A Milano la situazione abitativa sta diventando incandescente. Le cronache degli scorsi mesi hanno parlato delle tende universitarie contro il caro affitti, degli sfratti incombenti su migliaia di famiglie. A Milano continuano ad essere migliaia le famiglie in graduatoria e migliaia le case popolari del Comune e dell’Aler chiuse lasciate in degrado. In tale contesto la Giunta di Milano sta assumendo iniziative che lasciano perplessi e preoccupano, questo perché Milano non è solo una grande città, ma perché a Milano da anni vi è una importante Giunta di centro sinistra e un sindaco, Sala, di peso, per il Pd e nel centro sinistra non solo milanese.
Ecco perché ritengo utile segnalare l’iniziativa dei sindacati inquilini milanesi, tutti i sindacati: Unione Inquilini, Sicet, Sunia, Asia e Conia, che hanno lanciato un appello che ha un valore politico molto importante e non solo per Milano. L’appello lanciato dai sindacati inquilini è in realtà un j’accuse rispetto alle scelte dell’Amministrazione comunale e già dal titolo se ne comprende la portata: “Case popolari: i fondi immobiliari sono un problema non la soluzione”.
Tutto nasce l’11 gennaio 2024, quando la Giunta di Milano con delibera 28 del 2024 ha avviato la collaborazione con Invimit SGR per istituire fondi di investimento per la valorizzazione, la gestione e l’implementazione del patrimonio abitativo comunale presente e futuro (ERP e ERS). Si tratta del patrimonio di case popolari, a Milano, composto da 28.000 alloggi. Alloggi che in passato sono riusciti a rispondere a molte famiglie in situazione di emergenza abitativa. Milano ha vissuto fasi impegnative dal punto di vista abitativo, dalla emigrazione interna negli anni 60 agli sfratti per finita locazione degli anni 80. In alcuni casi il ruolo del Comune è stato fondamentale per la nascita di interi quartieri, in altri la presenza di un limitato numero di alloggi popolari in quartieri ormai trasformati garantisce una piccola ma fondamentale quota di mix sociale.
A Milano le case popolari rappresentano un patrimonio che ha già perso migliaia di alloggi in seguito a piani vendita, già oggi è assolutamente insufficiente a dare una risposta alle famiglie che fanno domanda di casa popolare, infatti in media solo il 3% delle famiglie ottengono una assegnazione. A Milano gran parte delle famiglie in case popolari hanno un Isee inferiore ai 15.000 euro. Altre migliaia di famiglie sono in condizioni di povertà assoluta. Nei quartieri di case popolari, recita l’appello dei sindacati, non ci sono solo alloggi ma anche spazi per usi diversi che spesso ospitano Associazioni di volontariato e di impegno sociale e culturale e negozi di prossimità che non potrebbero trovare spazio nel libero mercato.
L’appello dei sindacati afferma che il percorso delineato dal Comune di Milano modificherebbe non la gestione del patrimonio (che resterebbe a MM spa) ma la proprietà del patrimonio che attraverso Invimit passerebbe direttamente ai fondi di d’investimento. Invimit è una società che, seppur al 100% del Mef, è di diritto privato, finalizzata a cogliere le opportunità derivanti dai processi di valorizzazione e dismissione del patrimonio immobiliare pubblico operando con logiche di mercato. L’intero patrimonio pubblico sarebbe dunque messo a rendita.
Ma non risulta, ai proponenti dell’appello, che si stiano calcolando le ricadute sociali di questo processo. Anche se dovesse mantenere quote rilevanti dei fondi, il Comune, ne perderebbe nei fatti il controllo. I fondi d’investimento rispondono prioritariamente al rendimento annuale programmato.
La domanda dei sindacati inquilini milanesi sorge spontanea: in queste condizioni quali garanzie possono avere gli inquilini coinvolti in programmi di vendita e mobilità forzosa? E gli inquilini fragili, che si trovano in una condizione di morosità incolpevole? Quali spazi sociali e commerciali a costi accessibili saranno garantiti nei quartieri popolari? Quale futuro, per la programmazione di risposte adeguate alle migliaia di famiglie che ogni anno fanno domanda per casa popolare? Quale segnale si lancia a Regione Lombardia che già prevede l’incremento delle valorizzazioni nel patrimonio Aler e che si appresta a scrivere il regolamento di modifica dei canoni con aumenti per gli inquilini delle case popolari?
Con tali premesse le organizzazioni sindacali degli inquilini concludono l’appello, senza mezzi termini e senza mediazioni, chiedendo al sindaco Sala, all’Assessore Maran, all’Assessore Bertolè, ai Consiglieri comunali di interrompere questo percorso e di aprire un confronto vero nella città, coinvolgendo gli inquilini delle case comunali, i municipi, i sindacati, le associazioni che operano nelle periferie, le Università, per restituire il valore sociale al patrimonio pubblico, fondamentale per la Città, il cui futuro non può essere appaltato a una “due diligence”.
Attenzione si parla di Milano ma è un tema nazionale. Si tratta di fare chiarezza nel centro sinistra se svoltare verso politiche abitative pubbliche o abbracciare definitivamente valorizzazioni del patrimonio pubblico che rappresentano di fatto la possibile esclusione dal diritto alla casa di migliaia di famiglie milanesi e non. La Giunta di Milano e in maniera più ampia le forze politiche che la sostengono sapranno invertire le scelte? Per aderire all’appello: unioneinquilinimilano@cub.it