“La tecnologia dei droni è stata ampiamente utilizzata nei conflitti armati del ventunesimo secolo, ma la guerra tra Russia e Ucraina sta portando innovazioni mai viste su altri campi di battaglia. La portata in continua evoluzione di questa tecnologia e il suo utilizzo sempre crescente segnalano non solo il potenziale dei droni per livellare il campo di gioco, ma anche la loro capacità di influenzare il modo in cui verranno condotti i conflitti futuri”. A parlare è Kristen D. Thomson, colonnello della Forza aerea americana ed esperta di intelligence, sorveglianza e ricognizione, e la parola chiave che pronuncia è “futuro”: quello che sta succedendo in questi mesi nella guerra russo-ucraina è un enorme collaudo – a vantaggio di forze armate, corpi speciali, ma anche organizzazioni terroristiche e criminali di tutto il mondo – di nuove tecnologie al servizio del warfare. Sia che i droni si presentino come poco più che giocattoli modificati capaci di stare nel palmo della mano, sia che si tratti di veri e propri aerei senza pilota del peso di mezza tonnellata, questa nuova tecnologia sta richiamando le migliori menti delle forze armate dei due Paesi e dei loro alleati anche per preparare le contromisure, dato che non ha senso usare missili da milioni di dollari per ostacolare sciami di gingilli dal prezzo unitario ad appena tre zeri. Ecco, allora, che sono messi in campo dei “disturbatori” da guerra elettronica – jammer, spoofer e laser ad alta energia – che “inviano potenti segnali elettromagnetici in grado di far cadere a terra un drone bersaglio, deviarlo dalla rotta o girarsi e attaccare il suo operatore” e che i produttori di droni cercano continuamente di superare.
Ma davvero questa è la “guerra dei droni”? Secondo i numeri, non c’è ombra di dubbio. Facendo riferimento ai dati raccolti ed analizzati dall’esperto OSINT Andrew Perpetua, che analizza le centinaia di filmati prodotti e distribuiti ogni giorno dai combattenti e dai blogger di entrambe le parti e collega in modo credibile e verificabile bersaglio, luogo, arma e risultato, possiamo affermare che ormai il conflitto tra Mosca e Kiev è solo e soltanto uno scontro tra produttori e utilizzatori di veicoli aerei senza pilota. I droni, appunto. Possiamo anche affermare che – salvo sporadici e sanguinosi assalti dei soldati russi lanciati secondo la loro antica tradizione bellica – la maggior parte delle vittime e delle perdite materiali sono causate dai vari tipi di droni impiegati sia sul fronte sia in profondità, da entrambe le parti.
Confrontando i rilevamenti di Perpetua – numeri e nomi ma soprattutto le immagini che stanno dietro- su tre periodi – la seconda settimana di ottobre, la penultima di novembre e i quattordici giorni che precedono il 2 febbraio – si scopre qualcosa di impressionante: oltre il 90% delle distruzioni e dei danneggiamenti di mezzi militari e sistemi d’arma e di sorveglianza – e di conseguenza delle perdite del personale impiegato con quelli – è dipeso da attacchi per mezzo di droni. Quella stessa guerra che un anno fa aveva visto a Vuhledar la più grande battaglia di carri armati dalla fine della Seconda guerra mondiale e che in estate aveva mostrato al mondo file infinite di campi minati e trincee ora si è trasformata in uno scontro fra micidiali mezzi volanti.
Le cose, va detto, non sono cambiate molto per gli Ucraini che già a ottobre avevano impiegato i popolari droni con visuale in prima persona (FPV), gli stessi comunemente utilizzati per le corse o le riprese cinematografiche, nel 78% degli attacchi contro le forze russe. Un numero che è rimasto costante nel tempo. Quello che è calato, invece, è il rapporto tra gli stessi FPV, usati di solito per missioni suicide e non riutilizzabili, e altri tipi di attacchi con i droni, come per esempio quelli in cui il veicolo aereo si limita a far cadere una granata o un’altra carica esplosiva su mezzi e uomini: questi ultimi sono saliti dal 5 al 17%, facendo scendere l’uso dei droni con visuale dai nove decimi a tre quarti dei casi. Comunque, il 94% dei “colpi” ucraini contro i Russi sono fatti con droni, un numero enorme.
Per le forze di Kiev, già dall’estate i droni erano diventati uno strumento fondamentale per risparmiare le munizioni di artiglieria. Gli ucraini hanno usato i portali Internet – gli stessi che vendono prodotti ricreativi a disposizione dei civili – per accumulare e trasferire efficacemente droni economici e standardizzati sul campo di battaglia, spendendo centinaia di migliaia di dollari raccolti ogni mese attraverso progetti di crowdfunding, anche dette “dronazioni”. Né sono mancate iniziative imprenditoriali: se un anno fa l’Ucraina aveva sette produttori nazionali di droni, ora ne ha almeno ottanta.
Per la Russia, le cose sono evolute in modo differente. Ancora a ottobre, gli attacchi condotti per mezzo di veicoli aerei senza pilota erano meno del 50%: poi, dalla seconda metà dell’autunno le truppe del Cremlino hanno cominciato a usare in modo estensivo droni FPV, il cui utilizzo contro le forze ucraine è salito dal 31% al 76% tra ottobre e fine 2023. Successivamente, si è affermato il Lancet, un veicolo aereo senza equipaggio con funzione di munizione vagante, sviluppato dalla società russa ZALA Aero Group e prodotto in gran numero, anche se le sanzioni occidentali sulle catene di approvvigionamento russe hanno impedito a Mosca di eccellere nella produzione di droni. Il Lancet, a inizio 2024, era l’arma usata nel 43% degli attacchi russi di qualunque tipo, mentre il 91% delle volte questi attacchi erano condotti da droni. Va detto che l’esercito russo, rifornito dalla Corea del Nord, non ha smesso quasi del tutto di usare le artiglierie, anche se è evidente il calo – dal 26% al 7% – degli attacchi condotti con i vari tipi di cannoni impiegati da Mosca. Per Kiev, la percentuale di attacchi per così dire “tradizionali” con obici e mortai è rimasta, invece, costante sotto il 3%.
Un dato, infine, merita attenzione: il rapporto tra i bersagli colpiti dagli ucraini e dai russi è sceso tra ottobre e febbraio da 4,5:1 a 2,6:1, apparentemente segnando un aumento del “fuoco” di Mosca. Analizzando anche le cifre di dicembre, tuttavia, appare evidente che non sono aumentati i razzi o le bombe lanciate dai russi, ma sono più che raddoppiati i droni, che quindi hanno fatto la differenza, nei numeri e sul campo, anche se detto rapporto è ancora ampiamente a favore di Kiev.
L’uso di battaglioni per condurre operazioni offensive è divenuto cosa molto rara, secondo il nuovo comandante delle forze ucraine Oleksandr Syrsky, dal momento che proprio il crescente impiego dei droni ha costretto entrambe le parti a cambiare tattica, a adeguarsi insomma, per non votare al massacro i carri armati e le artiglierie. D’altronde, ha concluso il generale, finché Kiev avrà aerei d’attacco e munizioni spendibili in maggiore quantità, bisognerà rassegnarsi a questo modo di fare la guerra.