I fatti accaddero nel 2017, quando l’allora presidente della Camera Laura Boldrini venne ad inaugurare il parco di Latina, rinominato Falcone Borsellino dal sindaco dell’epoca, Damiano Coletta. Ricordo che, sollecitata da alcune colleghe giornaliste di Roma ad essere presente, andai con grande perplessità. E anche tanto timore. Si parlava nei giorni precedenti di pesanti contestazioni in atto. Quando arrivai al Parco mi sembrò tutto tranquillo, la Polizia presidiava le entrate e all’interno era tutto quieto, fino a quando non arrivò lei…

Fischi, urla e improperi l’accolsero. Non venne risparmiato neanche Coletta. Anzi a sentire quanto dicevano alcune persone era lui il traditore. La gente di destra che l’aveva votato non aveva affatto digerito il cambio del nome del Parco. E ai ‘Duce… Duce’ dei più si affiancava anche la parola traditore. I fischi coprirono anche l’Inno nazionale. Si erano scatenati tutti e la Polizia, cercando di non peggiorare la situazione, non intervenne.

La lotta alla mafia in quel contesto si era sovrapposta alla lotta all’apologia e al fascismo.

Non dimentichiamoci poi che qualche giorno prima si era innescata la polemica sui monumenti fascisti. Polemica che era stata così spiegata così dal suo Portavoce, proprio in vista della visita a Latina: “Ci sono persone che si sentono colpite da questo, a volte anche offese. Quando ho accolto i partigiani alla Camera, in occasione del 70esimo anniversario della Liberazione, alcuni di loro hanno evidenziato questo stato di cose dicendo che non accade altrettanto in Germania dove i simboli del nazismo non ci sono più. Questi vecchi partigiani si sentono ancora offesi da questo. Io rispetto la loro sensibilità.” La Presidente Boldrini si è limitata dunque a ricordare il turbamento dei partigiani e a mostrare comprensione per chi ha ridato la democrazia all’Italia.

Ma evidentemente quella spiegazione a molti non arrivò, tanta era la rabbia rivolta a lei, rea di voler distruggere i monumenti di Latina. Ci provò a dire qualcosa in proposito, ma senza successo.

La contestazione non finì però in quel pomeriggio, perché il giorno dopo entrarono in azione i “creativi”. Un giovane pensò bene di realizzare una vignetta con un balilla che urinava su una foto di Boldrini. Postò l’immagine sul profilo Facebook di un sito di informazione e dette la stura a pesanti commenti all’indirizzo dell’esponente democratica da parte di altre persone. Apparvero da altre parti altre vignette a sfondo sessuale e altre offese. L’allora Presidente della Camera denunciò tutti. E l’autore di quel fotomontaggio, gli autori delle vignette e delle foto e anche i commentatori vennero identificati e denunciati.

Dopo il rinvio a giudizio c’è stato il processo, che si è concluso il 27 febbraio con quattro condanne e tre assoluzioni. I condannati dovranno pagare 600 euro di multa ciascuno con la sospensione della pena. I legali hanno annunciato ricorso, ma il reato cadrà in prescrizione il prossimo mese di gennaio.

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