“Un intervento per l’emersione del lavoro domestico”. Il ministro del Lavoro Marina Calderone ha così introdotto la nuova iniziativa per gli anziani non autosufficienti del governo Meloni: l’esonero per due anni dal pagamento dei contributi per le badanti assunte o stabilizzate tra il primo aprile 2024 e il 31 dicembre 2025. La misura, introdotta nel dl Pnrr, vale al massimo 3mila euro l’anno a persona ed è destinata ai soli ultraottantenni con invalidità accertata e relativo assegno di accompagnamento, che abbiano un Isee inferiore ai 6000 euro. In pratica gli stessi 25mila anziani ai quali il mese scorso il governo ha deciso di attribuire per due anni un assegno di cura di 850 euro, in aggiunta all’accompagnamento. Che però esiste già in altre forme in molte regioni d’Italia ed è destinato a persone con un Isee ben più alto del tetto di 6.000 euro.

Anche perché un invalido al 100% con un Isee di 6.000 euro, specialmente se è solo, può fare ben poco e non c’è mancia che tenga: con 600 euro al mese di pensione minima e nessun altro famigliare, il tetto è già superato. Non a caso, in tutt’altro contesto, la soglia è la stessa per cui anche gli occupabili hanno diritto a un sostegno economico. Facendo due conti della serva, anche aggiungendo l’accompagnamento di 530 euro e gli 850 euro del bonus della riforma anziani, che comunque partirà nel 2025, si arriva a 1.980 euro al mese. Più l’affitto da pagare, la spesa, le bollette e tutte le altre necessità di una persona non autosufficiente. Ma una badante non formata addetta a una persona non autosufficiente, in regime di convivenza per sole 25 ore la settimana (5 ore al giorno su 5 giorni), costa circa 1.150 euro al mese inclusi ferie, ratei di tredicesima e di tfr, oltre al vitto, mentre i contributi sono di circa 130 euro al mese. Quindi per una copertura part time 5 giorni su 7, all’anziano restano poco più di 800 euro per pagare una casa che deve avere almeno due stanze da letto e tutte le spese.

Il tutto per uno sgravio contributivo di circa 1.500 euro l’anno. Per arrivare ai 3.000 euro stanziati, il numero di ore deve raddoppiare e con esso inevitabilmente i costi per l’assistenza. Ma così l’elastico, già oltre il limite, si spezza. Questo significa che difficilmente la platea dei destinatari sarà nelle condizioni di godere dell’aiuto previsto, per il quale vengono stanziati 136 milioni di euro in due anni attingendo al programma nazionale Giovani, donne e lavoro 2021-2027. Sarà già tanto se gli anziani in questione riusciranno a beneficiare di metà dello sgravio, che significa 125 euro al mese ciascuno.

“Ovviamente ci ricolleghiamo agli interventi già fatti sulla legge delega anziani e sul decreto attuativo”, ha chiarito Calderone a scanso di equivoci, parlando anche della volontà dell’esecutivo di “qualificare e rendere maggiormente evidente l’attività di cura della persona che viene svolta in Italia”. Poi la nebbia: il ministro ha parlato di aumentare “fino a 3.000 euro invece dei 1.549,37 euro previsti dalla normativa fiscale, la soglia di sgravio per gli obblighi contributivi per il personale domestico”. Ma i 1549,37 euro non sono uno sgravio, sono una detrazione fiscale della quale per altro difficilmente una persona con 6.000 euro di Isee potrebbe beneficiare. Un po’ come mescolare le pere e le mele. Non male per un consulente del lavoro.

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