Un’anomalia. Sì: il calcio degli anni ’80 e ’90 ha regalato miti che resistono tutt’oggi. Miti basati su prodezze, virtuosismi, vittorie che in un calcio romantico di radioline e sintesi, di inchiostro e gradinate oggi vengono custoditi gelosamente. Per stare in quel gotha dopo trent’anni nonostante una carriera modesta, praticamente senza vittorie importanti né nei club né in nazionale bisogna essere un’anomalia. Perché tra i miti di quei tempi ce n’è uno che non può non avere un posto d’onore tra i calciofili oggi quarantenni o giù di lì: è il mito di Risto Kallaste. Un mito che inizia con la voce divertita di Bruno Pizzul in una sera d’Aprile del 1993: a Trieste l’Italia ospita l’Estonia per le qualificazioni ai Mondiali statunitensi. Una nazionale quella estone praticamente tutta nuova: dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica la prima partita dell’Estonia era stata giocata meno di un anno prima, peraltro tra le polemiche sull’opportunità di impiegare o meno “gli immigrati” di origine russa.
Non c’è nessuno che giochi al di fuori del campionato estone e l’esordio, una sconfitta per sei a zero contro la Svizzera a Tallinn, evidenzia che la squadra guidata da Pilir non è certo pronta per competere con le altre nazionali europee. Per la verità a Trieste i baltici non demeritano: segna un gran gol Roby Baggio ma poi gli azzurri frenano, anche grazie al miglior calciatore estone dell’epoca, il portiere Poom (che avrà un futuro in Premier League) che si mette in luce con diversi interventi. La gara è sull’uno a zero quando al ’68esimo Sacchi cambia Dino Baggio con Fabrizio Di Mauro: sulla rimessa laterale successiva, poco dietro la linea di centrocampo, il terzino sinistro estone fin lì notato solo per la lunga chioma bionda prende una rincorsa lunghissima, fa una capriola usando il pallone come perno e così riesce a lanciare il pallone praticamente al limite dell’area di rigore italiana. Una sorta di catapulta, con notevole effetto scenico ma senza conseguenze pratiche al di fuori del tono divertito di Bruno Pizzul che chiede anche il replay al regista Rai De Pasquale e degli sguardi stupiti degli italiani in campo.
Non sortirà mai alcun effetto quella rimessa laterale a dir la verità, nonostante non fosse un colpo di teatro del momento, ma qualcosa di attentamente studiato e voluto da anni. Kallaste faceva parte del blocco del Flora Tallinn (aveva provato l’avventura in Svezia nel Gunnilse in Serie B, per poi tornare subito in patria) serbatoio principale della nazionale e prima di allora aveva militato nella squadra giovanile del Tallinna Lovid: lì l’allenatore che poi passerà al Flora Tallinn e poi guiderà anche la nazionale estone è Roman Ubakivi, che ha ben chiara quella mossa, solo che non sa a chi affidarla. Si chiama “Saltoaut” e Ubakivi organizza un vero e proprio casting tra i suoi ragazzi per farla: alla fine la spunta Risto Kallaste. L’obiettivo con una rimessa così lunga è chiaramente sorprendere gli avversari e magari segnare qualche gol: non accadrà mai per stessa ammissione di Risto Kallaste, ma quel gesto lo renderà di fatto immortale (esiste persino una band musicale italiana che si chiama “Kallaste” proprio in onore del calciatore e della sua rimessa).
Naturalmente poi in tempi in cui la Fifa di Blatter si distingueva più che altro per il tempo trascorso a trovare il modo di impedire a Jorge Campos di giocare come portiere e attaccante e finanche di indossare divise troppo colorate, si arrivò a rendere “illegale” anche la “Saltoaut” di Risto Kallaste, praticamente senza motivo visto che le mani era ben salde dietro la testa e non si staccavano dal pallone prima di rimetterlo in gioco e la capriola avveniva abbondantemente dietro la linea del fallo laterale. Dopo qualche anno infatti Risto riottenne il via libera per la “Saltout”. Poco da dire sula carriera da calciatore: inevitabilmente i riflettori sulla sua capriola attirarono l’interesse di qualche club estero, in particolare sono i danesi del Viborg che la spuntarono. Dopo una stagione positiva, con 7 gol in 26 partite, Risto si infortuna e resta fermo per tre anni, dal 1996 al 1999, per poi tornare a giocare in B estone e chiudere divertendosi nelle serie minori. Oggi è un imprenditore, ma resta un’icona del calcio: perché sì, i doppi passi di Ronaldo, i dribbling di Maradona, le ruletas di Zidane rappresentano giustamente il sublime. E poi c’è la rimessa di Risto Kallaste.