Poteva evitare, il sindaco Sala, la polemica sull’eventuale esattezza o inesattezza dei dati della società svizzera IQAir rispetto all’inquinamento della pianura padana. Poteva evitarla – ammettendo invece che il problema è tragico – perché, sebbene la classifica che vedeva Milano l’altro ieri al terzo posto tra le città più inquinate al mondo fosse legata a un unico giorno, dunque effettivamente poco utile, non c’era bisogno di IQAir per sapere che la zona della pianura Padana soffre ormai da anni di inquinamento gravissimo e cronico. È una non notizia, come ha scritto il climatologo Luca Mercalli.
Lo certificano gli stessi dati Arpa, che pure in questi giorni si è affrettata a smentire la gravità della situazione. Arpa che, ricordiamo, ha come presidente una aperta negazionista come Lucia Lo Palo. Sembra, tra l’altro, che ci siamo dimenticati le decine di migliaia di morti di Covid-19 localizzate soprattutto in Lombardia e che più ricerche hanno ricondotto anche all’inquinamento dell’aria.
Il problema delle polveri sottili, Pm 10 e Pm 2,5, del biossido di azoto (NO2) e dell’ozono sempre più alti non è un problema solo di Milano e della pianura padana, dove pure colpisce con la massima intensità. È un problema che coinvolge moltissime città, Roma compresa, dove le centraline che monitorano le polveri sottili e il biossido di azoto sforano costantemente i valori di legge. E dove le misure sono sempre le stesse, inutili: stare in casa, qualche temporaneo blocco del traffico per le macchine più inquinanti, nulla di più. Gli amministratori minimizzano sempre – ricordo l’Assessora capitolina Sabrina Alfonsi che nei primi giorni di gennaio sosteneva che l’inquinamento registrato fosse dato dai botti di Capodanno – oppure invocano la pioggia sempre più scarsa. Misure assolutamente inutili, come si è visto in questi anni.
Di fronte a tutto ciò, i cittadini sono purtroppo inermi, perché come fare a proteggersi da un’aria che siamo costretti a respirare per vivere? Certo, alcune cose sono possibili: mettere in atto piccole accortezze, molte delle quali segnalate dalle associazioni che si occupano del tema; protestare e scendere in piazza; mettere in campo misure legali come quelle fatte da alcuni comitati con successo, come il Comitato Torino Respira. La pressione serve sia per costringere le Regioni a fare o aggiornare i piani di qualità dell’aria, sia per portare gli amministratori che nulla hanno fatto in Tribunale, almeno con lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. Ma non è detto che persino le misure legali diano gli esiti sperati.
C’è un problema di cultura, sicuramente. E’ più facile occuparsi di danni ambientali più evidenti – lo sversamento nei fiumi, gli alberi abbattuti – che di polveri sottili. Ancora non c’è abbastanza consapevolezza tra le persone del fatto che l’aria invisibile ma inquinata può letteralmente uccidere. Se però manca ancora consapevolezza nell’opinione pubblica, sicuramente quest’ultima è già molto più avanti delle nostre istituzioni. Che del tema, da destra a sinistra, sembrano fare spallucce. Come se non fosse causa di asma, tumori, problemi cardiaci, come certificato da una enorme letteratura scientifica. Anzi, le nostre amministrazioni e istituzioni, soprattutto a destra, vorrebbero che le direttive europee fossero meno stringenti, che i tempi imposti dall’Europa sulla riduzione dell’inquinamento atmosferico venissero ulteriormente dilazionati al 2040. Sostanzialmente per continuare a fare come nulla fosse.
Il problema è che proprio l’inquinamento atmosferico in particolare è una cartina di tornasole eccezionale per mostrare come non esistano piccole misure di adattamento possibili per cambiare le cose. Perché il problema è proprio il sistema basato su macchine private ulteriormente incentivate dal governo che invece non investe massicciamente sui trasporti pubblici. E basato sugli allevamenti intensivi, oltre che su industrie e impianti di riscaldamento nocivi. Ma chi ci governa sembra essere anche ignaro del fatto che la crisi climatica aggrava l’inquinamento. Perché l’aumento delle temperature, la scarsità di pioggia aggravano il quadro, rendendo necessarie misure ancora più drastiche.
Cambiare richiederebbe dunque fare una rivoluzione, o almeno mezza: ridurre le emissioni, fermare le attività produttive o trasformarle in attività più sostenibili, stoppare la circolazione privata dei veicoli, aumentare il trasporto pubblico, le zone verdi, le ztl a traffico limitato, fare le città a 30 km all’ora, fare le piste ciclabili ove possibile. Il contrario di quanto sta facendo il ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, che benedice il nostro sistema intensivo. Il contrario di quanto sta facendo il ministro Salvini, che mentre ci propina strazianti pubblicità progresso sulle vite spezzate sulle strade sostiene la battaglia contro gli autovelox e vuole toglierli dalle città e anche dalle strade limitrofe a grande scorrimento (quelle dove accade, insieme alla città, la maggior parte degli incidenti mortali). Il contrario di quanto, in generale, sta facendo il governo, al quale la riduzione delle emissioni pare importare poco o nulla.
Perciò non ne usciremo. Almeno non con questi amministratori, da nord a sud. La situazione si aggraverà, ci ammaleremo ancora di più. Forse ci sarà un’altra pandemia e si vedrà nuovamente che nelle zone più inquinate i morti sono di più. Ma di nuovo non basterà. Perché è inutile: se non vuoi cambiare, non saranno i dati allarmanti a farti cambiare. E neanche i malati, le vittime. Restano, come sempre, le proteste sempre più ampie della popolazione colpita. Restano le battaglie legali, pagate sempre dai cittadini. Che ormai, appunto, dalla politica devono difendersi, perché la politica non sa, anzi non vuole, proteggerli.