Il gruppo Mercedes, in linea con i concorrenti, ha archiviato un 2023 di solidi utili. I profitti hanno sfiorato i 20 miliardi di euro, poco al di sotto di quelli del 2022. I ricavi sono saliti a 153 miliardi, 3 in più dell’anno prima. La vera notizia, tuttavia, è un’altra. Il gruppo ha deciso di abbandonare l’obiettivo della graduale eliminazione di auto a benzina e diesel al fine di azzerarne la produzione entro il 2030. Al contrario, continuerà la produzione di auto a carburante il più a lungo possibile. Ennesimo segnale di rallentamento sulla transizione verde e del passaggio all’elettrico dopo un anno in cui, su questo fronte, si era probabilmente corso troppo, ignorando costrizioni come costi ancora alti, rete di punti di ricarica ancora inadeguata e batterie la cui autonomia ancora non consente una piena sostituzione per chi utilizza una sola auto. Mercedes non è un produttore particolarmente avanzato nell’elettrico, sinora i risultati dei suoi prodotti sono stati piuttosto deludenti. Al contrario, le auto tradizionali continuano a garantire alla casa tedesca lauti profitti, per un gruppo storicamente posizionato nelle vetture di fascia alta dove i margini di guadagno sono maggiori.
Inoltre i produttori iniziano a fare ragionamenti di natura politica. Le elezioni europee di giugno porteranno probabilmente ad una maggioranza meno incline a sostenere politiche pro ambiente molto spinte. Cosa che verosimilmente si potrebbe tradurre in un rinvio delle scadenze per l’uscita dal motore endotermico. Così come negli Stati Uniti un’affermazione di Donald Trump porterebbe probabilmente con sé un qualche ripensamento sulla strategia verde avviata con l’Inflation reduction act di Joe Biden. Sul comparto dell’elettrico incombe inoltre la minaccia cinese. Dall’Asia arrivano auto con prezzi sensibilmente inferiori a quelle di Europa e Stati Uniti anche grazie ai copiosi sussidi che i produttori locali ricevono da Pechino. Ciò mette pressione su tutti i listini e rischia di comprimere i margini di profitto per tutti.
Così i produttori cercano di spremere più a lungo possibile i guadagni garantiti dalle motorizzazioni tradizionali che stanno regalando grandi soddisfazioni finanziarie. L’Ue valuta se erigere barriere doganali che, però, provocherebbero una reazione cinese che taglierebbe fuori i marchi europei dal mercato più grande al mondo. Mercedes, ad esempio, realizza il 40% del suo fatturato globale in Cina, seppur non nelle auto elettriche. Il principale produttore cinese Byd intanto, si porta avanti, aprirà uno stabilimento in Ungheria che consentirebbe si aggirare eventuali barriere. Per un Europa stretta tra due fuochi, c’è chi suggerisce di dar vita ad un’alleanza continentale tra i vari gruppi che consenta di fronteggiare con una potenza di fuoco più massiccia la concorrenza da Est e da Ovest. Una sorta di “Airbus delle quattro ruote”.