Il racconto delle sfilate del secondo giorno della Milano Fashion Week: dalla giocosa magia di Onitsuka Tiger al nuovo bon ton di Alessandro Dell'Acqua per N21, fino alla "collezione 0" di di Slowear
La prima sfilata della seconda giornata della Settimana della Moda di Milano dedicata alle collezioni donna Autunno/Inverno 24-25 inizia con Onitsuka Tiger. Andrea Pompilio mente creativa del marchio dal 2017, per la collezione Autunno/Inverno 24-25 si è ispirato a Tokyo alle sue luci, alla sua atmosfera a metà tra sogno e realtà e alla sua magia. Il designer italiano immagina una notte di pioggia in cui giovani ragazzi e ragazze escono in giro per la città del Sol levante sotto una pioggia scrosciante, attratti dalle insegne luminose di bar e locali. La collezione stempera la sua anima sportiva attingendo a piene mani dal mondo sartoriale attraverso sperimentazioni, tagli inaspettati e nuove proporzioni. Le giacche hanno spalle grandi e si assottigliano in vita, i maglioni si fanno brevi da indossare con ampi pantaloni, i capotti dagli ampi cappucci si fanno over. I capi spalla in lana e cotone spalmato ricordano i tessuti bagnati dalla pioggia, gli abiti a sottoveste in chiffon riflettono la luce grazie alle incrostazioni di paillettes, mentre i pantaloni e i giubbini, ispirati al mondo workwear, sono impreziositi da stampe. A completare questi look dallo spirito libero, casual e chic al tempo stesso, stivaletti allacciati con carrarmato in gomma e décolleté in camoscio con tacco scultura.
Poesia e teatralità da Antonio Marras. Lo stilista dedica la sua collezione Autunno/Inverno 24-25 a Eleonora d’Arborea, la “giudicessa”, principessa medievale e ultima regnante indigena della Sardegna. Una sovrana in anticipo sui tempi, attenta al ruolo e all’indipendenza delle donne, che diventa ora una figura più attuale che mai inserendosi nel dibattito sulla lotta alla violenza contro le donne. La sfilata si è trasformata così in una pièce teatrale, in cui lo stilista ha dato vita a un dialogo immaginario tra Eleonora (interpretata da Anna della Rosa) e il suo falconiere (Filippo Timi), trasportando il pubblico nella Sardegna del XIV secolo. La performance ha esplorato la forza e la lungimiranza di questa donna che, attraverso la Carta de Logu, garantì parità di diritti e tutelò le donne contro lo stupro. “Chi fa il nostro mestiere – racconta lo stilista sardo nel backstage della sfilata – non può essere avulso da ciò che succede intorno, dalle situazioni nazionali e internazionali. Non é che fare moda significa isolarsi, e vivere in un mondo fatato e di frutta candita. La moda è lo spirito di quello che siamo, e la restituzione di quello che sentiamo, è un linguaggio, un alfabeto che ci aiuta a comunicare. E comunica quello che é lo spirito dei tempi che viviamo. Che non sono tempi veramente meravigliosi. Quello che mi colpisce di più di questi tempi é la violenza sulle donne e tutti questi conflitti che stanno dilaniando il mondo. Non possiamo – sottolinea – essere avulsi dalle situazioni che ci riguardano anche indirettamente, dalle quali siamo bombardati tutti i giorni”. Per Eleonora e per il popolo del suo regno, Antonio Marras ha immaginato damaschi ricamati, broccati e sete a fiori, velluti dévoré e lane spalmate d’oro. In passerella gessati sartoriali, miniabiti tricot, sottovesti leggere in chiffon, ampi cappotti e tuniche in pizzo diventano i punti fermi di una narrazione, a metà tra fiaba e sogno, in cui Marras con maestria e garbo ci conduce. Le sue donne sono principesse e guerriere allo stesso tempo, avvolte in gorgiere, cotte medievali ricreate in tessuto, aculei preziosi, ricami e strascichi. Pizzi e copricapi assumono la forma di elmi, sottolineando l’animo combattivo di queste figure femminili. La collezione si chiude con una sposa in un lungo abito a balze bianco con un copricapo di foglie e gabbietta sul volto che rappresenta la bellezza e la purezza e al tempo stesso la forza delle donne ormai libere dalle regole imposte dal patriarcato.
E sono libere e indipendenti anche le donne che hanno ispirato la collezione Autunno/Inverno 24-25 di Alberta Ferretti. La stilista che ci aveva abituato negli anni ad abiti eterei eleganti e romantici, questa stagione spariglia le carte e ci offre la sua personale visione su una femminilità contemporanea dominata dai contrasti. Con un suo personale linguaggio Ferretti esplora l’equilibrio tra concretezza e poesia. Del resto, lei è una donna che parla alle donne e sa molto bene cosa le sue clienti vogliono oggi. Il suo percorso stilistico parte dalla materia, e dalla più classica delle opposizioni: maschile e femminile, materia e leggerezza, chiffon e flanella, pizzo e chevron. Rompendo paradigmi ormai desueti e false credenze, Ferretti mischia le sottovesti leggere ai completi gessati, i cappotti in tweed agli abiti drappeggiati, le giacche sartoriali ai vestiti plissé. I gessati si illuminano di fili metallici, i drappeggi divengono illusioni ottiche stampate su un jersey sensualmente liquido, le lunghe tuniche in panno sono percorse con nervature che esaltano la silhouette. La rigidità sartoriale dei tessuti da giorno trova contrappunto nella sera in uno scintillio deciso di ricami come medaglioni di paillette, baguette e strass.
