E adesso dopo aver visto degli agenti di polizia manganellare a più non posso degli studenti inermi come li porto in classe i poliziotti a insegnare l’educazione alla legalità? Come posso, da maestro, organizzare in una scuola, abitata da bambini e ragazzi, un incontro con degli agenti che portano la stessa divisa di quelli che hanno spaccato il naso a quella loro compagna poco più grande che era scesa in piazza proprio a fare quello che gli insegniamo ovvero prendere voce, manifestare, essere intelligenze critiche? Come faccio dopo che persino il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (la cui foto è appesa nelle nostre scuole) ha detto che quelle botte da orbi sono state “un fallimento”, a dire ai miei alunni di avere fiducia nella polizia?

Ho sempre lavorato affinché i miei studenti avessero ben chiaro che il lavoro delle forze dell’ordine è prezioso perché sono custodi della Legge, perché quelle loro divise rappresentano lo Stato. Sono stato più volte in un commissariato di polizia in viaggio d’istruzione per far vedere ai miei alunni, l’impegno di chi ogni giorno rischia la propria vita per noi cittadini. Ho educato i miei ragazzi ad avere rispetto per quegli uomini e quelle donne che compiono il loro dovere garantendo la democrazia nel nostro Paese.

Ma ora che dirò ai miei alunni quando mi chiederanno come fanno spesso: “Maestro hai visto cosa è successo a Pisa? Perché i poliziotti hanno picchiato i ragazzi?”.

Risponderò loro con le parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che “saranno valutati gli errori commessi”? Dirò loro che rompere le ossa a dei minorenni in Italia può essere un errore come sbagliare un verbo, una tabellina? Spiegherò loro che la polizia voleva evitare che i ragazzi arrivassero davanti all’ambasciata americana e per fare ciò hanno deciso di picchiarli e non potevano fare altro?

Mi auguro che proprio questi agenti che hanno alzato i manganelli contro i ragazzi chiedano perdono agli stessi studenti. Spero che se non lo faranno loro, ci sarà qualche mio amico poliziotto che si vergogna del comportamento dei sui colleghi e dirà pubblicamente: “Ragazzi, studenti, vi chiediamo perdono”. E magari spiegherà anche perché l’ha fatto. Chi gli ha detto di alzare quegli scudi, quei manganelli. Solo così, io educatore, potrò continuare a fare il mio lavoro certo di poter dire ai miei bambini, cittadini di oggi e di domani, che viviamo in uno Stato democratico dove se un giorno scenderanno in piazza a manifestare, come gli ho insegnato rispettando l’articolo 21 della Costituzione, incontreranno agenti di polizia e carabinieri che saranno lì per garantire loro di esprimersi, per evitare infiltrati, per spegnere ogni eccesso possibile in una manifestazione.

Oggi temo, invece, che quelle botte servano – come quelle a Genova – perché sempre meno persone, meno giovani, scendano in piazza. Manganellate utili per auto-censurarsi, per fare in modo che qualcuno domani dica: “Ma chi me lo fa fare di scendere in piazza a prenderle?”.

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