Tempo fa, navigando per il web, lessi un articolo – di cui vergognosamente non ricordo autore e titolo – che rivelava una piccola grande verità. Siamo in un periodo storico in cui la nostra civiltà è esposta a un numero incredibile di immagini. Ognunə di noi può accedere a un quantitativo enorme, forse infinito, di prodotti visivi. Quanto mai avrebbe potuto una persona nata il secolo scorso o mille anni fa. Il web ha ovviamente permesso questa esplosione “iconografica”.
Parimenti, sempre il web ha permesso l’emersione di identità plurime e molteplici che dal margine, in cui sono state costrette per secoli, si affacciano sulla scena della narrazione pubblica. Da quel margine guardano criticamente verso il centro, in un rapporto dinamico e conflittuale di messa in discussione continua. Il discorso, ovviamente, può estendersi a qualsiasi tipo di narrazione. Anche quella artistica. Ho pensato a questo quando ho avuto in mano l’opera di Elisabetta Roncati, Arte queer – Corpi, segni, storie (Rizzoli, 2023). Parto da questo libro coraggioso e necessario, il primo nel suo genere in Italia, pur non essendo uno storico o un critico d’arte, perché può aiutarci a riflettere su due aspetti.
Innanzitutto sulla forza dirompente del termine queer, che precede la sua stessa nascita e può essere esteso a storie e opere più antiche. Le identità “divergenti” sono sempre esistite, negarlo sarebbe un falso storico. L’autrice stessa fa notare come sin dalle epoche più remote troviamo la rappresentazione sotto forma di immagine (e quindi la narrazione) di forme di fluidità sessuale. La scure fondamentalista delle religioni abramitiche (cristianesimo in primis, per quanto riguarda questa sfera di mondo) tenterà di cancellarle con la repressione. Quindi tra Ottocento e Novecento i primi pittori (come Henry Scott Tuke) infrangeranno il grande tabù: l’omosessualità torna ad avere rappresentazione visiva e quindi narrazione pubblica.
Se intendiamo dunque il queer come capacità di agire dal margine, limes esistenziale dove si scontra il privilegio e la messa in discussione dello stesso, qualsiasi identità che abbia messo in discussione lo status quo (e soprattutto i dispositivi di potere e di oppressione) può essere ascritta a tale identità. Identità che è politica, nel suo senso più puro. Nell’opera Saffo ed Erinna in un giardino a Mytilene, ad esempio, Simeon Solomon tenta una fusione tra tradizione classica e identità non conformi. Un approccio politico all’arte, forse non del tutto consapevole ma coraggioso, in un periodo storico in cui gli omosessuali inglesi rischiavano la prigione. Sorte toccata allo stesso autore dell’opera in questione.
In secondo luogo, quest’opera permette di raccontare singole storie. Vicende esistenziali che sono il banco di prova di quella identità. Queer diventa così un termine ombrello che non si limita alla sola teorizzazione di pratiche politiche e filosofiche, ma diviene la messa in campo di quel vivere una “stranezza” che diviene al tempo stesso chiave imprescindibile per ogni processo di liberazione. Storie di esistenze e di resistenze che troveranno nel Novecento quel secolo in cui un’arte che possa definirsi specificatamente queer trova identità e consapevolezza. Segno evidente dei tempi che cambiano. E infatti nel corso del secolo scorso abbiamo la conquista dello spazio pubblico da parte dei movimenti e delle comunità Lgbtqia+, cosa che ha contribuito a ridefinire i contorni della rappresentazione e della narrazione di sé.
E tutto questo ci ricorda, soprattutto in tempi come quelli che stiamo vivendo dove censure e manganelli diventano sempre più presenti nel nostro quotidiano, che la necessità di raccontarsi è fondamentale, se vogliamo che lo spazio pubblico ci preveda (e che la politica, di conseguenza, non ci cancelli). E accanto a questa necessità, il libro di Roncati ci ricorda che accanto a una narrazione verbale c’è bisogno di una rappresentazione per immagini. Perché ciò che viene raccontato possa essere anche visto. Perché alla facoltà di poter prendere parola si accompagni il diritto alla visibilità. Nelle forme e nei modi di chi posa il proprio sguardo sulla propria “stranezza”, o queerness, trasformandola in identità. E facendone punto di partenza di ogni personale rivoluzione.
