di Carblogger
Apple si tira fuori dalla corsa a un’auto propria, e non succede nulla. In Borsa il titolo non ne risente e veleggia in lieve perdita da un po’ di giorni come altri del tech, gli analisti si girano dall’altra parte, i media danno la notizia che presto sparisce dalla home perché non moltiplica click. Solo Elon Musk che non ha niente da fare se ne è occupa, perché una Apple car contro una Tesla sarebbe potuto essere un accidente. E così ha postato su X una faccina che saluta e un’emoji di sigaretta e poi scritto in un altro post: “Lo stato naturale di un’azienda automobilistica è morto”.
No Apple car? Sono passati esattamente dieci anni da quando Bloomberg per prima scrisse che a Cupertino avevano messo in piedi un programma per creare un’auto elettrica a guida autonoma di livello 4.
Benché l’azienda di Tim Cook non abbia mai proferito parola, abbiamo tutti letto qua e là di Project Titan, di almeno duemila persone assunte e spostate e licenziate in varie riprese, di contatti con Hyundai e Toyota evaporati appena coreani e giapponesi capirono che non avrebbe avuto senso costruire auto per Cupertino e poi metterci su il marchio Apple, di date di commercializzazione slittanti fino al 2028, di guida autonoma ridotta pare a semiautonoma di livello 2 avanzato, più o meno come le indagate Tesla dell’amico Musk.
Con Apple è l’intero mondo americano del tech, scosso dall’intelligenza artificiale, a tagliare e licenziare: nel 2023 negli Usa sono stati persi nel settore 262.735 posti di lavoro secondo il sito di tracciamento Layoffs.fyi, +59% sul 2022. E ben 46.000 nei primi due mesi del 2024. Dati che meriterebbero un ragionamento a parte quando parliamo di rischi di perdita di posti di lavoro per colpa dell’auto elettrica, solo perché più semplice e fatta di meno componenti.
Di questa tiritera di Apple – che rinuncia ufficialmente a Project Titan e chi ci ha lavorato viene mandato o a casa o alla ben più profittevole divisione per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale – mi colpisce il tempismo: il the end è stato dato nel momento in cui l’auto elettrica arranca sui mercati globali. Un riflesso che assomiglia al dibattito in corso fra i costruttori tradizionali, dove diversi investimenti sulle Bev sono stati rinviati. E la società della mela morsicata ha morso il freno (terribile questa, vabbè).
Apple car sarebbe stata inevitabilmente a zero emissioni, mica a 8 cilindri. Ed eventualmente (ah, gli avverbi) il sistema di guida autonoma sviluppato si sarebbe potuto vendere a terzi anche senza costruirsi una propria auto. Peccato però non vedere ancora l’orizzonte di questa tecnologia (on e ritorno degli investimenti) come sta accadendo anche in Google, che lavora sul self driving dal primo decennio del millennio (nel 2010 ne scrisse per la prima volta il New York Times) e non batte più un colpo. Mi viene in mente il capo del progetto di allora Chris Urmson: amava raccontare che suo figlio crescendo non avrebbe avuto bisogno di prendere la patente, sarebbe bastata l’auto a guida autonoma.
Una Apple car elettrica non s’ha da fare perché adesso non conviene. Una non notizia. Un po’ perché è a batteria e un po’ perché non sarebbe tanto autonoma, due mondi complessi che la transizione energetica con i suoi costi esplosi spaventa. I soldi, semmai, si fanno in altro modo. Ha l’aria di una vecchia storia.