Gruppi etnici, religiosi, demografici, politici – gli arabo-americani, i musulmani, i progressisti, i giovani – non sono convinti che Joe Biden sia il candidato giusto e potrebbero far mancare il loro appoggio alle prossime elezioni presidenziali di novembre. Ciò che rende tutto più grave è che la questione non è legata alla sola guerra a Gaza. È più in generale la politica dell’amministrazione negli ultimi quattro anni a non entusiasmare, spesso a deludere.
Lo raccontano una serie di sondaggi New York Times/Siena College pubblicati proprio dal quotidiano newyorkese. Uno striminzito 18% di americani ritiene che le strategie seguite dall’amministrazione Biden abbiano migliorato la loro vita. Il 43% pensa anzi che la presidenza Biden abbia peggiorato le loro condizioni. Questi numeri diventano ancora più impietosi se confrontati con quelli su cui può contare Donald Trump, il probabilissimo rivale di Biden a novembre. Il 40% degli intervistati ritiene infatti che la presidenza Trump migliorò le loro condizioni di vita.
È ovviamente l’economia a essere la ragione fondante del giudizio. Se i numeri vengono scorporati, le cattive notizie per Biden diventano ancora più cattive. Le politiche di Trump ottengono un maggiore sostegno da parte delle donne (20% in più rispetto a Biden), tra gli ispanici (il 37% afferma che la presidenza Trump li ha aiutati, contro il 15% che dice lo stesso per Biden) e tra gli stessi afroamericani: il 26% di loro dice di aver goduto di migliori condizioni sotto Trump, contro un 17% che sceglie Biden.
Sotto esame finisce anche la questione dell’età. Pure qui, niente di buono. Il 47% degli elettori che votarono per Biden nel 2020 pensa infatti che il presidente sia oggi “assolutamente” troppo anziano per tornare alla Casa Bianca. Il 26% è “in qualche modo” d’accordo sul fatto che l’età sia troppo avanzata. È un dato devastante, perché i dubbi sui dati anagrafici e sulle capacità cognitive di Biden non sono alimentati dai rivali repubblicani, dai media conservatori, ma emergono da settori maggioritari del suo elettorato che quindi a novembre, potrebbe avere più di una remora a rivotarlo.
Di qui, dunque, il paradosso della candidatura. Il presidente in carica sta affrontando una campagna per la rielezione che non ha rivali. L’unico in lizza contro di lui tra i democratici è Dean Phillips, deputato del Minnesota che non ha ovviamente alcuna possibilità. Al tempo stesso, questa candidatura “senza rivali” è ormai piagata da troppe crisi. C’è il problema dell’età. C’è la guerra a Gaza. C’è l’apatia del mondo afroamericano, che non ha ottenuto quei miglioramenti che Biden aveva promesso nel 2020. C’è il probabile futuro raffreddamento nei rapporti con le comunità ispaniche di fronte alle politiche più restrittive che Biden vuole ora imporre al confine meridionale. C’è il fallimento del disegno originario della Casa Bianca, quello di enfatizzare i buoni risultati dell’economia (calo dell’inflazione, crescita del potere d’acquisto e dell’occupazione). Hanno quindi molto da travagliare Joe Biden e i Democratici, nel momento in cui campagna entra nel vivo e la rielezione si fa una corsa tutta in salita e dagli esiti sempre più incerti.