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Biden, tregua a Gaza “entro lunedì”. E annuncia: “Non si combatterà per il Ramadan”. Hamas e Israele: “Inspiegabile ottimismo”

Israele e Hamas nei giorni scorsi hanno parlato rispettivamente di piccoli progressi e di “accordo ancora lontano“. Ma un’iniezione di ottimismo in chi spera in un cessate il fuoco, o almeno una tregua duratura nella Striscia di Gaza, arriva dal presidente americano Joe Biden. Il principale alleato di Tel Aviv ha infatti dichiarato, nel corso di un evento elettorale a New York, che spera di arrivare a un cessate il fuoco entro lunedì, per la precisione “entro la fine del weekend”. Affermazioni che, però, fonti di Hamas definiscono “premature“, dato che il gruppo non ha ancora ricevuto alcuna “proposta formale” per un accordo “complessivo” sul cessate il fuoco dopo i colloqui di Parigi. Lo stesso vale per Tel Aviv: non si capisce “su cosa si basi l’ottimismo” del presidente, hanno detto fonti israeliane citate dai media. Anche Benjamin Netanyahu si è detto “sorpreso” dalle parole di Biden.

Questo perché si avvicina il mese sacro di Ramadan, che inizierà il 10 marzo, data entro la quale le parti puntano ad arrivare a un accordo sulla tregua, il rilascio degli ostaggi e dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane per poter garantire il rispetto delle celebrazioni per i musulmani. Quella che fino a oggi è stata presentata come una speranza, o come un obiettivo da perseguire, oggi sembra una certezza, almeno ad ascoltare il presidente americano: “Israele cesserà le operazioni a Gaza durante il Ramadan”, ha detto precisando che lo stop fa parte delle condizioni previste da un accordo di cessate il fuoco in fase di negoziazione. “Il Ramadan si avvicina e gli israeliani hanno concordato di non impegnarsi in attività durante il Ramadan in modo da darci il tempo di liberare tutti gli ostaggi”, ha aggiunto in un’intervista alla Nbc.

Intanto, le operazioni vanno avanti e i fronti aperti sono molteplici. C’è quello a Nord, al confine con il Libano, dove Hezbollah ha lanciato 40 razzi verso il territorio israeliano facendo scattare le sirene d’allarme. Il partito armato libanese ha motivato l’azione “in risposta agli attacchi su Baalbeck e sul Monte Jarmak“.

Mentre nel Mar Rosso gli Houthi hanno sabotato quattro cavi di comunicazione sottomarini tra l’Arabia Saudita e Gibuti, secondo un report del sito di notizie israeliano Globes. I danni stanno causando gravi interruzioni delle comunicazioni globali Internet tra Europa e Asia, in particolare nei paesi del Golfo e in India. Secondo il Globes, si stima che il danno alle attività di comunicazione sia significativo ma non critico perché altri cavi passano attraverso la stessa regione collegando Asia, Africa ed Europa e non sono stati colpiti. La riparazione di un numero così elevato di cavi sottomarini potrebbe richiedere almeno otto settimane e comporterebbe l’esposizione al rischio di attacchi da parte degli Houthi. Le società di telecomunicazioni saranno costrette a cercare aziende disposte ad eseguire i lavori di riparazione e probabilmente a pagare lun premio di rischio elevato. Una notizia che viene però smentita dai vertici del gruppo che governa alcune aree dello Yemen.

La reazione americana non si è fatta attendere e nella notte la flotta impegnata nell’operazione congiunta con la Gran Bretagna ha distrutto tre navi di superficie senza equipaggio e due missili da crociera antinave pronti a essere lanciati verso il Mar Rosso dalle aree dello Yemen controllate dal gruppo sostenuto dall’Iran. Il Centcom aggiunge di aver distrutto un drone che si trovava sul Mar Rosso: le armi “rappresentavano una minaccia imminente per le navi mercantili e le navi Usa nella regione – hanno spiegato – Queste operazioni servono per proteggere la libertà di navigazione e rendere le acque internazionali più sicure per la Marina Usa e le navi commerciali”.