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Assange, Travaglio a La7: “Quale democrazia arresta i giornalisti perché danno notizie vere?”. Scontro con Borrelli e Sechi

Confronto a tre a Otto e mezzo (La7) sul caso di Julian Assange tra il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, la giornalista del Financial Times Silvia Sciorilli Borrelli e il direttore responsabile di Libero Mario Sechi. Quest’ultimo definisce Assange “un personaggio controverso”, definizione con cui concorda Borrelli, ma Travaglio dissente: “È controverso perché ha pestato i piedi agli americani. Se avesse rivelato i segreti sui russi, sarebbe stato un idolo delle masse”.
“Non possiamo equiparare la situazione di Navalny con quella di Assange – replica Sechi – La dissidenza di Navalny è diventata un martirio, Assange è comunque dentro un sistema dell’ordine liberale, che, piaccia o meno, ha più garanzie”.
“L’hanno arrestato perché ha fatto il giornalista – ribadisce il direttore del Fatto – Ma quale liberale?”.
“No, però non possiamo mettere sullo stesso piano Usa e Russia”, commenta Borrelli.
“Infatti è ancora peggio – replica Travaglio – perché noi facciamo finta di essere democratici. Siamo pure ipocriti“.

Borrelli è in linea con Sechi: “Con tutti i suoi difetti gli Usa sono una grande democrazia, la Russia no ma è un’autocrazia, dove i dissidenti ad esempio sono eliminati fisicamente”.
“E quindi noi dobbiamo imitarli arrestando i giornalisti e dandogli l’ergastolo? – chiede Travaglio – Io sono allibito. È un nostro collega più bravo di noi“.
“Sono d’accordo sul fatto che Assange non vada estradato – risponde Borrelli – Ma è molto difficile mettere sullo stesso piano Navalny e Assange o la Russia e gli Usa”.
“E se fanno le stesse cose, cosa dobbiamo dire?”, ribatte Travaglio.
“Ma non fanno le stesse cose”, replicano all’unisono Borrelli e Sechi.
Quale democrazia arresta i giornalisti perché danno notizie vere?“, insorge il direttore del Fatto.

La corrispondente del Financial Times ribatte: “Assange è accusato di spionaggio e di aver hackerato i sistemi del Pentagono”.
Non ha hackerato niente – risponde Travaglio, mentre Lilli Gruber ricorda che queste accuse non sono mai state provate – Assange ha ricevuto dei documenti autentici da Chelsea Manning, un whistleblower, cioè un testimone interno che era un analista dell’intelligence militare americana. E ha fatto quello che chiunque di noi avrebbe fatto, spero. Ma a sentirvi parlare non ho nemmeno questa certezza, perché ho l’impressione che se su un documento c’è scritto che c’è una porcata americana è controverso. Io avrei pubblicato tutto. Assange ha fatto meglio di noi il suo lavoro e sta pagando per tutti. Ed è incredibile che ci sia questa timidezza nel difenderlo“.
Borrelli ribadisce che ci sono due fasi della vicenda di Assange, mentre Gruber osserva: “Estradarlo negli Usa e fargli fare 175 anni di carcere mi sembra forse un po’ eccessivo”.
“Anche fargli fare un solo giorno di reclusione è eccessivo”, commenta Travaglio.

Sechi insorge: “Però noi non possiamo mettere in dubbio la legge, il diritto e la democrazia dell’Occidente“.
E che mestiere facciamo, scusa, se non possiamo mettere in dubbio quello che decide il potere dei nostri paesi?“, chiede Travaglio.
Il direttore di Libero cita Churchill: “Tutti criticano la democrazia, ma non c’è un sistema migliore di questo finora”.
“E quindi non possiamo criticare? – ribatte Travaglio – Cosa facciamo? I trombettieri?“.
“Se critichi in Russia, finisci nel Circolo Polare Artico e ti ammazzano – risponde Sechi – Hai un raffreddore sovietico improvvisamente”.
“Negli Usa invece ti becchi la pena d morte o 175 anni di carcere – chiosa Travaglio – Assange da 12 anni è chiuso a chiave nella patria della democrazia occidentale“.