Chi toccò l’arma con cui venne ferito il 31enne Luca Campana la notte di San Silvestro al veglio a Rosazza, nel biellese? La perizia del Ris dei carabinieri ha stabilito che sono state tre le persone che hanno toccato l’arma: Emanuele Pozzolo, deputato di FdI. il caposcorta del sottosegretario Andrea Delmastro, Pablito Morello, e il figlio Maverick. L’arma “è sempre stata in mano a Pozzolo” ha dichiarato Morello agli inquirenti secondo quanto riporta La Stampa. Nelle sue parole, contenute negli atti dell’indagine, c’è la ricostruzione della scena dopo lo sparo.
Il caposcorta era “l’unico a fianco a lui (Pozzolo) dal lato sinistro, in piedi al di sopra del tavolo”. Poi c’è lo sparo. “Pozzolo, spaventato e sorpreso ha come lasciato cadere la pistola sul tavolo. Istintivamente l’ho presa in mano per evitare che urtasse il tavolo”, spiega Morello e aggiunge “essendo ancora calda e fumante ho percepito il calore sulla mano e l’ho appoggiata sul piano del tavolo“.
All’interno di quella stanza della sede della pro loco erano presenti almeno una ventina di persone, compresi bambini che poi erano stati fatti allontanare in un’altra stanza mentre si soccorreva il ferito. Ai carabinieri Morello avrebbe detto ancora: “Mi sono assicurato di allontanare Pozzolo dall’arma rimasta sul tavolo, per poi collaborare a soccorrere il ferito che stava inveendo contro il deputato”, anche parlando ai soccorritori con un cellulare. “Mi hai sparato, almeno chiedimi scusa”, è la frase che Campana avrebbe urlato a Pozzolo.
Secondo il padre suo figlio Maverick avrebbe poi preso in mano la North American per consegnargliela “dicendomi di ritirarla per sicurezza. L’ho presa e non sapendo dove custodirla l’ho appoggiata su di una mensola a muro, in alto”. Dagli esami sulle tracce di Dna, trovate sull’arma, ad aver toccato la pistola risulterebbero stati Pozzolo, Morello e il figlio Marevick. Le sue impronte completano il quadro con l’ultimo tassello mancante al rapporto del Ris sulle tracce di Dna rilevate sulla pistola di Pozzolo. Le altre due tracce erano di Pozzolo stesso, il proprietario della minipistola, e del caposcorta, che aveva sin da subito riferito di avere messo in sicurezza l’arma dopo l’incidente, spostandola su di un armadio.