“Spostarne” 24 per accontentarne uno. È polemica a Crema per quanto stava per accadere all’Istituto “Munari” dove il preside, Pierluigi Tadi, aveva deciso, salvo poi tornare sui suoi passi, di attivare comunque la classe del nuovo liceo del Made in Italy nonostante fosse arrivata l’iscrizione di un solo studente.
Il dirigente aveva infatti inviato una lettera alle famiglie facendo sapere che i ragazzi e le ragazze che avevano optato per l’indirizzo economico-sociale, quello già esistente e scelto dalla maggior parte dei futuri studenti, avrebbero potuto volontariamente cambiare corso, spostandosi quindi nella classe del Made in Italy, e che, in assenza di volontari, 24 studenti sarebbero stati comunque estratti a sorte e “costretti” a seguire le lezioni dell’indirizzo Made in Italy.
“Visto il rilevante numero di richieste di iscrizioni presentate per l’indirizzo del ‘liceo economico sociale’ e al fine di accontentare almeno per quest’anno il maggior numero di famiglie, dopo aver valutato attentamente le esigenze educative dei nostri studenti e le opportunità proposte dalla nostra offerta formativa, abbiamo deciso di mantenere per il prossimo anno scolastico entrambe le opzioni attivando così una classe di ‘liceo economico Made in Italy’ e una classe di ‘liceo economico sociale'”, scriveva Tadi nella lettera inviata alla famiglie. Tuttavia allo scopo di “formare due classi omogenee rispettose dei limiti numerici consentiti e dagli spazi a disposizione, abbiamo provveduto a distribuire gli alunni in ciascuna delle due classi sulla base delle richieste volontarie o, come estrema ratio, tramite sorteggio tra tutte le richieste di iscrizione risultate in esubero in una delle due opzioni dei percorsi in questione”.
La lettera ha sollevato le proteste, in particolare tra i genitori, che hanno parlato di una “forzatura”. E, dopo le polemiche, come riporta La provincia di Cremona, il preside ha fatto marcia indietro, negando l’ipotesi dell’estrazione a sorte per poter formare la classe. “Stiamo terminando la fase di valutazione delle domande, prevista alla conclusione delle iscrizioni online. Confermo che, senza adesioni volontarie da parte delle famiglie, il liceo del Made in Italy non partirà, ma attiveremo due classi di liceo economico-sociale, come richiesto dalle famiglie”. Intervistato da CremaNews, Tadi ha ribadito la sua posizione, escludendo la possibilità di un’estrazione a sorte: “A chiusura delle iscrizioni abbiamo avuto troppo pochi studenti per il liceo Made in Italy. Ho scritto ai genitori degli iscritti al corso economico informando che il corso sarebbe andato a morire e se avessero voluto avrebbero potuto far passare i loro i figli dall’indirizzo economico al Made in Italy anche se le iscrizioni erano formalmente chiuse. I genitori non hanno accettato la proposta e così tutti restano nell’indirizzo economico e per il Made in Italy se ne parla il prossimo anno”.
La lettera, ha spiegato l’avvocato Luca Avaldi, rappresentante dei genitori nel consiglio d’istituto del Munari all’AdnKronos, è stata “un fulmine a ciel sereno, perché non era quello che avevamo deciso”. “Il 12 gennaio – racconta – si è riunito il consiglio d’istituto e ci è stato detto che c’era la possibilità di aderire al nuovo indirizzo del liceo Made in Italy, se ci fossero stati studenti interessati. Anche io avevo votato a favore, perché mi sembrava intelligente dare la possibilità di scegliere un indirizzo in più, ma non si può imporlo in questo modo”. Secondo il rappresentante dei genitori il dirigente scolastico “ci tiene al nuovo indirizzo, perché pochi licei in Italia l’avranno e farlo partire sarebbe per lui una bella pubblicità. Riuscirci così, imponendolo alle famiglie, però, non va bene”.
In totale in Italia sono stati approvati 92 licei a indirizzo Made in Italy, introdotto lo scorso anno dal governo con l’obiettivo di “promuovere le conoscenze e le abilità connesse all’eccellenza dei prodotti e della tradizione italiana”. Ma il nuovo indirizzo è partito con numeri molto bassi, con appena 375 iscrizioni. In Lombardia sono 12 le scuole che hanno dato la propria disponibilità ad avviare il liceo del Made in Italy, tra cui appunto anche l’istituto “Munari”.
La scelta “forzata” che inizialmente avrebbe voluto imporre il preside ha già fatto scoppiare un caso anche politico. Sia la senatrice Pd, Simona Malpezzi, che a la senatrice di Avs, Aurora Floridia, prima di sapere della retromarcia del dirigente, avevano annunciato un’interrogazione parlamentare. Mentre per il consigliere regionale del Pd, Matteo Piloni, sentito prima della retromarcia del preside, “è evidente il flop di una proposta”, quella del liceo del Made in Italy, che “non aveva sostanza ma solo propaganda. Evidente a tutti tranne che a uno, il preside Tadi. Ancora una volta al ‘Munari’ la volontà degli studenti e delle loro famiglie viene ignorata dal dirigente scolastico”. L’ex sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, ha invece attaccato il dirigente scolastico “purtroppo non nuovo a forzature e scivoloni autoritari”. Dopo le polemiche interne alla scuola e quelle politiche, il preside ha corretto il tiro ed è tornato appunto sulle sue decisioni.
Non è la prima volta che il preside Tadi finisce al centro delle polemiche. Nel 2019 una studentessa era stata sospesa (decisione poi annullata, ndr) per due giorni dopo che aveva criticato sui social network il permesso negato di celebrare a scuola la giornata contro la violenza per la mancata presentazione di un progetto nei tempi stabiliti. Qualche anni più tardi, Tadi era finito nel mirino dei genitori a causa di “atteggiamenti poco comprensivi” e “discriminazioni” nei confronti degli studenti disabili. Accuse alle quali il dirigente scolastico aveva risposto parlando di “accanimento e condotta persecutoria” nei suoi confronti “con riferimento a qualsiasi decisione presa dalla direzione del ‘Munari’, anche se concordata con l’Ufficio scolastico regionale”.