La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha sciolto la riserva: si ricandiderà per la guida dell’organismo esecutivo dell’Ue. Il percorso per la sua ricandidatura è partito dalla direzione federale della Cdu, i cristianodemocratici tedeschi, che sono il suo partito. Il nome di Von der Leyen sarà ora sottoposto al congresso del Ppe, in programma il 6 e il 7 marzo a Bucarest: a quel punto sarà “ufficializzata” come Spitzenkandidat, che letteralmente vuol dire candidato-guida. “Sono entrata in carica nel 2019 perché credo fermamente nell’Europa. L’Europa per me è casa – ha detto Von der Leyen – Oggi, cinque anni dopo, prendo la decisione molto consapevole e ben ponderata di candidarmi per un secondo mandato.
In questi cinque anni non solo è cresciuta la mia passione per l’Europa, ma anche la mia esperienza su quanto questa Europa può realizzare per i suoi cittadini”. In questi cinque anni, peraltro, è cambiata di parecchio anche la fisionomia dell’Europa, dei suoi rapporti col resto del mondo, del suo elettorato e giocoforza delle sue priorità. Se nel 2019 Von der Leyen fissò al centro del suo discorso di insediamento il Green Deal (tanto da raccogliere il consenso anche di forze politiche al di fuori del recinto delle alleanze “classiche”, da qui l’espressione “maggioranza Ursula“), ora l’agenda si è trasformata e il vocabolario della presidente si sposta più su questioni di politica estera e di identità dell’Ue sotto il profilo dei temi della Difesa. Oggi, dopo averlo già annunciato nei giorni scorsi, Von der Leyen ha ribadito la necessità che la Commissione abbia un commissario unico alla Difesa, un passo avanti nell’integrazione politica dell’Unione come spesso auspicato e mai realizzato. “Un commissario alla difesa avrebbe il compito principale di occuparsi dell’industria della difesa e di garantire che si investa di più e meglio” ha detto Von der Leyen. L’obiettivo, ha aggiunto, è “ottenere una maggiore interoperabilità per le forze armate” europee e una migliore “produzione degli armamenti necessari”. Allo stesso tempo, von der Leyen ha ricordato che l’organizzazione e gestione delle Forze armate resta “responsabilità degli Stati membri”.
Il nome di Von der Leyen è quello che, al momento, farebbe rimanere la destra fuori dai vertici istituzionali europei dopo le elezioni. Quale destra? Von der Leyen fa alcuni nomi. “La cosa più importante” per l’Europa – dice – “è la democrazia, lo Stato di diritto che difendiamo e la pace che abbiamo insieme” e “il compito di questa campagna elettorale” è “chiarirlo ai nostri avversari, cioè Putin e i suoi amici, sia che si tratti di AfD, di Marine Le Pen, di Wilders, o di altre forze estreme che ostacolano la democrazia in Europa. Loro vogliono distruggere l’Europa”. “E’ per questo che è importante votare e rafforzare il centro”, ha aggiunto. Significativamente ha fatto i nomi di partiti e leader che fanno parte del gruppo dell’Europarlamento Identità e Democrazia, ma non di quelli che compongono i Conservatori e riformisti dei quali fanno parte per esempio Fratelli d’Italia e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
“Il mondo oggi è completamente diverso nel 2019″ ammette Von der Leyen che ricorda che l’Europa ne ha “passate tante insieme negli ultimi cinque anni”, a partire dalla pandemia da Covid che ha travolto il continente e il mondo intero quando lei era in carica “da meno di cento giorni“. “È stato un brutto momento e abbiamo dovuto imboccare strade completamente nuove, ma come risultato abbiamo sconfitto il virus insieme. Abbiamo superato tutto questo unendo le forze” e “siamo riusciti a scongiurare una grave recessione economica“, ha evidenziato. E poi ancora la guerra della Russia in Ucraina (“la più grande guerra terrestre in Europa dal 1945”) e ancora la conseguente crisi energetica.
E anche sulla politica verde il discorso di Von der Leyen ha connotati molto diversi da quelli di 5 anni fa. “Dobbiamo aumentare la nostra competitività, raggiungere gli obiettivi climatici” coniugandoli con “l’economia“. A questo proposito, sottolinea la presidente della Commissione, “sto avendo intense discussioni con gli agricoltori, ciò che è cruciale ora è coniugare gli obiettivi climatici e l’economia”. “C’è grande accordo sugli obiettivi climatici che sono stati concordati all’unanimità da tutti i 27 Paesi membri” verso “la neutralità nel 2050” e “stiamo lavorando insieme all’industria”, affrontando la questione ambientale “settore per settore, esaminando come possiamo raggiungere i nostri obiettivi comuni“.