Installare un governo di “funzionari locali” non legati al terrorismo per amministrare Gaza al posto di Hamas. È l’obiettivo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, esplicitato in un documento di principio – lungo una pagina – sul dopoguerra nella Striscia, presentato giovedì sera al gabinetto di sicurezza per l’approvazione e pubblicato nella notte. Il piano non è dettagliato, ma costituisce la prima presa di posizione formale da parte di Netanyahu sulla questione. Si prevede libertà d’azione per le forze armate israeliane, per sventare qualsiasi minaccia alla sicurezza, e l’istituzione di una “zona cuscinetto” all’interno dell’enclave. L’insistenza su un ruolo israeliano a tempo indeterminato è in contrasto con le proposte degli Stati Uniti per un governo autonomo palestinese, che amministri sia Gaza sia la Cisgiordania, come premessa per la soluzione dei due Stati.

Tra i contenuti chiave del progetto di Netanyahu, inoltre, c’è la chiusura dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi, 12 dei cui dipendenti (su circa 13mila) sono accusati di aver partecipato al massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre: il documento afferma che Israele lavorerà per sostituire l’agenzia con “organizzazioni umanitarie internazionali responsabili“. Il documento indica poi alcuni obiettivi a breve termine: la continuazione della guerra fino alla distruzione della capacità militari e delle strutture di governo di Hamas e della Jihad islamica, il ritorno degli ostaggi, rimozione di ogni minaccia alla sicurezza proveniente da Gaza.

Nel testo non si nomina l’Autorità nazionale palestinese (l’organismo riconosciuto dall’Onu e guidato da Abu Mazen) né si esclude la sua partecipazione al futuro governo dell’enclave: ci si limita a dire che gli affari civili a Gaza saranno gestiti da “funzionari locali” con “esperienza amministrativa“, non legati a “Paesi o entità che sostengono il terrorismo”. Parlando all’agenzia palestinese Wafa, il portavoce di Abu Mazen, Nabil Abu Rudeina, ha chiuso a qualsiasi confronto sul documento israeliano: “Gaza sarà parte dello Stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale, e qualsiasi piano diverso da quello è destinato al fallimento. Israele non riuscirà nei suoi tentativi di cambiare la realtà e i dati demografici di Gaza. Se il mondo vuole sicurezza e stabilità nella regione, deve porre fine all’occupazione e riconoscere lo Stato palestinese indipendente”.

Venerdì mattina intanto ha lasciato l’Egitto la delegazione di Hamas, guidata dal capo politico Ismail Haniyeh, dopo tre giorni di colloqui al Cairo sulla tregua, gli aiuti nella Striscia e il rilascio degli ostaggi israeliani. Lo ha riferito il movimento islamista in una dichiarazione, senza precisare se gli incontri con il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel abbiano avuto successo. In mattinata l’esercito israeliano ha affermato di aver ucciso oltre dieci “terroristi” durante operazioni in corso nel quartiere Zeitoun di Gaza City. Mentre il presidente Usa Joe Biden prende (di nuovo) indirettamente le distanze dalla distruzione portata avanti dalle forze di Tel Aviv: “La stragrande maggioranza dei palestinesi non fa parte di Hamas. E Hamas non rappresenta il popolo palestinese. In realtà, anche loro stanno soffrendo a causa del terrorismo di Hamas. Dobbiamo essere chiari su questa realtà”, scrive su X.

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