C’è qualcosa che sta rendendo ancora più affascinante, per non dire memorabile, il lungo addio di Jurgen Klopp alla panchina del Liverpool, dopo nove anni indimenticabili: non solo la possibilità di fare un Quadruple leggendario – i Reds hanno appena vinto la Coppa di Lega, comandano la Premier, sono ai quarti di FA Cup e agli ottavi di Europa League -, ma anche i fuochi d’artificio prodotti dal lancio di una banda di giovani talenti.
Gli infortuni che hanno affollato l’infermeria – Alisson, Salah, Nunez, Alexander-Arnold, Szoboszlai, Matip, Mac Allister, Thiago Alcantara, Jota e persino uno dei ragazzi, il centrocampista olandese Gravenberch – hanno infatti costretto il manager tedesco ad affidarsi alle risorse dell’Accademia. Nei minuti finali della finale di Coppa di Lega, conquistata domenica superando 1-0 il Chelsea grazie a una capocciata imperiale di Van Dijk al 118’, la media-età dei Reds è stata inferiore ai 22 anni. Contro il Southampton, nel quinto turno di FA Cup, cinque “boys” nella formazione di partenza: l’esterno basso Bradley, 20 anni, ormai nel giro della prima squadra; il centrale Quansah (21); i centrocampisti McConnell (19) e Clark (19); l’attaccante Koumas (18). In corso d’opera, via libera al sedicenne Nyoni, a Gordon (19) e a Danns (18). L’ultimo, entrato al 63’, è diventato subito protagonista, siglando (73’ e 88’) una doppietta che inserisce il suo nome nei libri di storia Reds. L’1-0, tanto per restare in tema, era stato firmato da Koumas (44’).
Vanno fatte due doverose premesse: la situazione contingente che non dava scelta a Klopp e il lavoro eccellente svolto dall’accademia del Liverpool. Da qualche anno, dopo un periodo di flessione, il settore giovanile dei Reds ha ricominciato a produrre fenomeni. Nel campionato Under 21, la squadra è quinta, con un match da recuperare: in caso di successo, salirebbe al secondo posto, alle spalle del West Ham. L’aspetto interessante, oltre ai cinque milioni di euro del valore della rosa, è la sua composizione: appena sei stranieri in un gruppo di venti. Tra i sei, un ragazzo statunitense di chiara origine italiana, il centrocampista Matteo Ritaccio, già due partite con gli Usa Under 20.
Jayden Damms, che dopo i due gol al Southampton ha detto “ho vissuto il giorno più bello della mia vita”, figlio dell’ex calciatore Neil Danns, è stato arruolato nell’accademia dei Reds all’età di 8 anni. Lewis Koumas, figlio invece dell’ex nazionale gallese Jason, entrò a far parte del settore giovanile del Liverpool undicenne: ha il gol nel sangue (12 con l’Under 21, 5 con l’Under 18 e la rete al Southampton). Trey Nioni, 16 anni e 243 giorni la sera del match di FA Cup, è il terzo debuttante più giovane della storia Reds: il Liverpool lo ha prelevato nel settembre 2023 dal Leicester. Clark è stato invece acquistato dal Newcastle nel 2021: per ribadire che i responsabili del settore giovanile non solo “allevano” talenti, ma hanno una rete di scouting che consiglia buoni affari.
In tutto questo, la mano di Klopp è fondamentale. L’allenatore tedesco ha sempre avuto l’occhio lungo con i giovani e, soprattutto, il coraggio di osare. Il suo modo di fare mette i ragazzi a proprio agio. Klopp sa connettersi bene con il mondo degli Under 20. Come ha rilevato il Guardian dopo il trionfo nella finale di Coppa di Lega, Klopp è un allenatore atipico tra i grandi manager. Con lui i giovani non sono figurine, ma diventano subito calciatori veri. “Riporre fiducia nei ragazzi non è cosa semplice – le osservazioni del quotidiano inglese -. Ci sono sfumature importanti. Un conto è mandarli in campo a fine stagione, altra storia è affidarsi a loro in una finale di Coppa di Lega o in un turno secco di FA Cup. E’ vero che Klopp non aveva margini di scelta, ma lui è riuscito a metterli a proprio agio e a ottenere il meglio, sfruttando energie ed entusiasmo. La vera eredità di Klopp, o una sua parte consistente, sarà proprio questa: lascerà al suo erede un gruppo di giovani formidabile”.