A un mese e mezzo dalla decisione del gup di Roma, dopo estenuanti rinvii e anche due interventi della Consulta inizierà martedì 20 febbraio il processo davanti alla I Corte d’Assise di Roma ai quattro ufficiali egiziani del Servizio segreto accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Un dibattimento che si apre a oltre otto anni dalla morte. Nelle liste testi depositate dalle parti compaiono, tra gli altri, i nomi del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi, l’ex ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, Marco Minniti ex responsabile della autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, i tre capi dei servizi segreti che si sono succeduti nel tempo, l’allora segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni e l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
Al processo sì è arrivati dopo la decisione del giudice per l’udienza preliminare Roberto Ranazzi di rinviare a giudizio i quattro egiziani accogliendo la richiesta del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco al termine dell’udienza preliminare ripresa dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato il processo ritenendo inaccettabile la “paralisi” del processo per un reato come quello della tortura. I quattro agenti della National Security che saranno giudicati sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Giulio Regeni, come faticosamente ricostruito dalla procura di Roma a causa della pochissima collaborazione dell’Egitto, fu sequestrato, torturato e ucciso il 25 gennaio del 2016. Il suo cadavere, irriconoscibile, fu trovato giorni dopo sul ciglio di dell’autostrada che collega Alessandria a Il Cairo. Nel processo sarà parte civile la Presidenza del Consiglio che ha sollecitato, in caso di condanna degli imputati, un risarcimento di 2 milioni di euro. Nel giorno dell’anniversario della scomparsa di Regeni la sorella su X aveva scritto che di “una vita rubata“. Un processo atteso dalla famiglia e che si apre a distanza di otto anni da quel giorno di gennaio, quando alle 19.41 il giovane ricercatore inviò il suo ultimo messaggio. Poi il vuoto. Fino al 3 febbraio, quando il suo cadavere, torturato, fu ritrovato. “Otto anni senza mio fratello – ha scritto Irene Regeni su X – una vita rubata. La tua, la mia, le nostre”.