“Il corpo è solo un corpo, dopotutto”. Spiega la donna al giovane uomo indeciso e soprattutto incredulo. Perché serve un atto di fede, anzi d’amore, a superare il fallace senso della vista. Del resto “l’essenziale è invisibile agli occhi” diceva il Piccolo Principe. Al suo secondo lungometraggio e al primo in concorso alla 74ma Berlinale (15-25 febbraio), Piero Messina si fa narratore di un dramma romantico confezionato nel genere fanta-filosofico, squisitamente umanista. Omonimo al titolo del film, Another End è un progetto a scopo terapeutico che permette di far rivivere per un limitato intervallo di tempo la coscienza di persone decedute attraverso corpi viventi di estranei, denominati “locatori”.
Scritto dallo stesso Messina con Giacomo Bendotti, Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni, il testo mette a fuoco l’esistenza di un uomo, Sal (Gaël Garcia Bernal) alle prese con la recente scomparsa della propria compagna Zoe (Renate Reinsve, vista qui in concorso anche nel film A Different Man) in un incidente. Sua sorella Ebe (Bérénice Bejo) lo incoraggia a sperimentare Another End presso cui lei stessa lavora, per riuscire a dire addio in modo diverso – e forse più soft – all’amore della sua vita. Dramma distopico e utopistico insieme, Another End si presenta come variazione su un tema già da tempo percorso tanto in letteratura sci-fi quanto al cinema e nella serialità televisiva, ovvero quello del surrogato, del sostituto all’essere umano, e tuttavia in questo caso non si tratta di avatar o androidi artificialmente intelligenti, bensì di altri umani.
Questo mette in gioco questioni più complesse e ovviamente morali, che lo sguardo di Messina riesce saldamente a restituire delegando alla capacità propria del dispositivo cinematografico di puntare sul gioco del vedere l’invisibile pur guardando il visibile. Di fatto, Another End non è solo un testo sull’elaborazione del lutto e sulla più estrema fra le terapie che tenta di risolverla utilizzando la tecnologia più avanzata, ma è una sensibile riflessione sull’amore come misterioso atto di fede e viceversa, sulla relatività sensoriale, e sulla fiducia infine nell’arte delle immagini che permangono, costituendo un deposito imprescindibile per la memoria, laddove riescono anche a simulare la realtà, creando così una propria Verità.
Indubbiamente film di fantasmi, ha il pregio di una confezione alta (ottimo il lavoro produttivo della Indigo Film) in ogni suo reparto, a partire dalla palette fotografica dai colori glaciali adottata da Fabrizio La Palombara che illumina e adombra una metropoli avveniristica senza nome, ma che può essere il presente o il futuro immediato di qualunque città, una freddezza scenografica che contrasta con il calore intrinseco dei sentimenti messi in scena, e con il dolore tangibile di ferite ancora aperte. Recitato in lingua inglese e spagnola da un cast stellare internazionale (da lodare soprattutto Bernal) che il regista ha “percepito perfetto fin dalla prima lettura condivisa della sceneggiatura” riesce a evitare il didascalismo ieratico, (pro)ponendosi come sfida umanista alla stessa tecnologia qui protagonista. Di certo Another End sigla un passo in avanti rispetto all’esordio di Messina, L’attesa, nonostante qualche “rivelazione” di troppo (ma forse inevitabile…) in sceneggiatura e si colloca con solidità nell’auspicabile fecondo panorama della nuova sci-fi Made in Italy. Il film uscirà nelle sale per 01 Distribution il 21 marzo.