Società

Death Education, quanto è importante sapere affrontare la realtà della morte

Negli ultimi trent’anni, ho visto emergere la Death Education come una risorsa sempre più importante per affrontare le sfide legate alla mortalità umana. Ma cosa si intende esattamente per Death Education?

Per comprendere appieno questo concetto, è cruciale considerare il contesto sociale in cui siamo immersi. Le generazioni recenti hanno sperimentato un’esperienza della morte sempre più distanziata, con la gestione dell’evento affidata principalmente agli ospedali, impoverendo così la dimensione familiare di questo inevitabile passaggio. Tale svuotamento dell’esperienza della morte ha influito negativamente sia sugli adulti che sui bambini, privandoli della capacità di affrontare in modo sano e consapevole la perdita e il lutto.

È imprescindibile riconoscere il ruolo centrale della paura nella formazione degli atteggiamenti e dei comportamenti, soprattutto tra i più giovani. La mancanza di conoscenza su come affrontare la morte, anche solo dal punto di vista rituale, ha portato a elaborazioni psicologiche spesso distorte, alimentando incomprensioni e turbamenti. Ad esempio, la falsa credenza che i bambini non siano in grado di comprendere il concetto di morte o ne rimarrebbero traumatizzati, ha contribuito a creare un vuoto educativo che la Death Education mira a colmare.

L’educazione alla morte si propone di reintegrare il concetto di morte nella trama autentica della vita quotidiana, restituendo al linguaggio comune il significato della vita e della morte. Attraverso un approccio educativo strutturato su diversi livelli di comprensione, si cerca di fornire agli individui, dai più giovani agli adulti, gli strumenti necessari per affrontare la realtà di questo ciclo in modo completo. Al contrario delle critiche che la ritengono astratta o poco concreta, è essenziale riconoscere il valore della Death Education nel panorama educativo contemporaneo.

Ma come possiamo educare in modo efficace alla morte? Per farlo è essenziale adottare una varietà di approcci. Questi possono includere la creazione di programmi educativi sia all’interno delle istituzioni scolastiche e universitarie, come ad esempio il Master in Death Studies and the End of Life a Padova, che all’esterno. Inoltre, l’organizzazione di iniziative culturali come festival e conferenze o ritiri, insieme alla diffusione di pubblicazioni e risorse online, offre spazi sicuri e rispettosi per esplorare i sentimenti e le paure legate alla finitudine, senza alcun giudizio. Attraverso tali proposte, si promuove un dialogo importante sulla morte e sul morire, incoraggiando le espressioni di creatività e spiritualità, e contribuendo così a una maggiore apertura e comprensione nei confronti di questo tema universale.

La somiglianza tra l’arte performativa e la Death Education è notevole, poiché entrambe cercano di sfidare le convenzioni culturali e di provocare cambiamenti significativi. Come le performance di Marina Abramović, hanno abbattuto le barriere tra spettatore e artista, i festival legati alla Death Education offrono un’esperienza diretta e partecipativa che invita il pubblico a confrontarsi con la mortalità in modo profondo. Questo approccio innovativo all’educazione sfida le norme sociali e culturali che ancora tendono a relegare la morte a un pensiero di crisi da evitare e promuove invece un dialogo aperto e inclusivo che incoraggia una comprensione più profonda dei passaggi come parti integranti della vita stessa.

Il festival Il Rumore del Lutto, fondato nel 2007 a Parma, ha agito fin dall’inizio come un catalizzatore per una trasformazione culturale significativa. Ha spinto la comunità e, successivamente, gruppi di partecipanti sempre più numerosi verso una maggiore consapevolezza nell’affrontare l’argomento da diverse prospettive, insieme ai filoni ad esso legati. Questa iniziativa provocatoria, nata per rompere il silenzio intorno al tema, ha creato uno spazio unico per esplorare la finitudine e promuovere una cultura più aperta e consapevole nei confronti di questo destino inevitabile dell’umanità.

Attraverso una varietà di eventi, quali seminari, laboratori, lectio e altro ancora, il festival si rivolge a un pubblico ampio e diversificato. Le opportunità di dibattito e riflessione offerte dal programma formativo fungono da momenti di confronto e conforto. Si auspica che tali esperienze possano nel tempo generare un cambiamento sempre più profondo e duraturo nei singoli individui. Tale prospettiva suggerisce che anche se non esiste ancora una garanzia scientifica o statistica sul fatto che l’educazione alla morte possa portare sollievo o cambiamenti percettivi riguardo al lutto e al tema della finitudine, il lavoro svolto è persistente, tenace e consapevole. Si ritiene che nel lungo periodo possa avere un impatto positivo sulla società.

Al giorno d’oggi sono diversi i festival legati alla Death Education, i quali offrono non solo un’opportunità per elaborare il proprio dolore e la propria perdita, ma anche per trasformare le percezioni e le pratiche culturali legate alla morte. In questa prospettiva, l’educazione alla morte diviene un mezzo potente per promuovere e allenare la consapevolezza in un mondo che troppo spesso ha evitato di affrontare questo tema, così necessario.

Così, i festival divengono punti di incontro tra arte, cultura ed educazione, offrendo spazi preziosi per esplorare la morte in modo autentico e significativo. Attraverso il loro impatto trasformativo sulla società, contribuiscono a plasmare un nuovo paradigma culturale in cui la morte non è più vista come un pensiero di crisi da evitare, ma come una parte essenziale della nostra comune esperienza umana. È infine importante sottolineare che la Death Education non promuove un’ossessione morbosa per il concetto di morte, ma fornisce piuttosto gli strumenti necessari per affrontare la realtà della vita con coraggio e resilienza. Accettare la mortalità come parte integrante dell’esperienza umana può condurre a un maggiore senso di cura, sia per sé stessi che per gli altri, promuovendo l’attenzione reciproca.

Di fatto la Death Education merita di essere valorizzata e incoraggiata come risorsa, perché se la morte annienta l’individuo, l’idea stessa della morte lo eleva.