Abate possa lasciare la struttura in gestione alla famiglia Polese per il 2024: in questo modo le prenotazioni già fatte potranno essere gestite e i clienti soddisfatti”, rivela Leggo. E proprio i Polese, attraverso Ciro Polese, nipote di Antonio, hanno annunciato il ricorso alla Corte europea di Strasburgo, che però non fermerà la confisca: Riteniamo di aver subito un’ingiustizia, che forse la Cassazione non ha neanche letto le carte. Stiamo considerando con gli avvocati cos’altro fare, credo che ci appelleremo alla Corte di Strasburgo, per essere valutati da una Corte imparziale. Siamo tutti avviliti, insieme alle nostre circa 300 famiglie che lavorano con noi tra diretto e indotto. Pensavamo che la giustizia fosse diversa, che con i reati finiti in prescrizione non si procedesse”. E invece è arrivata la sentenza e il rischio che si spengano i riflettori sul Castello delle cerimonie è altissimo.

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