Quando parla, Luca de Meo non lo fa mai a caso. È scientifico, esattamente come quando disegna le strategie dei costruttori che lo scelgono per lavorare. E …l’enciclica inviata da Ginevra “urbi et orbi” , dove con la sua Renault ha monopolizzato un Salone ridotto ai minimi termini, contiene tanti messaggi per il mondo dell’automotive. Tutti con lo stesso comun denominatore: “We can” , “noi possiamo”.
E se quel “we can” si riferisce alla Renault 5 elettrica appena presentata, il modello che a proposito di democratizzare vuole rendere accessibile l’elettrico in tutta Europa, è applicabile per qualsiasi cosa: “L’operazione dimostra che l’industria automobilistica europea è all’altezza delle sfide che vengono da Est (Cina) e da Ovest (Usa). Il made in Europe è possibile anche per l’auto elettrica. Se abbiamo realizzato in soli tre anni la nuova Renault 5 E-Tech Electric, se siamo in grado di assemblarla in meno di dieci ore negli stabilimenti francesi di Ruiz, Douai e Cleon, questo significa che la grande sfida è cominciata e promette bene”.
Con una premessa del genere, non poteva arrivare il primo dei messaggi nella… bottiglia. Che tra l’altro ha il grande pregio di aggirare qualsiasi domanda su quella che è stata definita giorni fa una “speculazione”, cioè la possibile trattativa per un’alleanza con Stellantis. De Meo replica con un proposta intelligente, come sempre. “Se vogliamo essere competitivi anche nella produzione di piccole auto, dobbiamo fare sistema in Europa, tornare a un mix equilibrato fra vetture premium e auto di piccola taglia. Tutti i costruttori si stanno spingendo verso l’alto di gamma, ma Renault vuole dimostrare che con le strategie giuste si possono produrre in Europa automobili, anche elettriche, dal costo contenuto. Non auspico chissà quali alleanze, ma noi abbiamo una piattaforma nativa elettrica ed eclettica. Se qualcuno vuole condividerla o adottarla siamo a disposizione. È necessario fare sistema per contenere l’onda d’urto dei cinesi. Per guadagnare produttività rispetto a loro dobbiamo fare in un’ora quello che i nostri concorrenti orientali fanno in otto e puntare sui nostri punti di forza: sviluppo del prodotto, manifacturing e logistica”.
L’idea, nel concreto, è quella di creare una sorta di consorzio, tipo Airbus, delle Case automobilistiche europee per competere con la concorrenza cinese e rendere davvero accessibili alla massa i veicoli elettrici, sfruttando appunto piattaforme già pronte: “Dobbiamo essere creativi per trovare una soluzione. I partner possono condividere gli investimenti e ridurre i costi come l’Airbus” che, lo ricordiamo, combatte con la Boeing, il maggiore produttore di aerei di linea al mondo e tra gli azionisti ha i governi francese, tedesco e spagnolo.
L’esempio gli viene facile, perché ce l’ha in casa: «Alla fine – aggiunge – è quanto succederà anche con la futura Twingo elettrica che nascerà sulla stessa piattaforma rivisitata usata per la Renault 5, cioè la AmpR Small, con un risparmio di costi capace di contenere il prezzo sotto i 20 mila euro». Il progetto Twingo di Renault, annunciato lo scorso autunno con la creazione di Ampere, l’azienda autonoma di Renault che si occupa di veicoli elettrici “…richiederà due anni per passare dal “congelamento del concetto” – il design finale – all’avvio della produzione. Un lasso di tempo che è stato ridotto da quattro anni a tre con la Renault 5, e ora a due, al fine di competere con i concorrenti cinesi. La velocità è importante contro i cinesi. Viviamo in un mondo incerto. In passato, con le auto a combustione interna, si poteva prevedere cosa sarebbe successo. Ma se si continuano a impiegare quattro o cinque anni per reagire, è troppo tardi”.
“La sfida”, ha continuato de Meo, che è anche presidente dell’Associazione che raggruppa le Case auto europee a Bruxelles , “è quella di creare una catena di valore in Europa che comprenda batterie, motori elettrici ed elettronica, proprio come ha fatto la Cina con il sostegno del governo. L’obiettivo è rifornirsi di tutto in Europa a un prezzo competitivo”. Utilizzando, per fare un esempio, batterie al litio ferro fosfato (LFP), meno costose.
De Meo poi fa anche un richiamo al passato: «Non sarebbe la prima volta che le Case auto europee collaborano. È successo qualche anno fa su una serie di progetti, tra cui una recente minicar condivisa da Toyota, Peugeot e Citroen. Per non parlare degli anni ’80, quando la piattaforma comune “Tipo 4”, veniva condivisa da Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Saab».
Tornando a Renault 5, De Meo ne parla come di una sua creatura, a tutti gli effetti: «Raccogliamo il frutto di tre anni di lavoro. E questo è solo l’inizio. Perché dopo cinquant’anni restituiamo ai clienti un’auto icona. La prima edizione nata nel 1972 seppe battere l’inflazione e la crisi petrolifera del ’73. Furono vendute 9 milioni di unità in tutto il mondo. È un successo che vorremmo ripetere in questa delicata era di transizione verso un nuovo mondo. Renault 5 aiuterà in modo decisivo a democratizzare l’uso dei veicoli elettrici e a fare volumi importanti: sarа l’elettrica per tutti. La nostra “bambina” accompagnerà verso il futuro milioni di persone e sarà un viaggio bellissimo “.
L’ultimo messaggio è profondamente politico, al netto delle assenze di massa al salone ginevrino da parte degli altri Costruttori: «Purtroppo manca una vera politica industriale e ciascuno corre verso la scadenza del 2035 con investimenti e obiettivi diversi. Noi vorremmo più chiarezza sulla neutralità tecnologica, chiediamo un tavolo di confronto con tutte le componenti del futuro mondo elettrico e un ridimensionamento del costo dell’energia che in Italia è due volte superiore agli Stati Uniti e tre alla Cina. Non chiedo incentivi o sovvenzioni ma una politica fatta di scelte coerenti e un’Europa disposta fare sistema. Io ci credo, anche se quello che arriva da Ginevra non è un bel segnale. Quanto all’Unione Europea, le elezioni e il nuovo Parlamento non possono cancellare la decisione del 2035, quello dello stop alla produzione e vendita dei motori endotermici. I costruttori hanno già investito decine di miliardi, tornare indietro sarebbe un errore gravissimo. Non si può rifiutare il progresso. Concordo che l’elettrico non sarà il 100% nel 2035, sarà quello che riuscirà ad essere, ma sarà comunque una tecnologia dominante».