"Oggi faccio la stessa fatica di quando ho cominciato", ammette Re Giorgio. "Quarant'anni dopo, lavoro con le stesse sensazioni perché ancora non mi riconosco nella moda che vedo in giro"
Giorgio Armani chiude come da tradizione l’ultima giornata della Milano Fashion Week e, quando al termine della sua sfilata si siede a parlare con i giornalisti, tira le somme di questa Settimana della Moda milanese e, con grande generosità, non si tira indietro davanti a nessuna domanda. Neanche quando gli viene chiesto un parere su Giorgia Meloni e sul suo governo: “Credo che Giorgia Meloni abbia due attributi abbastanza robusti – dice lo stilista -. Non ce li ha, ma è come se ce li avesse. Sulla politica e le strategie che mette in atto non sono così competente, quindi non mi esprimo. Ma mi secca a volte vederla così piccolina e minuta, negli incontri formali in Europa, in mezzo a tanti signori statuari ed eleganti, e lei con la sua giacchetta. Ha un bellissimo viso, ma è il carattere che conta”.
Quindi, tornando a parlare di moda, Giorgio Armani non nasconde la fatica di lavorare con questi ritmi e questa concentrazione di appuntamenti, dato che – a dispetto del nome – la Settimana della Moda di Milano si concentra sostanzialmente in cinque/sei giorni: “Ho scritto una lettera alla Camera della Moda”, annuncia, “vedremo se cambierà qualcosa”. Ma a prosciugarli le energie è soprattutto la consapevolezza di non aver nulla a che spartire con ciò che si vede in giro, in città ma soprattutto sui social: “Io sono io, gli altri sono gli altri. Oggi faccio la stessa fatica di quando ho cominciato. Allora c’erano i giovani di Carnaby Street e, non riconoscendomi in quello stile, portai alla ribalta i miei pantaloni larghi e le giacche destrutturate. Oggi, quarant’anni dopo, lavoro con le stesse sensazioni perché ancora non mi riconosco nella moda che vedo in giro“, ammette lo stilista. D’altra parte, lui in tutti questi anni ha fatto della coerenza la sua identità e dell’eleganza la sua cifra stilistica e oggi, alla soglia dei novant’anni, inizia a sentire il peso di portare avanti certe scelte. “Essere coerenti con il proprio pensiero estetico costa tanta fatica – riconosce ‘Re Giorgio’ -. Ogni giorno mi scontro con la realtà e a volte anche con i miei stessi collaboratori. La frase ‘è di moda’ la vorrei abolire, detesto quel termine. Ditelo alle persona quanto è difficile mettere insieme una collezione in questo momento storico in cui succede di tutto e noi, ormai assuefatti, accettiamo passivamente ogni cosa. Lo detesto, ma anche il mondo della moda è diventato così. Io sono stufo di vedere una matta che gira in mutande in via Montenapoleone a Milano. Donne trasformate – precisa lo stilista – in un oggetto del desiderio e se c’è un 50 per cento degli uomini che le ama così, c’è un 50 che dice di no. Quando creo la mia moda penso sempre a donne che posso incontrare ovunque e non fra eccitazioni intellettuali e sessuali. Penso a donne coerenti con il loro volto. Continuiamo ad accettare tutto, ma io non ci sto“.
Donne come Gina Di Bernardo, volto intramontabile delle campagne pubblicitarie scattate da Aldo Fallai tra gli anni ’80 e ’90 che oggi ha aperto la sfilata di Giorgio Armani. “Fiori d’inverno” è il fil rouge che lo stilista ha scelto per l’Autunno/Inverno 2024-25, disegnando una collezione che un’ode alla bellezza e alla forza della Natura. Fiori colorati che sbocciano anche nel cuore dell’inverno impreziosiscono gli abiti scuri, simboleggiando la speranza e la ricrescita che, nonostante le avversità, la vita può sempre donare. “Per fare questi fiori ci ho messo otto mesi, dico otto. E comunque ancora non sono del tutto contento. Di sicuro cambierò di nuovo qualcosa”, chiosa il signor Armani. Sono abiti magnifici , in cui i ricami floreali non solo aggiungono luce e colore ai velluti scuri ma diventano messaggeri – neanche troppo metaforicamente – di speranza, perché nel cuore dell’inverno annunciano l’arrivo di una stagione migliore. Armani li dedica “alle donne vere, quelle che incontro per strada e che non hanno bisogno di esagerazioni o esasperazioni”.
Le forme aeree e fluide dei capi sottolineano questa delicatezza, mentre la palette di colori, dai blu notturni ai verdi scuri, si illumina grazie al bagliore dei velluti, del raso e delle sete tecniche. Il bouclé in morbida lana e i ricami di libellule, simbolo di speranza, completano il quadro. La silhouette è verticale e leggera: giacche con maniche svasate, lunghi cappotti e pantaloni fluidi creano una figura slanciata e poetica. Di sera, gli abiti lunghi e preziosi da alta moda esaltano la femminilità con un tocco di romanticismo. Le modelle incedono sulla passerella disegnando una coreografia floreale che celebra la vita, la Natura e il talento inconfondibile del maestro della moda italiana. Ma questa sua celebrazione della forza della Natura vuole essere anche un monito: “Sono preoccupato – conclude Armani – perché non si guarda abbastanza il mondo e non si salvaguarda il suo futuro. Il nostro pianeta ci garantisce la vita, invece noi viviamo come se non ci appartenesse”.