Non può più vincere lo scudetto, ma nemmeno scivolare fuori dalle prime quattro. È decisamente inferiore all’Inter, e quel 5-1 dell’andata sta lì impresso in maniera indelebile a ricordarlo. Però è anche troppo superiore alle varie Atalanta, Bologna e Roma per temere concretamente di essere raggiunta. Non può guardarsi in avanti o alle spalle, non gioca malaccio, ma neppure così bene. Che senso ha il campionato del Milan? La squadra di Stefano Pioli si ritrova in uno strano limbo, che riguarda il presente e indirettamente pure il futuro, e tocca inevitabilmente da vicino la posizione del suo allenatore. Fuori dalla corsa scudetto, eliminato già al girone (benché di ferro) in Champions League, i giudizi sulla stagione rossonera ad oggi sono inevitabilmente negativi, ma forse anche un po’ ingenerosi. A guardar bene i numeri, l’andamento in campionato è dignitoso: il Milan ha 5 punti in più dello scorso anno, solo 3 in meno del 2022, l’anno dello scudetto.
È vero che in estate sono stati spesi quasi 100 milioni, a fronte della sola cessione di Tonali, e che la rosa è stata rinforzata, ma ha anche cambiato tanto e non tutti gli acquisti sul mercato sono stati indovinati (bene Pulisic e Loftus–Cheek, così così Reijnders, male Chukwueze, inspiegabile Okafor, per non parlare dei buchi non colmati in difesa, regia e attacco). In una stagione falcidiata dagli infortuni, che per carità non potranno essere solo un caso, il Milan sta comunque facendo il suo, blindando la qualificazione in Champions che è sempre stato l’obiettivo minimo dichiarato dalla società. Se oggi è così lontano dalla vetta, è più per meriti altrui (la marcia inarrestabile dell’Inter, simile a quella del Napoli dell’anno scorso), che per demeriti propri. Il recente scivolone di Monza, frutto di un turnover sconsiderato che ovviamente ha attirato a Pioli diverse critiche, si spiega anche con questa strana situazione di classifica. Il pareggio con l’Atalanta, che ha ulteriormente ampliato il divario dall’Inter, è arrivato comunque al termine di una buona prestazione che ha confermato la superiorità rispetto alla prima inseguitrice.
Il calcio però è soprattutto emozione e il Milan si ritrova di fatto senza obiettivi concreti a febbraio, con quattro mesi davanti ancora da giocare con chissà quali motivazioni, perché il secondo posto occupato dalla Juve vale giusto qualche milioncino di ricavi. Probabilmente proprio da ciò dipende il pessimismo che si respira in casa rossonera. Per paradosso se la squadra fosse andata peggio, e si trovasse ora coinvolta nella lotta Champions, i giudizi sarebbero più severi ma forse l’ambiente si sentirebbe più vivo. Invece è sprofondato in questa sorta di depressione sportiva, dove è difficile fare la tara alla delusione dei tifosi, che non vedono l’ora di silurare Pioli e aprire un nuovo ciclo con Conte o chi per lui, e dare una valutazione serena alla stagione. Se il campionato non permette di farlo, lo spartiacque tra il successo e il fallimento diventa l’Europa League. La seconda coppa continentale, che non sarà la Champions ma ha comunque un suo valore, e per altro i rossoneri non hanno mai vinto, è a questo punto il vero e unico obiettivo del Milan. Vincerla, o almeno arrivare alla finale di Dublino, darebbe un senso a una stagione altrimenti condannata alla mediocrità. Che il Milan non può permettersi. E nemmeno Pioli.