Ecco cosa abbiamo visto in questi giorni di Fashion Week parigina
PARIGI – Tra i momenti clou di questa Paris Fashion Week c’è sicuramente l’attesissimo debutto di Sean McGirr con la sua prima collezione da direttore creativo di Alexander McQueen. Il 35enne stilista irlandese ha dovuto affrontare la sfida – tutt’altro che facile – di prendere in mano le redini della casa di moda fondata dal geniale Lee Alexander McQueen, rimaste per 13 anni nelle sapienti mani di Sarah Burton. La sua è stata una collezione “0”, creata in meno di sei mesi a partire dal senso di ammirazione di fascinazione che McGirr nutre da sempre nei confronti di quel genio della moda che è stato McQueen, morto suicida nel 2010. Non a caso ha scelto di sfilare in un ex scalo ferroviario abbandonato nella Chinatown parigina, nel 13° arrondissement. Un antro buio, freddo e reso ancor più umido dalla pioggia battente che sferzava la città, perfetto per presentare la sua collezione Autunno/Inverno 2024 incentrata sul concetto di “ruvida opulenza“. Tutto si giocava sui contrasti, a partire proprio dalla location: il ruvido cemento armato dei piloni contro il morbido pile verde fluo delle sedute, il buio dell’ambiente contro il bianco di questi arazzi appesi tra una colonna e l’altra. E poi i capi, quelli che più hanno infiammato il dibattito tra gli addetti ai lavori: cappotti dalle spalle spigolose, maglieria monumentale con maniche lunghissime e colli esagerati, maxi cappotti in shearling e impermeabili dalla vita fasciata, per non parlare dell’abito fatto di fanalini. I riferimenti al patrimonio creativo di Lee Alexander McQueen sono evidenti, con tocchi di gusto surrealista e un senso di teatralità che ha reso omaggio allo spirito ribelle e visionario del fondatore. McGirr ha dichiarato di aver tratto ispirazione dalla sfilata “Birds” del 1995, ma ci ha messo il suo tocco personale, ovvero quello di un Millennial influenzato da una certa attitudine dark e dalla sua esperienza lavorativa con Jonathan Anderson (vedere le maxi maglie). Sicuramente questo è solo l’inizio per McGirr: non è mai facile debuttare sentendo sul collo il fiato della stampa degli obiettivi di vendita, ma lui ha chiaro in mente quale sia il suo punto di partenza. Il patrimonio di Lee Alexander McQueen. Ovvero la cosa più difficile da replicare.
Crudezza e materia sono il focus anche della nuova collezione di Veronica Leoni per Quira. La stilista, finalista dell’Lvmh Prize, ha presentato il suo Autunno/Inverno 2024 nell’Oratorio del Louvre, un tempio protestante a due passi dallo storico museo parigino: “Sì, è una collezione ruvida e dura“, ci dice mostrandoci completi sartoriali e asciutti cappotti. “Ho creato Quira sempre a mano libera, andando ad istinto. Questa volta invece l’ho disegnata, messa su carta, e questo rigore nell’approccio è stato per me quasi terapeutico in questo momento storico”, ci dice sottolineando il suo desiderio di esplorare la dimensione più rigorosa e controllata del processo creativo. La collezione è infatti intrisa di emozioni e ricerca sui materiali e sui colori, riflettendo il momento storico turbolento in cui è nata, durante le proteste contro il femminicidio di Giulia Cecchettin: “Volevo riportare il punto di vista sulla donna, far sì che fosse ogni donna a possederlo. Con questi capi ognuna prende possesso della propria identità esprimendola senza compromessi”. Le linee sono pure e semplici, consentendo alle donne di scegliere come rappresentare se stesse e raccontare la propria storia attraverso i capi, senza essere vincolate da convenzioni o regole predefinite. Le giacche e i cappotti sono caratterizzati da spalle decise e collo a listino, mentre gli abiti si piegano e si drappeggiano in modo sinuoso, invitando all’azione e alla protezione. La tavolozza dei colori è concentrata e ricca di contrasti, con tocchi luminosi di blu cielo che si mescolano a tonalità terrose e neutre. Il denim grigio fa il suo ingresso come nuova aggiunta, mentre la camicia bianca diventa un simbolo scenografico di potenza e autorità. Le texture sono dense e bilanciate, mescolando elementi maschili e femminili in un gioco di contrasti che rende omaggio alla complessità della donna moderna.
E sente forte il peso della realtà anche Chitose Abe, mente creativa di Sacai. Nella sua ultima collezione autunnale presentata alla Paris Fashion Week, ci porta in un viaggio attraverso un mondo di abiti-armatura, dove l’ibridazione diventa la chiave per sfidare gli stereotipi e celebrare la bellezza al di là dei confini convenzionali. Abe gioca con la fusione di forme e materiali, creando capi in cui nulla è al suo posto ma tutto sembra perfettamente incastrato. Il concetto di ibridazione, al centro della sua visione per Sacai fin dall’inizio, è qui portato ai suoi massimi: ogni capo diventa un’opportunità per esplorare nuove proporzioni perché, spiega la designer, in un mondo sempre più conflittuale e impegnativo, gli abiti diventano un rifugio in grado di fornire protezione emotiva a chi li indossa. “La moda può essere un’armatura per sopravvivere alla realtà”, disse una volta il grande fotografo e storico della moda Bill Cunningham ed è proprio questo pensiero che Abe ha fatto suo con questa collezione: gli stivali sembrano mezzi pantaloni, le giacche hanno un gioco di volumi che ricrea l’effetto dell’aria quando si passa sopra una grata, mentre le maglie si trasformano in reticoli tessuti con fili evanescenti. La forma a trapezio domina, soprattutto sulle giacche con maniche smisurate e dettagli lavorati con cura. Ruches, plissés e volants in colori che vanno dal nero al grigio fumo e al beige si sovrappongono su cappotti e abiti a tunica, accentuando le spalle. Le stoffe ruvide si contrappongono a lane ad effetto chine, creando una silhouette frammentata ma dal forte impatto visivo. Sono abiti che sfidano le regole e riflettono su ciò che significa indossare un vestito.