Scuola

No a cellulare e tablet nelle classi, la stretta di Valditara divide la scuola: “Scelta che guarda avanti”. “No, così si favorisce l’uso illegale”

No al cellulare e ai tablet nelle scuole d’infanzia e alle medie, anche per fini didattici. Si potranno usare i palmari solo alla primaria. Così ha sentenziato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, intervenuto prima sul quotidiano Il Foglio (dove in prima battuta era riportato il divieto anche alle elementari) per poi ufficializzare la sua posizione con due note emanate nel pomeriggio a distanza di tre ore l’una dall’altra. Una stretta che arriva “perché spesso – spiega il professore leghista sul giornale fondato da Giuliano Ferrara – l’utilizzo in proprio di smartphone e tablet diventa nel rapporto tra studenti e docenti un elemento di tensione, che in alcuni casi porta anche all’aggressione del personale scolastico. Meno distrazioni, più responsabilità, più delega”.

Parole che hanno fatto immediatamente reagire il mondo dell’educazione, da una parte si schiera a favore del ministro perché, a detta dello psicologo Paolo Crepet “non fa un passo indietro ma guarda avanti senza andare alla cieca” e per un’altra parte reputa “assurda” l’idea dell’inquilino di viale Trastevere perché, come sottolinea il tecnologo della formazione Paolo Ferri, è in totale contraddizione con le istruzioni operative del Decreto ministeriale 66 firmato dallo stesso Valditara che prevedono “didattica e insegnamento dell’informatica, del pensiero computazionale e del coding, dell’intelligenza artificiale e della robotica, a partire dalla scuola dell’infanzia”.

A scatenare l’ennesimo dibattito sui cellulari e i tablet a scuola, già nei giorni scorsi, ci aveva pensato la notizia che in tutte le scuole d’Inghilterra una nuova circolare proibisce l’uso dei telefonini tra gli studenti per tutta la giornata, intervalli e pausa pranzo compresi. Una scelta arrivata dopo quella della Svezia dove si è iniziato l’anno scolastico senza i familiari tablet nelle aule: una mossa del nuovo ministro dell’Istruzione, Carlotta Edholm, che sostiene che “gli studenti svedesi hanno bisogno di più libri di testo e di meno computer”.

A andare in questa direzione è arrivato anche il governo. Nelle due note ufficiali Valditara spiega che “nelle nuove Linee guida sulla educazione alla cittadinanza di prossima pubblicazione, in coerenza con quanto sta emergendo da diversi studi anche internazionali, è sconsigliato l’utilizzo anche a fini didattici dello smartphone dalle scuole d’infanzia alle scuole secondarie di primo grado. Per le scuole primarie è raccomandato invece l’utilizzo del tablet esclusivamente per finalità didattiche e inclusive”. Una parola quest’ultima spuntata solo nel secondo comunicato arrivato da viale Trastevere a seguito della levata di scudi di chi lavora con il mondo della disabilità usando la tecnologia.

A dar ragione al ministro sono, tuttavia, in tanti che la pensano come Paolo Crepet che al Fatto spiega: “La scelta del ministro è già stata presa anche in Svezia, in Inghilterra. Finalmente arriviamo anche noi. E’ un tentativo di ragionare, di pensare ai nostri figli e non dipendere dalle multinazionali del digitale. Condivido ogni parola di Valditara quando ricorda che questi strumenti in aula creano tensione: qualsiasi evento di cronaca legata alla violenza avvenuta dentro una scuola è stato ripreso dal cellulare; c’è una complicità pericolosa tra gli studenti e il cellulare”. Il noto psichiatra pensa all’intelligenza artificiale: “Non è solo una questione di distrazione. Se a quindici anni sfogli un vocabolario per trovare un’informazione che ti serve a scuola anziché usare il telefonino, è differente. Circolano in Rete informazioni su oggetti come “Rabbit”, un dispositivo portatile quadrato con funzionalità basate sull’Intelligenza Artificiale, grande quanto un blocchetto di post-it: i nostri ragazzi circoleranno con questi aggeggi. Non voglio abolire il mercato ma discutere cosa mangiare. Sono contro alla dittatura delle mele. Sai cosa vuol dire la bellezza di fare un acquerello?”.

Di tutt’altro parere Ferri che lavora all’Università Bicocca e forma i futuri insegnanti facendo ricerca nella scuola odierna. “Quando mai un bambino ha aggredito un maestro delle elementari? I casi di violenza accadono al liceo; sono questioni di degrado, di disagio che non hanno a che fare per nulla con la tecnologia. A chi dice che si distraggono con il cellulare in aula rispondo che questo accadrà quando Valditara li costringerà ad usarli nascondendoli sotto il banco. Questa logica della proibizione favorirà l’uso illegale. La questione semmai è un’altra: va generata motivazione intrinseca all’apprendimento, accostando la didattica ai linguaggi informali dei bambini”. Il docente della Bicocca ci ricorda i dati di una ricerca da lui svolta nel 2021 sull’infanzia in Lombardia: il 60% dei bambini tra i sei e i dieci anni aveva un proprio cellulare. Per Ferri la soluzione non è vietare: “Sono sempre più convinto che bisogna vaccinarli da piccoli al digitale proprio come si fa per la Salute”. E sulla questione Svezia ed Inghilterra specifica: “Noi con l’esperienza di Loris Malaguzzi, di Maria Montessori non abbiamo proprio nulla da invidiare al Nord Europa. A “Reggio Children”, all’infanzia, usano i robot e sono un modello d’eccellenza per il mondo intero”.

Non solo. Per il tecnologo della formazione, Valditara si sta contraddicendo in maniera totale. “Con il Decreto 66 firmato dal ministro in attuazione della linea di investimento 2.1 “Didattica digitale integrata e formazione alla transizione digitale per il personale scolastico” nell’ambito della Missione quattro del Pnrr si sono investiti 450 milioni. Con il Piano Scuola Digitale 4.0, iniziato dal ministro Patrizio Bianchi, ma portato avanti da questo governo, si sono spesi un miliardo e 400 milioni per infrastrutture digitali. Nelle scuole di ogni ordine e grado sono arrivati tablet, laboratori digitali, attrezzature per la connettività, carrelli di ricarica e altro. E ora che ne facciamo? Li buttiamo? Perché abbiamo investito soldi nella formazione digitale dei maestri, dei professori, dei presidi se poi diciamo loro di non usare questi strumenti?”.