Politica

Renzi e Calenda uniti solo dall’irrilevanza: si dividono anche sulla lettura della disfatta in Sardegna. Iv esulta, Azione ora apre al M5s

Si sono voluti contare di nuovo ma il risultato è, ancora una volta, che contano assai poco. Cancellati dalla cartina del Consiglio regionale, il giorno dopo sono riusciti a dividersi anche sulla lettura della disfatta. In Sardegna l’area di centro non centra il 10% e farà opposizione dai social, la piazza migliore dove i due capi esercitano la loro leadership. L’operazione Soru è stata una caporetto e adesso Matteo Renzi e Carlo Calenda restano uniti solo dall’irrilevanza delle loro creature. Italia Viva aveva imboscato i suoi nelle liste del candidato governatore che ha strappato dopo la decisione dell’asse Pd-M5s di appoggiare Alessandra Todde, Azione ci aveva almeno messo il simbolo insieme a +Europa ma i risultati sono stati al limite dell’umiliante. La lista ha convogliato l’1,5% delle preferenze: un terzo di Alleanza Verdi-Sinistra, addirittura meno del Partito Socialista Italiano che ha anche conquistato un seggio.

Il day after è però visto con lenti assai diverse dai due plenipotenziari del potenziale terzo polo divenuto un centrino. Renzi fa l’ottimista perché la “vittoria oggettiva” dell’alleanza Pd-M5s cementerà l’asse e quindi – udite, udite – “apre uno spazio per chi non vuole l’Italia dei manganelli della destra e non vuole l’Italia dei sussidi del Movimento 5 stelle”. Traduzione: “Il Pd si grillizza, la destra si estremizza, questo per le Europee è uno spazio straordinario al centro”. Il risultato della profezia è dietro l’angolo, basterà aspettare poco più di tre mesi.

Vale giusto la pena ricordare che riguardo a cosa sarebbe accaduto in questo anno, Renzi aveva già fatto la sibilla dando il via alla federazione con Calenda poi naufragata: “Nel 2024 noi primo partito e Meloni a casa”, disse nel dicembre di due anni fa. I tempi cambiano: Azione non c’è più e il leader di Italia Viva va elemosinando i voti di Clemente Mastella per scollinare il 4% e non restare sull’uscio anche al Parlamento europeo. L’importante comunque è mescolarsi con qualcun altro, assemblare vagoni elettorali, affiancare simboli e storie per eludere l’unica domanda che conta davvero: fuori dalle paginate di giornali e dai salotti televisivi, quanto vale Italia Viva a quasi quattro anni dalla sua fondazione?

Più realista Calenda, che, dopo Soru in Sardegna e Moratti in Lombardia, considera chiusa l’esperienza di candidati terzi: “Improponibili”, li definisce in un’intervista all’Huffington Post. Stupefacente la risposta sul futuro, cioè la necessità di ragionare con il M5s di Giuseppe Conte, di cui ha detto peste e corna: “Alle regionali è impossibile fare altrimenti”. Insomma, il “branco di scappati di casa” che “vanno cancellati dalla politica” diventa improvvisamente un interlocutore elettorale. Ma, assicura, si tratterà solo di un dialogo tattico, circoscritto alle competizioni locali dove tanto è appena riuscito a far coppia con Rifondazione Comunista, un modello non replicabile a livello nazionale perché altrimenti “cosa facciamo, decidiamo che dobbiamo stare tutti insieme contro la destra, poi non riusciamo a governare e torniamo al punto di partenza?”. Un giuramento quasi solenne. Per la centesima giravolta c’è tempo.