E’ un’ode alla fluidità e al contrasto tra il rigore dei tessuti e la femminilità dei tagli la collezione Slowear Autunno/Inverno 2024 per la donna. Una collezione “zero”, come la definisce il Ceo Piero Braga presentandola nel nuovo showroom-bar nel cuore di Brera. Con questi capi, il brand riscrive da zero i canoni della sua “donna”, mescolando le carte in tavola e dandole un’identità precisa e autonoma rispetto al maschile. Così, la materia si fa impalpabile e i colori brillano di luce propria, senza mai rinunciare all’eleganza e alla raffinatezza che da sempre contraddistinguono il brand. Riprende e reinterpreta in chiave femminile modelli e tessuti iconici della linea uomo, un’anima condivisa che si manifesta in capi come la maglieria bottonata, il cardigan, il trench e il doppiopetto, presenti in entrambe le collezioni. La stessa lana chevron utilizzata per il cappotto uomo diventa protagonista, ad esempio, del peacoat donna. La collezione si sviluppa in tre guardaroba di stile, definiti da una palette cromatica ben precisa: il primo gioca con le sfumature del blu, dal navy al ceruleo, passando per delicati grigi e l’eterno nero; il secondo si tinge di caldi toni autunnali, con intensi marroni caramello e color legno, vivacizzati da tocchi di rosso acceso; il terzo, invece, esplora le nuance più brillanti dell’argento, del verde salvia e del rame.
N21 per la collezione Autunno/inverno 24-25 decide di costruire un nuovo bon ton alla luce di una libertà contemporanea assoluta e seducente. Alessandro Dell’Acqua, talento visionario e creativo, con questa collezione distrugge l’idea arcaica, i cliché e i vizi di una certa moda del passato per sperimentare con forme, colori e volumi nuovi. Partendo dall’alta moda e dai suoi atelier, lo stilista reinterpreta i classici abiti da cocktail, i tailleur in lana bouclé e i vestiti ricamati di cristalli e di jais. Le gonne invece sono costruite con pannelli aperti, indossate con sottovesti o sulle gambe nude, abbinate a pesanti maglioni norvegesi. Gli abiti in chiffon sono trasparenti e aperti sui lati, da indossare con lunghe stole in marabù. E poi gonne in paillettes, vestitini ad “A” con la scollatura chiusa da un fiocco severo per enfatizzarne al tempo stesso rigore e sensualità. “Ho affrontato il bon ton con il chiaro intento di distruggerlo e ho analizzato tutte le situazioni di costruzione che si presentavano nelle tecniche della Haute Couture degli anni 80 e 90”, dice Alessandro Dell’Acqua. “È come se avessi affondato lo sguardo nelle immagini di una storia della moda che ripete sé stessa, ma l’ho fatto riemergere pieno di lampi di luce nuova. Ho costruito look che nascono da abbinamenti inusuali e sono riuscito anche a ottenere una costruzione di dettagli che fanno risultare alcune proporzioni un po’ sbagliate” ha dichiarato lo stilista a pochi minuti dall’inizio della sfilata. La collezione di N21 sovverte le vecchie regole vestimentarie di matrice borghese e celebra la libertà di osare con accostamenti stridenti, dettagli preziosi e una buona dose di erotismo abbandonando ogni nostalgia o ricordo del passato.
E sono vere e proprie armi di seduzione anche gli abiti di Roberto Cavalli. Fausto Puglisi, direttore creativo del marchio italiano per la collezione Autunno/Inverno 24-25 ha reinterpretato l’iconica stampa attraverso le venature materiche del marmo. “Sono partito da un’ossessione mia costante da quando ero molto giovane, che è il marmo antico. Amo collezionare blocchi di marmo antico e amo entrare nelle chiese ovunque ci siano segni di intarsi e lavorazioni legati alla cultura e alla tradizione italiana del marmo. Quindi ho voluto tradurre il marmo, che secondo me è la quintessenza dell’italianità, in leggerezza”, spiega lo stilista ai giornalisti. Le varietà di venature del marmo bianco e nero si trasformano in stampe, ricami o dettagli sui lunghi abiti in chiffon, sulle gonne a matita, sui mini-dress con profili in pizzo, sui trench in vinile, sui leggerissimi piumini oversize e infine sulla borsa da giorno. E poi t-shirt che scelgono la sensualità della pelle nera, giacche scultura dal bianco virginale da indossare con minigonne, camicie stampate abbinate a gonne gitane in seta e tuniche plissettate nelle nuances del marmo rosso Rubané. L’opulenza barocca del marmo Portoro si trasforma in sinuose gonne in velluto devoré da abbinare a bluse in pelle nera o stampate con intarsi di marmi policromi. La collezione è un connubio di leggerezza e solidità, proprio come i marmi policromi delle chiese rinascimentali: “E’ pensata per donne sensuali e forti come rocce”, sottolinea Puglisi.