Ora che l’estromissione dalla società che gestisce le acciaierie di Taranto è alle porte, ArcelorMittal ostenta stupore e irritazione. Dopo settimane di melina con la richiesta di composizione negoziale della crisi, accompagnata secondo i sindacati dallo spegnimento di molti impianti del siderurgico, domenica il gruppo franco-indiano ha risposto alla richiesta di amministrazione straordinaria presentata da Invitalia chiedendo il cosiddetto concordato in bianco “con misure protettive”, nonostante una situazione finanziaria che secondo il tribunale di Milano appare incompatibile con la “sopravvivenza della continuità aziendale”. E lunedì mattina, in una lettera inviata alla società partecipata dal Mef, i vertici di ArcelorMittal Italy si dicono “sorpresi e delusi” dall’avvio dell’iter di commissariamento e contestano che Invitalia non abbia “condiviso questa intenzione” durante la riunione di domenica mattina. Intanto i commissari di Ilva in A.s. rispondono a muso duro smentendo le motivazioni addotte per chiedere il concordato con riserva. Alle 19:15 il governo vedrà i sindacati per aggiornamenti sulla situazione.
I commissari: “Falso che gli impianti non possano essere comprati” – “Non risponde a verità”, fanno sapere riguardo alla notizia diffusa da Acciaierie d’Italia secondo cui la domanda di concordato preventivo è una risposta al fatto che non sarà possibile dissequestrare gli impianti entro il 31 maggio e di conseguenza sarebbe impossibile comprarli. “In base al decreto Fitto dello scorso anno gli impianti dell’ex Ilva possono essere ceduti anche in pendenza del sequestro”, ricordano. Di conseguenza la domanda di concordato con riserva presentata da Acciaierie d’Italia va inquadrata “verosimilmente nel rifiuto della dirigenza di Acciaierie d’Italia di riconoscere l’impossibilità di proseguire l’attività senza il supporto dei soci e nel tentativo di evitare l’amministrazione straordinaria e le responsabilità conseguenti“.
Mittal: “Tentativo di assolvere il governo per il fallimento” – E in effetti ArcelorMittal ha accolto la decisione di chiedere l’amministrazione straordinaria con estrema irritazione. Nella lettera a Invitalia la mossa viene definita “una grave violazione dell’accordo di investimento” e sostiene di avere “partecipato pienamente e in buona fede” alle discussioni delle ultime settimane “per cercare di raggiungere un accordo equo per fornire sostegno all’ADI o per la nostra uscita ordinata”. La multinazionale conclude con toni durissimi, rispendendo al mittente “il vostro tentativo di incolparci per il loro esito insoddisfacente e di assolvere voi stessi e il governo italiano per il fallimento del nostro partenariato pubblico-privato”. E si “riserva tutti i diritti” di azioni conseguenti.
“Non ci sono concrete e ragionevoli prospettive di risanamento” – Ma il percorso di risanamento immaginato dall’ad di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, è stato ritenuto dai giudici che si sono espressi venerdì scorso sulla richiesta di misure protettive cautelari nei confronti di banche e altri creditori “inidoneo a superare la crisi”. Una “prognosi positiva” sulla possibilità di risanamento “attraverso la prosecuzione della procedura di composizione negoziata” allo stato attuale “non pare sussistere“, si legge nell’ordinanza del tribunale di Milano, che tiene conto del parere negativo dell’esperto depositato il 5 febbraio. “La situazione finanziaria attuale, l’assenza di disponibilità di soci o di terzi a rifinanziare ADI SPA”, si legge, “non sembrano consentire all’impresa ricorrente di avere una liquidità di cassa a breve per l’acquisto di materie prime e per la stessa sopravvivenza della continuità aziendale diretta, per un tempo limitato idoneo a condurre le complesse trattative con un ceto creditorio variegato e multiforme”. Di qui il rigetto della richiesta.