Dario Accolla
Attivista e scrittore
Società - 1 Marzo 2024
Arte queer, un’identità che è politica: la necessità di raccontarsi è fondamentale
Tempo fa, navigando per il web, lessi un articolo – di cui vergognosamente non ricordo autore e titolo – che rivelava una piccola grande verità. Siamo in un periodo storico in cui la nostra civiltà è esposta a un numero incredibile di immagini. Ognunə di noi può accedere a un quantitativo enorme, forse infinito, di prodotti visivi. Quanto mai avrebbe potuto una persona nata il secolo scorso o mille anni fa. Il web ha ovviamente permesso questa esplosione “iconografica”.
Parimenti, sempre il web ha permesso l’emersione di identità plurime e molteplici che dal margine, in cui sono state costrette per secoli, si affacciano sulla scena della narrazione pubblica. Da quel margine guardano criticamente verso il centro, in un rapporto dinamico e conflittuale di messa in discussione continua. Il discorso, ovviamente, può estendersi a qualsiasi tipo di narrazione. Anche quella artistica. Ho pensato a questo quando ho avuto in mano l’opera di Elisabetta Roncati, Arte queer – Corpi, segni, storie (Rizzoli, 2023). Parto da questo libro coraggioso e necessario, il primo nel suo genere in Italia, pur non essendo uno storico o un critico d’arte, perché può aiutarci a riflettere su due aspetti.
Innanzitutto sulla forza dirompente del termine queer, che precede la sua stessa nascita e può essere esteso a storie e opere più antiche. Le identità “divergenti” sono sempre esistite, negarlo sarebbe un falso storico. L’autrice stessa fa notare come sin dalle epoche più remote troviamo la rappresentazione sotto forma di immagine (e quindi la narrazione) di forme di fluidità sessuale. La scure fondamentalista delle religioni abramitiche (cristianesimo in primis, per quanto riguarda questa sfera di mondo) tenterà di cancellarle con la repressione. Quindi tra Ottocento e Novecento i primi pittori (come Henry Scott Tuke) infrangeranno il grande tabù: l’omosessualità torna ad avere rappresentazione visiva e quindi narrazione pubblica.
Se intendiamo dunque il queer come capacità di agire dal margine, limes esistenziale dove si scontra il privilegio e la messa in discussione dello stesso, qualsiasi identità che abbia messo in discussione lo status quo (e soprattutto i dispositivi di potere e di oppressione) può essere ascritta a tale identità. Identità che è politica, nel suo senso più puro. Nell’opera Saffo ed Erinna in un giardino a Mytilene, ad esempio, Simeon Solomon tenta una fusione tra tradizione classica e identità non conformi. Un approccio politico all’arte, forse non del tutto consapevole ma coraggioso, in un periodo storico in cui gli omosessuali inglesi rischiavano la prigione. Sorte toccata allo stesso autore dell’opera in questione.
In secondo luogo, quest’opera permette di raccontare singole storie. Vicende esistenziali che sono il banco di prova di quella identità. Queer diventa così un termine ombrello che non si limita alla sola teorizzazione di pratiche politiche e filosofiche, ma diviene la messa in campo di quel vivere una “stranezza” che diviene al tempo stesso chiave imprescindibile per ogni processo di liberazione. Storie di esistenze e di resistenze che troveranno nel Novecento quel secolo in cui un’arte che possa definirsi specificatamente queer trova identità e consapevolezza. Segno evidente dei tempi che cambiano. E infatti nel corso del secolo scorso abbiamo la conquista dello spazio pubblico da parte dei movimenti e delle comunità Lgbtqia+, cosa che ha contribuito a ridefinire i contorni della rappresentazione e della narrazione di sé.
