di Stefano Briganti

Dopo ottant’anni l’Europa annuncia una nuova guerra. Una guerra che avverrà tra cinque-otto anni (B. Pistorius, ministro della Difesa tedesco) all’interno di un conflitto con la Russia che durerà decenni (Stoltenberg, segretario Nato) e che vedrà coinvolti i paesi europei dell’Alleanza Atlantica (Borrell, ministro degli Esteri Ue).

A questa guerra annunciata l’Europa ha già iniziato a lavorare affinché, quando si creerà il casus belli, tutto e tutti siano pronti. Si dovrà prendere tempo per preparare le opinioni pubbliche all’ “inevitabile conflitto con la Russia” (B. Pistorius dixit), per questo bisognerà continuare con la narrazione che la Russia attaccherà senza dubbio un paese Nato. Non si presta a interpretazioni la dichiarazione di Borrell a Monaco: “Dobbiamo prepararci per un lungo periodo di tensioni con la Russia che potrebbe essere tentata a fare provocazioni politiche e militari contro Paesi della Nato”.

Ai nostri decisori non occorre argomentare sui motivi che dovrebbero spingere la Russia ad un passo di tale portata; è sufficiente ripetere che avverrà, sedare fastidiose “tendenze pacifiste” e basta. Ovviamente con quel “prepararci” di Borrell, non si intende lavorare a iniziative di sicurezza comune con la Russia per disinnescare le tensioni evitando provocazioni, ma lasciare che avvengano per rispondere con la guerra. Tutto lascia pensare che gli Usa gradualmente ridurranno il loro peso militare nella Nato per concentrarsi sull’indopacifico in funzione anti-Cina, perciò l’Europa dovrà armarsi molto più di quanto già faccia oggi. A medio termine, si potrebbe pensare che il vuoto lasciato dagli Usa (cosa già anticipata da Trump), verrà colmato dalle rinnovate forze militari dei vari paesi e, con la struttura operativa della Nato, si costituirà quell’esercito Ue di cui si parla con sempre maggior vigore da mesi.

Questo processo è già iniziato e lo vediamo dalle dichiarazioni di Ursula von der Leyen a Monaco e in quelle di Stoltenberg che chiama gli Stati membri Nato a passare da una industria bellica da tempo di pace ad una da tempo di guerra. L’Ucraina non potrà entrare nell’Alleanza Atlantica fintanto che dura il conflitto ed è per questo che sono stati firmati gli accordi bilaterali tra Paesi europei e l’Ucraina: Francia, Germania, UK. Anche l’Italia, nel silenzio quasi generale ha firmato questo impegno. Nel testo dell’accordo decennale tedesco che si può trovare sul sito governativo e che verosimilmente sarà anche quello italiano (non pubblicato), al capitolo: “Future aggressioni” si legge tra l’altro: “La Germania intende fornire un supporto incrollabile all’Ucraina.. per ristabilire la sua integrità territoriale… fornirà all’Ucraina assistenza di sicurezza continuativa ed armi moderne in tutti i campi necessari”.

Immaginiamo ora che si giunga ad un accordo che preveda una qualche forma di cessione territoriale ucraina (cosa non improbabile) portando ad una tregua altamente instabile tra Russia e Ucraina (certamente non pace e stabilità). La “inevitabile guerra” verosimilmente partirà dall’Ucraina perché questa rimarrà l’area più instabile e conflittuale nei rapporti tra la Russia e l’Europa.

La storia dell’ultimo secolo indica che in un contesto di conflitto latente, un casus belli può essere costruito per lanciare una guerra. Basterà che si venga a creare una situazione per cui la Russia reagisca e l’Ucraina riterrà violato l’accordo reclamando i territori ceduti. In base agli impegni firmati, i paesi firmatari saranno chiamati ad intervenire immediatamente al fianco di Kiev. Un coinvolgimento diretto nel conflitto che darà il via alla “inevitabile guerra” russo – europea che a quel punto non sarà più solo sui campi ucraini. Tajani assicura che il nostro accordo non ha “valenza giuridica” ma è ridicolo credere che si possa opporre questo distinguo per non ottemperare agli impegni di fronte a Kiev.

Così l’Italia è stata legata non solo a questa guerra ma anche a quella futura annunciata con la Russia.

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