È l’ex brigatista rosso Alberto Franceschini, la persona identificata a Milano alla commemorazione di Alexei Navalny il dissidente russo morto venerdì in carcere in Siberia. La commemorazione si è svolta nei giardini dedicati alla giornalista russa assassinata Anna Politkovskaya. Franceschini, 76 anni, è stato tra i fondatori del gruppo terroristico insieme a Renato Curcio e Mara Cagol. Arrestato nel 1974, nel 1982 si dissocia dalla lotta armata. Lascia il carcere nel 1992.
“L’identificazione delle persone è un’operazione che si fa normalmente nei dispositivi di sicurezza per il controllo del territorio, il personale mi è stato riferito che non avesse piena consapevolezza”, aveva detto il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dopo le polemiche suscitate dall’iniziativa delle forze dell’ordine. L’identificazione da parte di una pattuglia della polizia “non aveva alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa”, ha poi precisato la Questura.
Il personale aggiungeva la Questura “si è recato sul posto al fine di identificare compiutamente il promotore dell’iniziativa, in quanto era pervenuta il 17 febbraio alla questura un’email generica che preannunciava la presenza in loco di non più di tre persone. In particolare, il presunto organizzatore, Boris Gonzhalenko, sconosciuto agli atti d’ufficio, aveva omesso di allegare copia del documento d’identità (un passaporto russo), omettendo anche di precisare l’orario dell’iniziativa: informazioni che vengono ordinariamente indicate nell’atto di preavviso alla questura. L’intervento della pattuglia, trovatasi di fronte ad un gruppo di persone, a fronte delle tre preannunciate, era finalizzato – ribadisce ancora la nota – semplicemente a verificare con esattezza l’identità del promotore; la contemporanea identificazione di tutti i presenti, effettuata d’iniziativa dagli operanti per un eccesso di zelo, non aveva alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa”. Dopo l’accaduto il senatore Pd Filippo Sensi aveva annunciato un’immediata interrogazione parlamentare a Piantedosi: “Chiederemo conto di che Paese siamo”, aveva scritto Sensi.