E tutto questo ci ricorda, soprattutto in tempi come quelli che stiamo vivendo dove censure e manganelli diventano sempre più presenti nel nostro quotidiano, che la necessità di raccontarsi è fondamentale, se vogliamo che lo spazio pubblico ci preveda (e che la politica, di conseguenza, non ci cancelli). E accanto a questa necessità, il libro di Roncati ci ricorda che accanto a una narrazione verbale c’è bisogno di una rappresentazione per immagini. Perché ciò che viene raccontato possa essere anche visto. Perché alla facoltà di poter prendere parola si accompagni il diritto alla visibilità. Nelle forme e nei modi di chi posa il proprio sguardo sulla propria “stranezza”, o queerness, trasformandola in identità. E facendone punto di partenza di ogni personale rivoluzione.
Articolo Precedente
Test attitudinali ai giudici? Da psicanalista dico che non è possibile
Articolo Successivo
Just the woman I am: così una corsa non competitiva può aiutare a riflettere sulla parità
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Trump “aiuterà Kiev ad avere più difesa aerea dall’Ue” e ipotizza controllo Usa delle centrali ucraine. Zelensky: “Possibile pace quest’anno”
Politica
La Lega in Aula: “Dov’è l’ugenza per il riarmo da 800 miliardi?”. Meloni attacca il Manifesto di Ventotene: è caos. Le opposizioni: “Vuole coprire le liti con Salvini”
Politica
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - E' stato ricordato oggi nell'aula della Camera l'ex-deputato Mimmo Lucà, parlamentare per cinque legislatura, scomparso il 13 febbraio scorso, all'età di 71 anni. Esponente dei cristiano sociali e dei Ds, è stato anche dirigente delle Acli. L'aula ha osservato un minuto di silenzio per commemorare Lucà.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "La balla della privacy con cui la maggioranza e il governo giustificano la loro lotta senza quartiere alle intercettazioni, oltre ad essere una motivazione del tutto falsa e smentita dai fatti, ormai non regge più nemmeno rispetto alle azioni dello stesso centrodestra. Infatti, mentre alla Camera demoliscono le intercettazioni, al Senato portano avanti l'articolo 31 del Ddl Sicurezza che consentirà ai Servizi segreti la schedatura di massa dei cittadini". Lo afferma la deputata M5S Valentina D'Orso, capogruppo in commissione Giustizia.
"Non sono più credibili nemmeno quando accampano motivazioni di comodo, si smentiscono con i loro stessi provvedimenti che in realtà rispondono a un disegno ormai chiaro: indebolire gli strumenti di indagine della magistratura che possono dar fastidio ai colletti bianchi e allo stesso tempo creare un brutale sistema di repressione del dissenso e controllo sui cittadini comuni".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - La Camera è riunita in seduta notturna per finire l'esame degli emendamenti al ddl intercettazioni, quindi le dichiarazioni di voto e il voto finale che dovrebbe arrivare nella serata. I lavori sono previsti fino alle 24.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "L'Italia ha ribadito che continueremo a sostenere l'Ucraina anche nel documento approvato oggi alla Camera e ieri al Senato. E' un impegno che noi manteniamo, continueremo a fare la nostra parte. Noi non siamo mai stati in guerra con la Russia e non abbiamo mai autorizzato l'uso di nostre armi da parte degli ucraini in territorio russo". Lo ha detto Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Mi pare che la telefonata Trump-Putin sia un segnale positivo così come quella tra Trump e Zelensky. Noi abbiamo chiesto che l'Ucraina fosse coinvolta e questo è accaduto. Noi incoraggiamo tutte le iniziative che portano alla pace. Non è facile ma qualche speranza c'è". Lo ha detto il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Si tratta di garantire la sicurezza dell'intera Unione europea. C'è bisogno di rafforzare la sicurezza europea ma questo non significa essere guerrafondai. Per garantire la pace serve un equilibrio delle forze in campo per garantire la sicurezza dell'Europa e dell'Italia. Stiamo lavorando in questa direzione come un buon padre di famiglia che mette le finestre blindate perchè la sua famiglia sia al sicuro". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno. "Bisogna avere il coraggio di andare avanti: l'Europa è l'unico modo per essere sicuri".
Roma, 19 mar. (Adnkronos) - "Meloni non ha attaccato Altiero Spinelli. Mi sembra una tempesta in un bicchier d'acqua. Spinelli è un personaggio illustre della storia europea, lo rispetto e la presidente Meloni non lo ha mai offeso". Lo dice il vicepremier Antonio Tajani a 5 Minuti su Raiuno.