Difende Matteo Salvini che sul caso di Alexsej Navalny ha detto “cose ragionevoli“, dice che sente regolarmente il leader della Lega e che regolarmente va avanti e indietro dalla Russia. Il ritorno sulla scena pubblica dell’ex portavoce del leader leghista ed ex giornalista della Padania Gianluca Savoini passa – nei la morte nelle carceri russe del principale dissidente di Vladimir Putin – da un’intervista, nient’affatto schiva, rilasciata alla Stampa. Ci sono le sue opinioni su Mosca (tutte difensive), ma anche qualche informazione sui suoi contatti continui sia con Matteo Salvini sia con la Lega. “Basta che Matteo Salvini dica una cosa ragionevole – cioè di aspettare le indagini per capire se Navalny è morto di infarto, di gelo, oppure torturato – che subito viene messo in croce. Perché questa strumentalizzazione? Perché basta che il signor Biden, il capo del mondo, decida che è stato Putin a farlo uccidere, e tutti devono omologarsi. Però lui poi vuole fare la stessa cosa con Julian Assange“. A prescindere dal caso di Assange, non c’è alcun passaggio in cui Savoini parli della detenzione in un carcere in Siberia, oltre il circolo polare artico, di un oppositore politico.

Savoini parla di “mostrificazione” della Russia: “Ormai tutti sono ossessionati in maniera psicopatologica dalla Russia – dice – Viviamo in questa cappa dove Russia significa il crimine, l’inferno, il male assoluto. E poi se qualcuno ha a che fare con la Russia diventa un mostro. Guardate cos’è successo a Marine Le Pen per aver chiesto un prestito, poi restituito, a una banca della Repubblica Ceca con partecipazioni di banche russe”. Il riferimento è a un’inchiesta dei giornalisti di Mediapart (periodico online indipendente di investigazione) che ha rivelato che il Front national, all’inizio, aveva chiesto alle banche russe prestiti per 40 milioni di euro, fino al 2017. La Lega, dice, ha fatto bene a partecipare alla fiaccolata per Navalny, dice, perché d’altra parte fa parte del governo, ma “non bisogna strumentalizzare la morte di una persona”. Quando in questi giorni Putin parlava dell’Italia “amica”, parlava anche “alla politica – sottolinea Savoini – A tutti i politici italiani – da Letta a Prodi, da Conte a Salvini – che hanno avuto un ruolo di governo fino al 2019. Tutti lo invitavano a Roma e andavano a Mosca a definire accordi commerciali per le nostre imprese, trattandolo come si tratta un partner importante”.

Cosa fa ora Savoini? Da una parte va in giro a presentare il suo libro Da Pontida al Metropol (sottotitolo: La lunga guerra dei poteri forti internazionali contro la Lega), edito dalla Signs Books di Marco Carucci (che è stato compagno di liceo di Salvini e poi dirigente di Forza Nuova). Dall’altra si occupa di “comunicazione per alcune aziende private” in “settori normalissimi, dalle costruzioni ad altro, aziende italiane”. Non hanno legami con la Russia. Lui però lì ci va “tranquillamente”, racconta, dato che la moglie è russa. “Gli amici che avevo da trent’anni per me rimangono amici. A differenza di molti italiani che fanno i Badoglio, e quando va tutto male saltano dall’altra parte, in Russia se sei una persona corretta e seria non ti voltano le spalle”. Nel frattempo conferma di essere ancora iscritto alla Lega, come dal 1992: “E ci resto. Sento Salvini e i rapporti sono buoni con tutti. Però, visto che negli ultimi periodi mi occupavo dei rapporti internazionali, soprattutto di quelli con la Russia, a fronte di quello che è successo prima con l’inchiesta giudiziaria finita in nulla, poi con il Covid e alla fine con questa guerra, adesso faccio altre cose. Non c’è alcuna possibilità di avere relazioni politiche oggi. Fra non molto, appena la guerra sarà finita, vedremo. Io credo che con la Russia si dovrà fare i conti. Eccome”.

Savoini ha anche una sua lettura personale sulla fine dell’inchiesta Metropol, in cui fu accusato di aver partecipato a una compravendita di petrolio nell’albergo moscovita per far incassare una notevole somma di denaro alla Lega. Un’indagine che è stata archiviata perché “c’è stata poca collaborazione da parte delle autorità russe” gli dice il giornalista della Stampa nell’intervista. “Non è vero. I magistrati ci sono andati due volte e hanno fatto due rogatorie – risponde Savoini – A differenza di alcuni giornalisti che mi hanno condannato ancora prima di sapere che cosa stava succedendo, la magistratura ha fatto il suo dovere. Ha dimostrato che non c’era alcun reato. Io sono stato distrutto per colpire la Lega di Salvini che nel 2019 era al 34 per cento”. In realtà i giudici, nel decreto di archiviazione dell’inchiesta, hanno scritto che l’ipotesi di corruzione internazionale è decaduta per effetto della “impossibilità di identificare con precisione i soggetti russi coinvolti nelle trattative descritte e le cariche pubbliche rivestite dagli stessi” che, anche alla luce delle modifiche introdotte dalla riforma Cartabia, “non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”. Per la giudice ulteriori indagini non sono poi possibili “a causa della mancata risposta della Russia alla rogatoria già prima dell’inizio della guerra in Ucraina e l’ancora maggiore improbabilità di ottenere una risposta a seguito del conflitto”.

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Nella foto | Il leader della Lega Matteo Salvini insieme a Gianluca Savoini nel 2015

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