Quel Bosco doveva essere orizzontale. E invece è diventato verticale. Non è una notizia qualsiasi perché parliamo dell’esempio più famoso di tutta l’edilizia milanese degli ultimi decenni. Un esempio di cui si è parlato in tutto il mondo e che in tanti hanno pure imitato, ma allo stesso tempo è il modello di come l’interpretazione delle normative abbia caratterizzato lo sviluppo immobiliare di Milano. E la storia è ancor più da raccontare nel momento in cui si sta verificando un confronto tra Procura e Comune di Milano su come si deve costruire nella capitale economica italiana. Dopo le prime inchieste che mettono in dubbio la legittimità dell’operato in particolare della società Bluestone, nota per i casi di piazza Aspromonte e Crescenzago, si è aperta una voragine sempre più ampia e dai contorni preoccupanti: secondo il sindaco Giuseppe Sala ci sono 150 progetti di costruzioni nel capoluogo lombardo basati su un’interpretazione normativa che per la Procura è irregolare. Un fatto che ha spinto il Comune a un passo indietro.

LE DIVERSE PROCEDURE
Ma la questione tecnica è diversa tra Bosco verticale e le costruzioni Bluestone: il confronto tra la Procura e il Comune si basa sull’interpretazione di cosa permetta di fare la Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) che in molti casi a Milano è diventata una superScia, nel senso che ad esempio a Crescenzago il progetto di riqualificare un edificio di due piani è diventato un cantiere per due torri alte fino a 80 metri. Ma a Milano, come detto da Sala, pare che di progetti così sia pieno. E c’è un motivo: la Scia infatti consente di non passare per la richiesta di permesso di costruire classica che prevede indici più bassi di metri cubi, tempi più lunghi e soprattutto uno studio chiamato piano attuativo. Questo documento deve essere approvato dal Comune ed è quello dove si prevedono oltre alle costruzioni tutti i servizi necessari ai nuovi insediamenti come strade, aree verdi, infrastrutture di ogni genere, insomma, per garantire che effettivamente lì quelle persone ci possano vivere.

Per il Bosco Verticale non si parla di Scia o superScia, ma di Piano integrato di intervento. Una procedura molto più articolata e complessa che comprende un piano attuativo come spiega Guido Inzaghi, avvocato e punto di riferimento dei costruttori milanesi. Il legale è al centro di moltissime iniziative edilizie, Bosco Verticale compreso, tant’è che al Bosco ci vive anche. “L’affare della mia vita” lo definisce, perché ha comprato sulla carta e ora il valore dell’abitazione è incredibilmente più alto. Tra l’altro, come spiega lui stesso, “all’epoca di tutto il PII quello era il lotto meno desiderato e quindi meno costoso”.

QUEL BOSCO DOVEVA ESSERE ORIZZONTALE
Ed è Inzaghi, infatti, a confermare che il Bosco doveva essere orizzontale, perché di fatto era parte della riqualificazione (o rigenerazione come usa dire adesso) della Stecca degli Artigiani. Peccato che orizzontale fosse poco appetibile. Ecco allora che ai costruttori è venuto in mente di chiedere una soluzione a uno dei più grandi esperti di immobiliare italiano che l’ha trovata: secondo la legge si può mettere in verticale. Improvvisamente si vendeva molto meglio. “Quello che dice è giusto: il piano attuativo prevedeva non due torri ma due stecche – conferma Inzaghi – Come è possibile? C’è una norma che esiste dal 1984 e c’è tutt’ora in tutta Italia che dà una certa flessibilità alle previsioni planivolumetriche dei piani attuativi: l’importante è che non vengano modificate le quantità, le destinazioni e che le dotazioni (parcheggi, verde, le strade, servizi) siano realizzati in misura non inferiore”.

Nel dettaglio l’articolo in questione della legge 12/2005, che oggi svolge le funzioni della legge dell’84, recita: “Non necessita di approvazione di preventiva variante la previsione, in fase di esecuzione, di modificazioni planivolumetriche, a condizione che queste non alterino le caratteristiche tipologiche di impostazione dello strumento attuativo stesso, non incidano sul dimensionamento globale degli insediamenti e non diminuiscano la dotazione di aree per servizi pubblici e di interesse pubblico o generale”. Quindi, una volta iniziati i lavori se non cambi questi tre parametri puoi anche mettere in verticale ciò che era stato approvato come orizzontale.

Lo Studio Boeri, contattato da Ilfattoquotidiano.it, conferma la notizia, ma imputa la decisione di mettere la costruzione in verticale a scelte ambientali precisando che “in fase iniziale erano stati progettati volumi orizzontali, l’architetto Boeri aveva voluto che fossero messi in verticale al fine di lasciare più spazio al verde del parco“.

UNA QUESTIONE POLITICA
Come puntualizzato dallo stesso avvocato, la vera questione è solo in parte tecnica, perché i professionisti di qualità si limitano a conoscere molto bene il proprio lavoro. Sono i politici che firmano le leggi in base alle quali poi potresti, per assurdo, chiedere il permesso di costruire una panchina e invece aprire un supermercato. E a Milano alla fine è quello che è successo: tra normativa regionale e interpretazioni comunali, si è arrivati a interpretare le leggi in un modo che secondo la Procura calpesta le norme nazionali. Chi avrà ragione si capirà ovviamente solo alla fine dei processi, ma sicuramente c’è una questione aperta politicamente e giornalisticamente: come si deve costruire a Milano? E questo, come diceva Edward R. Murrow in Good Night e Good Luck è oggetto di dibattito infinito.

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