No, non è un romanzo popolare. Anche se gli ingredienti ci sono tutti. La provincia povera, una famiglia che non ha soldi sufficienti, il lavoro duro del padre come carpentiere. La perdita di un fratello. Rocco Siffredi, re del porno e icona pop, in un’intervista al Corriere della Sera commenta “Supersex”, la nuova serie sulla sua vita in onda dal 6 marzo su Netflix. E si commuove. Di più: confessa di essersi commosso per giorni dopo averla vista con la moglie Rozsa Tassi e i figli Lorenzo e Leonardo. “Non credevano venissi da una realtà così diversa dalla loro. Surreale e commovente, ho pianto per giorni”.
La vita di Rocco è davvero un film. Non certo perché cresce in un contesto di provincia proletario, come tanti e non solo nelle grandi città. Anche a Ortona, un piccolo comune abruzzese dove vive la sua famiglia negli anni ’60. La sua storia è cinematografica perché lui a un certo punto vola. E da quel contesto passa all’Hollywood dell’hardcore. E diventa un divo, un attore top del porno e poi anche un’icona pop di oggi. Capace di balzare con ironia e autoironia dal cinema alla tv, dagli studi di Budapest e dalla sua Academy agli interventi a Ballando con le Stelle. Per raccontare del rapporto con suo figlio Lorenzo Tano e delle sue difficoltà di padre. Come hanno giudicato i figli e la moglie quell’affresco popolare sul suo passato? Rocco è sincero: “Volevano vedere se tutto corrispondeva ai miei racconti. Rosa sapeva da che situazione vengo, dei guai in cui mi sono infilato da ragazzino per aiutare la famiglia, e la realtà è stata anche più sofferta di quanto appare nella serie. I miei figli non immaginavano una vita così diversa rispetto alla loro, ovattata e protetta”.
Cosa la lega ancora a Ortona? “Ho avuto un legame quasi morboso con Ortona e ancora oggi è come se non mi fossi mai staccato dall’Abruzzo”, racconta il pornodivo. E specifica: “Vivo a Budapest ma non conosco nessuno a parte tre o quattro persone con cui lavoro”. Siffredi, che aveva già raccontato la sua vita nell’autobiografia Io, Rocco (Mondadori, 2006) non ha mai temuto il giudizio altrui. Con schiettezza ha dichiarato più volte la sua dipendenza dal sesso. E ha difeso i ruoli del cinema hard come lavori attoriali che richiedono grande professionalità e non sono certo una questione di misure. La sua partecipazione in altri mondi, dal Festival di Sanremo con Elio e le storie tese (2013) alla striscia Casa Siffredi di Canale 5 con moglie e figli fino ai film d’autore Romance (1999) e Pornocrazia (2004), è il frutto della sua versatilità.
Su “Supersex”, soprattutto per la parte sulla sua vita prima del successo, la sua reazione è fisiologica. Emozione e stranezza. “Inizialmente non riuscivo a riconoscermi negli attori, poi però ho rivissuto l’infanzia e la morte di un mio fratello (a 12 anni durante dopo le lesioni causate da malavitosi, ndr). Ho rivisto mia madre, gli amici d’infanzia. Bellissimo, ma vedere scorrere la propria vita in poche ore sul divano con moglie e figli, è anche surreale”, rivela al Corriere. Deve essere una sensazione davvero strana.
Cosa è stato a portare Rocco lontano da quella vita di provincia e segnata da una tragedia? “Il pensiero fisso sul sesso”, l’artista non ha dubbi. Se ne è andato per viverlo liberamente? “A Ortona non avrei certo potuto farlo. Non mi sarei accontentato di una fidanzatina che magari mi avrebbe dato del porco”. Poi specifica: “Avevo voglia di rivalsa. Di fare qualcosa per mia madre, che ho visto sorridere così raramente. E per mio padre, che faticava a tirare a fine mese. Diventare famoso è stata una fortuna, ma non mi sono mai davvero allontanato”. Questo, lo ribadisce lui stesso, è stato il vero motivo della sua scelta professionale: la ‘vocazione’. Non i soldi, non la notorietà. “Volevo fare sesso con tutte le bellissime donne che incontri in questo mondo. Avrei pure pagato, invece hanno pagato me. In giro per il mondo mi dicono che si vede che lo faccio per piacere e passione”.
Domanda scomoda. Sulla pornografia, che per alcune femministe è ancora territorio di donne-oggetto. cosa risponde? Ribalta la domanda: “Oggi sono quasi tutte donne a lavorare nell’industria pornografica: registe e content creator oltre che attrici. Guadagnano milioni di euro. Fanno muovere i pornoattori come vogliono. Forse è l’era dell’uomo-oggetto”. Il movimento Me too ha cambiato anche il mondo del cinema porno: “C’è più attenzione a evitare ogni tipo di abuso. Oggi non posso girare un film se non ho 4 camere che riprendono tutto e tutti, oltre a una supervisor sul set, per evitare che qualche ragazza abbia problemi. E che sporga denuncia”. Ora Siffredi, che ha quasi 60 anni, di cui 40 da pornodivo con duemila film alle spalle da attore e produttore, che progetti ha? Tanti i suoi ritiri ma tanti anche i ritorni. “Quando uno è abituato a fare sesso quotidianamente, con due o tre ragazze diverse al giorno, non è facile tornare alla “normalità”, sei come uno sportivo che si ritrova a casa sul divano. Non l’avevo immaginato fino al giorno in cui ho pensato di ritirarmi, a 40 anni. Fu mia moglie a spingermi a tornare sul set, la ingelosisce di più ciò che è fuori dalla sfera del lavoro”. Forse sarebbe il caso d’ora in poi di chiamarlo solo divo. Sostiene di essere tranquillo e soddisfatto ma che questo non significa certo non vivere, non continuare a produrre, a collaborare coi figli alla Hard Academy, prima scuola per talenti del porno. “Se ti rilassi troppo muori”.