Otto ore di sciopero ad aprile per fermare il declino della “Detroit italiana”. Il settore auto di Torino si fermerà per chiedere la salvaguardia e il rilancio del settore auto. Lo farà in maniera unitaria, come hanno stabilito i delegati di Fim, Fiom, Uilm, Fismic, UglM e associazione quadri che hanno proclamato uno sciopero provinciale di 8 ore con una manifestazione dei lavoratori di Stellantis e dell’indotto, alla quale parteciperanno anche i segretari nazionali dei metalmeccanici. Un fermo generale, benedetto da tutte le sigle, che non si vedeva a 15 anni. La richiesta è quella di un impegno concreto per portare nuove produzioni a Torino, dove l’automotive impiega ancora circa 60mila lavoratori in centinaia di aziende.
Tutto gira attorno al ruolo di Stellantis e all’impegno dell’ex Fiat a Mirafiori. La minore centralità dello stabilimento nelle strategie del gruppo franco-italiano sta via via riducendo i volumi dell’indotto. “Una decisione straordinaria”, l’ha definita il segretario nazionale della Fiom Michele De Palma parlando di una “crisi permanente e strutturale” che “deve essere fermata per assicurare un futuro alle lavoratrici e ai lavoratori e alle giovani generazioni”. “Rivendichiamo – dicono invece Rocco Palombella, segretario generale Uilm, e Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore automotive – nei confronti di Stellantis un nuovo modello per Mirafiori, che si aggiunga alla Fiat 500 elettrica e che sopperisca alle gamme Maserati che stanno uscendo di produzione. Inoltre occorre prestare estrema attenzione ai processi di integrazione fra le strutture ex FCA ed ex PSA, per evitare che le cosiddette sinergie derivanti dalla fusione espongano al rischio di licenziamento i lavoratori impegnati nelle attività di ricerca e di amministrazione. Infine occorre una strategia per supportare le imprese dell’indotto, i cui lavoratori sono esposti ai rischi maggiori, come dimostra la vertenza della Lear aperta al Mimit”.
Le due crisi principali sono quelle di Lear e Delgrosso. La prima, con sede a Grugliasco, produce sedili per le auto e ha visto ridursi la produzione dalle 71mila unità del 2016 ai soli 7mila dello scorso anno. Così i 310 operai rischiano il posto. Delgrosso invece lascerà 108 dipendenti a casa: specializzata nella produzione di filtri auto, l’azienda di Nichelino meno di quindici anni fa era stata definita la miglior fornitrice Fiat. Secondo le stime della Fiom Cgil, tra il 2008 e il 2020, soltanto nel comparto dell’auto, nel Torinese si sono persi 32mila posti di lavoro. “E ora la cassa integrazione sta aumentando a livello generalizzato per il calo delle commesse da Stellantis e la diminuzione degli ordini dal mercato tedesco”, spiega a Ilfattoquotidiano.it Edi Lazzi, segretario torinese dei metalmeccanici della Cgil. Una regressione figlia di uno stabilimento, quello di Mirafiori, passato dal produrre un milione di auto negli anni Sessanta alle 90mila scarse degli ultimi anni.
“Torino sta attraversando un momento difficile. L’automotive con l’indotto è nel mezzo di una crisi senza precedenti. In questa fase storica, i sindacati metalmeccanici hanno scelto di fare un percorso unitario per un obiettivo comune: rilanciare l’automotive italiano nel territorio in cui questo è nato”, dice Luigi Paone, segretario generale della Uilm di Torino. Lo sciopero arriverà nel pieno del tavolo nazionale sull’automotive istituito dal ministro delle Imprese Adolfo Urso con l’obiettivo di riportare la produzione di veicoli a 1 milione annui in Italia, il che vorrebbe aumentare di oltre il 30% gli attuali ritmi.
Stando ai dati della fondazione Claudio Sabatini, l’Italia paga principalmente la scomparsa della produzione di Lancia, gli 1,1 milioni di veicoli prodotti da Fiat nel 1999 diventati 213.632 nel 2021 e, nello stesso periodo, le 233.207 Alfa Romeo ridottesi a 44.483. Così si è passati dai 210.300 occupati nell’automotive del 1995 ai 172.930 del 2020. I tagli? Non sono finiti e ora tutto gira intorno all’ex Fiat. Così fin dal primo incontro Stellantis, fiutato il vicolo cieco in cui si è infilato il govero, ha messo in chiaro le sue richieste e ha battuto cassa con gli incentivi. Una richiesta assecondata dall’esecutivo che allo stesso tempo continua però a premere per l’arrivo in Italia di un secondo produttore. Ancora negli scorsi giorni, davanti alla commissione Attività produttive, Urso è tornato a ventilare l’ipotesi di uno stabilimento di Tesla dopo i rumors sui contatti con la cinese Byd. Il tempo stringe e Torino ha deciso di non aspettare.