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Morti sul lavoro, prima del Cdm la riforma di Calderone passa dalla tv del marito. E il capo degli ispettori ammette: “Non grandi novità”

Chi di conflitto d’interessi ferisce… Dopo la tragedia del cantiere Esselunga di Firenze, la ministra Calderone ha annunciato una stretta sulle regole della sicurezza nei luoghi di lavoro. Il provvedimento verrà discusso in Consiglio dei ministri, ma non prima di lunedì prossimo. Chi non sa aspettare può guardarsi la nuova puntata di “Diciottominuti“, trasmissione della web tv del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro che il 22 febbraio alle 16:00 ha ospitato il direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, Paolo Pennesi, già direttore generale dei consulenti quando la presidente era l’attuale ministra Calderone, e rimasto in ottimi rapporti ora che a guidare l’ordine è il marito di lei, Rosario De Luca. Pennesi, così l’ha annunciato l’ufficio stampa dei consulenti, “illustrerà le misure di salute e sicurezza sul lavoro illustrate ieri dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Marina Calderone, nell’ambito dell’informativa al Consiglio dei Ministri”. Quasi uno scoop, praticamente un flop. Perché Pennesi ammette: “Le norme che si stanno immaginando non hanno grandi margini di novità”.

Ma andiamo con ordine, quello dei consulenti del lavoro. Marina Calderone ne è la presidente per 18 anni, prima di diventare ministra con Meloni. A sostituirla, l’Ordine ci mette il marito De Luca. E siccome si tratta di un organismo pubblico sotto il controllo del ministero del Lavoro, alla moglie tocca per legge la vigilanza sul marito. Robetta, tanto che Calderone delega la vigilanza al sottosegretario Claudio Durigon e tanti saluti. Intanto al ministero si porta altri pezzi dei consulenti del lavoro: dal portavoce al capo della segreteria tecnica. Compreso Pennesi, in onda accanto a De Luca che alla moglie si riferisce parlando della “nostra presidente diventata ministro”. “Conosco Calderone da molto prima di approdare all’Ordine visto che i consulenti delle aziende sono controparte naturale dell’Ispettorato, che ho già guidato dal 2015 al 2018″, aveva spiegato Pennesi al Fatto quando Calderone lo ha rimesso alla guida dell’Inl. Conflitto d’interessi? Sia mai e pazienza se lui e Calderone sono stati gli sponsor dell’asseverazione contributiva da parte dei consulenti del lavoro, la misura che evita alle aziende il rischio di ispezioni.

Ma l’ex direttore dei consulenti oggi a capo degli ispettori del lavoro, non dà troppa soddisfazione. “Credo che le norme che si stanno immaginando non hanno grandi margini di novità”, dice in merito all’atteso pacchetto di norme annunciato da Calderone. Di che si tratta? “Di attuazioni del testo unico 81 che è del 2008 ma che per certi aspetti, importanti, ancora non è stato attuato da nessuno”. Insomma, basterebbe la volontà di applicare le regole esistenti. Quanto a farle rispettare, Pennesi ammette che “l’incremento dell’attività ispettiva passa dall’implementazione degli ispettori tecnici e siamo fuori di circa 500 unità. Contiamo di poter fare un concorso al più presto possibile per migliorare la presenza sul territorio e fare un po’ di controlli in più di quello che riusciamo a fare, visto che i nuovi entrati stanno ancora facendo formazione”. Magra consolazione per gli ispettori del lavoro. “Non ci sono parole, è imbarazzante”, è il commento di alcuni di loro sull’ospitata di Pennesi. Quanto alle proposte di Calderone, per quelli del’Unione sindacale di base “si tratta di fumo negli occhi”. Perché la ministra “se la cava con una serie di inasprimenti delle pene: acqua fresca”.

Al contrario, gli adempimenti obbligatori per le aziende restano “generici e facilmente aggirabili”, l’ipotesi del reato di omicidio sul lavoro “è già stata censurata dal ministro della Giustizia”, e appalti e contratti rimangono strumenti “per risparmiare su salari e diritti”. Quanto ai numeri dell’Ispettorato, “dei 1149 posti per ispettori tecnici messi a bando per il reclutamento, solo 670 sono stati coperti, mentre per quanto riguarda gli ispettori ordinari, circa 2.200 unità, solo 1600 sono operativi. Perché gli altri restano in ufficio a coprire i profili amministrativi, anche questi in carenza di organico. Parafrasando Pennesi, le solite nozze coi fichi secchi. Un finale un po’ mesto per la trasmissione del marito ministeriale, che però non si perde d’animo e regala un paio di perle, attacco ai sindacati compreso. “Quando qualcuno si scandalizza che un consulente del lavoro è diventato ministro del lavoro, io dico meno male che lo è diventato”, dice riferendosi alla moglie Marina. “Perché quel consulente del lavoro in questi anni ha fatto le battaglie contro il malaffare, contro le cooperative spurie, e insieme a noi non c’erano i sindacati, non si sa perché. Di fronte allo sfruttamento, i lavoratori li abbiamo difesi noi”.