di Francesca Romana D’Antuono, co-presidente di Volt

Ci sono 16 milioni di persone in Italia che non votano, eppure il 14 febbraio Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento per limitare il numero di partiti alle elezioni. Una barriera ai nuovi partiti che vogliono rinnovare la politica.

Questo emendamento si inserisce nel più ampio “decreto elezioni”, che aveva fatto discutere per via di un emendamento precedente, presentato dallo stesso partito di governo, che sembrava sdoganare il voto per i fuorisede. Purtroppo, la notizia si era poi rivelata uno specchietto per le allodole visto che impatterebbe su una minima frazione di elettori ed elettrici residenti fuori dal proprio comune. Ma tali iniziative legislative sollevano questioni cruciali riguardo la salute della nostra democrazia.

Il panorama politico italiano si caratterizza infatti per l’assenza di finanziamento pubblico ai partiti, un recente taglio del numero dei parlamentari – in proporzione, il più basso tra le democrazie europee – e l’impossibilità di raccogliere firme in forma digitale. Tali ostacoli rappresentano barriere significative all’ingresso per nuove forze politiche, consolidando di fatto il dominio dei grandi partiti. Questi ultimi sembrano trasmettere un messaggio implicito: votate ancora per noi, nonostante le delusioni, poiché non ci sono vere alternative.

In concreto, per guadagnarsi un posto nell’arena politica, i nuovi devono cimentarsi nell’impresa di raccogliere circa tremila firme in ciascuna Regione, non distribuite in modo proporzionale alla densità abitativa reale. L’assenza di strumenti digitali e una burocrazia territoriale complessa e restrittiva rendono questo sforzo ancora più titanico e comunque, anche nell’ipotesi di riuscire a raccogliere tutte le firme necessarie, occorre poi confrontarsi con una soglia di sbarramento al 4% su tutto il territorio nazionale. Infine, oltre alle donazioni, l’unica forma di finanziamento dei partiti è il 2×1000 a cui però possono accedere solo le forze che si trovano già in Parlamento. Insomma, un sistema il cui obiettivo è limitare l’ingresso.

Come se non bastasse, l’emendamento di Fratelli d’Italia mira a rendere tali barriere ancora più importanti per le elezioni di giugno, cancellando l’esenzione dalla raccolta firme, che ha sempre consentito ai partiti che non hanno un gruppo in Parlamento e ai partiti europei di presentarsi, paradossalmente rendendo così le elezioni europee meno europee. Il tutto con l’aggravante che la raccolta firme dovrebbe essere conclusa nel giro di due mesi anziché nei sei normalmente stabiliti.

Eppure in Europa esistono modelli di grandi democrazie in cui l’accesso alla corsa elettorale è molto più libero senza che ne venga compromessa la stabilità.

In Germania le firme necessarie per competere alle Europee sono circa 4.000, non è richiesta un’autenticazione formale, e tutti i gruppi che ottengono oltre lo 0,5% delle preferenze ricevono finanziamenti statali. Il consenso popolare si traduce in risorse, creando un circolo virtuoso che sostiene il rinnovamento dal basso e ostacola la formazione di monopoli di potere. Nei Paesi Bassi, per correre alle elezioni bastano 600 firme e un investimento forfettario di 13.000 euro, uguale per tutti i partiti e restituito, in caso di elezione, in aggiunta ai fondi statali. Più interessante ancora è che i seggi nel parlamento olandese vengono assegnati in modo proporzionale e senza sbarramento, mentre le discussioni su alleanze e contrattazioni politiche avvengono dopo le elezioni, in modo che la campagna sia concentrata sui temi anziché sulle strategie per massimizzare il potere.

In Italia sistemi simili sembrano impossibili, perché l’immagine dei piccoli partiti è spesso associata a personalità egocentriche, ostacoli nel processo di riforme importanti e mancati avanzamenti sociali. Tuttavia l’attuale legislazione, e a maggior ragione l’emendamento del partito di governo, non limita la proliferazione di tali gruppi, limita l’ingresso di energie fresche, giovani, e partiti nuovi, mobilitati da ideali e che non facciano parte di élite economiche privilegiate.

Così, mentre il mondo cambia, restiamo intrappolati in un sistema che privilegia i vecchi partiti e i soliti sospetti, che scoraggia ogni forma di rinnovamento, condannati a non saper ascoltare quei 16 milioni di italiani e italiane senza rappresentanza.

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