I conti dell’Ilva finiscono nel mirino della procura di Milano. C’è un fascicolo sui tavoli dei magistrati – l’aggiunto Laura Pedio e il pm Pasquale Addesso – riguardo alla situazione finanziaria di Acciaierie d’Italia, la società che ha gestito il siderurgico e recentemente finita in amministrazione straordinaria: al momento non ci sono ipotesi di reato né indagati. Ma la situazione potrebbe evolversi nel giro di pochi giorni. Davanti al Tribunale fallimentare di Milano pendono infatti la richiesta di stato di insolvenza della società, proposto dal socio di minoranza Invitalia, e la richiesta di concordato in bianco avanzata invece dal management di AdI. La pronuncia della giudice Laura De Simone potrebbe trasformare il fascicolo esplorativo in un’inchiesta con l’ipotesi di reato di bancarotta.

Pedio ha partecipato alle udienze davanti al Tribunale fallimentare e ha chiesto che per tutto il gruppo – comprese le controllate AdI Energia, AdI Servizi Marittimi e AdI Tubiforma – vengano disposte, così come chiesto dai legali dell’ad uscente Lucia Morselli, misure protettive a tutela del patrimonio dall’aggressione dei creditori. Una protezione che, per la procura, potrebbe essere messa in atto anche con un’amministrazione straordinaria disposta per tutto il gruppo. Se nei prossimi giorni, come possibile, il Tribunale fallimentare dichiarerà l’insolvenza di Acciaierie d’Italia, a quel punto scatterà, come previsto in questi casi, un’inchiesta con l’ipotesi di reato di bancarotta con accertamenti sulla gestione negli ultimi anni dell’Ilva.

Come già emerso in aula durante la discussione sulla richiesta di composizione negoziata della crisi chiesta dalla stessa Morselli, Acciaierie d’Italia ha 3 miliardi di debiti (uno dei quali “futuribile” per l’acquisto degli impianti) di cui oltre 500 milioni già scaduti e altre centinaia di debiti infragruppo. L’esperto indipendente Cesare Giuseppe Meroni, nominato proprio per valutare il piano presentato dalla società, aveva valutato che la società “non disponga di una disponibilità di cassa nemmeno sufficiente ad assicurare la continuità aziendale per il solo mese di febbraio”.

Il giudice Francesco Pipicelli aveva poi rigettato in toto le richieste di Morselli, espressione del socio privato ArcelorMittal, definendo il piano come “inidoneo a superare la crisi”. Una “prognosi positiva” sulla possibilità di risanamento con la composizione negoziata “non pare sussistere”, aveva scritto nell’ordinanza: “La situazione finanziaria attuale, l’assenza di disponibilità di soci o di terzi a rifinanziare – si leggeva – non sembrano consentire all’impresa ricorrente di avere una liquidità di cassa a breve per l’acquisto di materie prime e per la stessa sopravvivenza della continuità aziendale diretta, per un tempo limitato idoneo a condurre le complesse trattative con un ceto creditorio variegato e multiforme”.

Poche ore dopo era stata avviata dal ministero delle Imprese la procedura di amministrazione straordinaria e a breve il commissario Gianluca Quaranta verrà affiancato da altri due specialisti (probabilmente due commercialisti) e si avrà un quadro più definito dei conti disastrati dell’ex Ilva e un quadro chiaro di come si sia arrivati in questo stato nel corso della gestione di Mittal con l’elenco di tutte le uscite. Ed è probabile che i commissari non saranno gli unici ad approfondire il profondo rosso della società.

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