I Centri antiviolenza non si sono mai fermati, nemmeno durante la pandemia Covid-19. Quanto dichiarato da Michelle Hunziker il 3 marzo, durante un programma Mediaset, è frutto di un’imperdonabile disinformazione. Durante la pandemia i Centri antiviolenza sono rimasti aperti, hanno continuato a dare risposte e ad accogliere donne con o senza figli. Quelli impegnati in progetti di accoglienza in emergenza, 24 ore su 24, hanno continuato a intervenire andando a prendere le donne negli ospedali, nelle stazioni dei carabinieri o nei commissariati per fare colloqui di sostegno e offrire l’ospitalità se veniva richiesta.

Ci sono stati problemi ma non erano legati alla chiusura dei Centri antiviolenza. Il lockdown impediva alle donne di uscire di casa costringendole ad una convivenza forzata con gli autori di violenza che si faceva più forte perchè determinata sia dalla minaccia della violenza che dalle regole per contenere il contagio. Costrette a stare tra le mura domestiche con gli autori di violenza, le donne spesso non riuscivano a fare nemmeno una telefonata.

Di quei giorni funesti conservo un ricordo ingombrante, come un rifiuto che non riesco a smaltire e che resta tra i piedi, come gli scatoloni di mascherine, guanti, igienizzanti, termometri e pannelli di plexiglass che non abbiamo più utilizzato, per fortuna, e che sono rimasti negli armadi. Basta sentire la parola “pandemia” e si riaffacciano i ricordi delle strade deserte, delle camionette della Croce Rossa davanti all’ospedale, dei turni senza la compresenza delle colleghe per abbassare il rischio del contagio.

I colloqui fatti in videochiamata con le donne che non potevano permettersi il tempo di venire al centro antiviolenza e inventavano scuse con i compagni o mariti: “devo buttare l’immondizia”, “vado fare la spesa”, “devo andare in farmacia”, “devo portare il cane fuori”. Scuse che si consumavano in fretta sui pochi minuti a disposizione e appena in tempo per chiedere aiuto e organizzare una fuga da una casa che erano diventata una trappola.

E ricordo ancora il Pronto soccorso sovraffollato con tendoni nei corridoi per separare i pazienti, i medici stremati da doppi e tripli turni e sì, ricordo anche la paura di ammalarmi quando varcavo la soglia dell’ospedale e che mi scrollavo di dosso. Un’esperienza che ho condiviso con centinaia di compagne che da nord a sud, attendevano, nonostante il lockdown, le telefonate e le visite delle donne. Ricordi che può avere solo chi c’era.

E siccome sono in vena di ricordi, ce ne sono anche di belli. Furono tante le catene di solidarietà, come quella della proprietaria di un B&B che senza farci pagare nulla, ospitò alcune donne il tempo sufficiente ad eseguire il tampone e attendere l’esito prima di entrare in casa rifugio. O la solidarietà di chi gestiva mense e faceva pagare molto meno il cibo consegnato alle donne che erano ospiti nelle strutture alberghiere, se riuscivamo a trovarne di aperte e quando non c’erano soluzioni le abbiamo inventate.

Ogni attivista dei centro antiviolenza della nostra rete, avrebbe molto da raccontare su quei giorni che ci parvero infiniti. No, cara Michelle Hunziker, i Centri antiviolenza rimasero aperti e non si fermarono mai. D.i.Re donne in Rete (che ha chiesto una rettifica a Mediaset) mise in campo molte campagne di informazione per comunicare che i luoghi delle donne non avrebbero chiuso, ogni giorno si metteva in moto una maratona sulle azioni e gli interventi per superare gli imprevisti che immancabilmente sorgevano. Venne messo in campo di tutto per non interrompere mai contatti e relazioni con le donne che vivevano situazioni di violenza.

Avrei ancora molto altro da dire e da ricordare e forse, le operatrici dei Centri antiviolenza dovrebbero scrivere sui giorni della pandemia ma questa è un’altra storia. E’ una storia che Michelle Hunziker pare non conoscere tanto da pensare che la lotta contro la violenza alle donne sia nata solo con Doppia Difesa nel 2007. E’ nata nel 1800 con il movimento delle donne (forse nel I secolo d.c. con la Orazione di Ortensia ma anche questa è un’altra storia) è continuata nei decenni. Si chiama femminismo, si dice che sia come un fiume carsico che appare eppoi defluisce nella terra. E parte di quella storia comprende, in Italia, la nascita dei centri antiviolenza alla fine degli anni 80, poi la costituzione informale di una rete nazionale negli anni 90, fino alla costituzione di una associazione nazionale. E’ una storia che le fondatrici di Doppia Difesa avrebbero il dovere di conoscere se vogliono sostenere le donne.

Ci si sostiene dandoci valore ed avendo cura di non far cadere nell’oblìo le azioni, i progetti tradotti in realtà, le conquiste e la storia di altre donne. Di tutte le donne. Perché di qualcosa, ognuna di noi è debitrice verso le altre: quelle che ci hanno preceduto e quelle che ci affiancano. E comunque non ci fermammo, nemmeno un giorno.

Ps. Dopo il comunicato D.i.Re, Doppia Difesa si è scusata dicendo che “Michelle Hunziker voleva semplicemente fare riferimento all’estrema difficoltà di continuare a prestare aiuto alle donne vittime di violenza e di continuare a essere per loro un punto di riferimento durante la pandemia. Si scusa pertanto per aver erroneamente usato l’aggettivo ‘tutti’ riguardo ai Centri antiviolenza e ha il massimo rispetto e apprezzamento nei confronti di tutti i Centri che aiutano le donne”. Scuse che erano dovute e che, come associazione, accogliamo, augurando buon lavoro a Doppia Difesa.

@nadiesdaa

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