La società che ha gestito l’ex Ilva negli ultimi cinque anni è in stato di insolvenza e vi è una “assoluta assenza di liquidità di cassa” che può compromettere la “sopravvivenza” della società. Il Tribunale fallimentare di Milano ha messo la pietra tombale sul caos creatosi attorno ad Acciaierie d’Italia, la società partecipata da ArcelorMittal e Invitalia che ha in affitto gli impianti, dando il via libera definitivo all’amministrazione straordinaria chiesta dalla stessa Invitalia, socia di minoranza, e già approvata dal ministero delle Imprese. La pronuncia del collegio presieduto da Laura De Simone spalanca anche le porte all’inchiesta penale della procuratrice aggiunta Laura Pedio e del pm Pasquale Addesso che hanno già aperto un fascicolo: ora inizierà a prendere corpo e l’ipotesi più probabile è che si ipotizzi il reato di bancarotta sulla gestione e i conti dell’ex Ilva.
Nel motivare la decisione, il collegio del Tribunale fallimentare scrive che è “irreversibile” la “impossibilità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” e c’è “assoluta assenza di una liquidità di cassa per la sopravvivenza della continuità aziendale diretta”. La situazione di cassa, sottolineano i giudici, “non è in alcun modo contestata dalla società” e “in ogni caso è stata acclarata dall’esperto” Cesare Giuseppe Meroni nel corso della composizione negoziata e “vagliata” dal giudice Francesco Pipicelli che nelle scorse settimane avevano già bocciato due volte le ipotesi di risanamento avanzate dall’ad Lucia Morselli.
Il Tribunale fallimentare di Milano, oltre a dichiarare lo stato di insolvenza di Acciaierie d’Italia, come chiesto anche dal commissario straordinario Giancarlo Quaranta, ha respinto le richieste di Acciaierie d’Italia col socio privato di maggioranza ArcelorMittal che proponeva, in sostanza, un concordato in bianco per tutto il gruppo. I giudici hanno dichiarato “improcedibile” la domanda di concordato perché è stata già aperta la procedura di amministrazione straordinaria e dunque, come prevede il decreto legge del 18 gennaio scorso, non possono essere ammessi altri strumenti di protezione del patrimonio.
Una richiesta di concordato con riserva che, secondo i giudici, non può valere nemmeno per le altre tre società del gruppo – AdI Energia, AdI Servizi Marittimi e AdI Tubiforma – perché i “business” delle quattro società del gruppo sono “interdipendenti”. E anche perché il management è esclusivamente in capo ad Acciaierie d’Italia e sarebbe quindi impossibile gestire un progetto ristrutturazione del gruppo senza la capogruppo. Inoltre, il legale rappresentante delle altre tre è sempre l’amministratrice delegata Lucia Morselli. Le altre tre, però, potrebbero entrare anche loro in una procedura di amministrazione straordinaria di gruppo. Il ministero dell’Economia dovrà valutare eventualmente la domanda di estensione del commissariamento anche alle altre tre società e poi i giudici dovranno, nel caso, dichiarare lo stato di insolvenza anche per queste.
Con la dichiarazione di insolvenza e l’avvio della procedura di amministrazione straordinaria potranno essere concessi dal ministero dell’Economia “uno o più finanziamenti a titolo oneroso” per un massimo di 5 anni fino a un importo di 320 milioni di euro per il 2024. Il primo prestito ponte è quindi dietro l’angolo. “Ora chiediamo che si apra una nuova pagina, che si ridia speranza e fiducia ai lavoratori e alle comunità, mettendo al centro un piano industriale che preveda la tutela ambientale, la piena salvaguardia occupazionale e il rilancio produttivo”, dice il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. “Oggi si chiude l’era di una gestione fallimentare – ha aggiunto – Vogliamo che la procura di Milano faccia piena luce sulla gestione economica dell’ex Ilva, come si è arrivati a questo disastro e accertare se ci sono state condotte penalmente rilevanti”.
La Fiom Cgil chiede di “garantire la continuità produttiva” e “la continuità salariale ai lavoratori” dell’acciaieria. “Se da un lato la sentenza del Tribunale di Milano darà la possibilità di accertare le gravi responsabilità della malagestione dell’azienda e le reali motivazioni che hanno portato alla disastrosa situazione attuale, dall’altra parte si aprono le problematiche che avevamo evidenziato come sindacato quando chiedevamo la salita pubblica”, dice il responsabile nazionale siderurgia del sindacato, Loris Scarpa definendo “urgenti le risorse stanziate e gli investimenti che dovranno essere ulteriormente previsti per la messa in sicurezza degli impianti, dei lavoratori diretti, indotto e appalti e dell’ambiente”.