Dopo la Commissione Giustizia del Senato, anche quella della Camera incoraggia il governo a introdurre i test psicoattitudinali per gli aspiranti magistrati. Il mezzo è sempre il parere sulla bozza di decreto attuativo della riforma Cartabia sull’ordinamento giudiziario, cioè – per capirsi – la legge che ha introdotto le famigerate “pagelle” per i magistrati e la loro valutazione in base alla conferma o meno dei loro provvedimenti. Come i colleghi di palazzo Madama la settimana scorsa, anche i deputati – nell’esprimere parere favorevole al testo – si rivolgono al governo perché “valuti la possibilità di prevedere l’introduzione di test psicoattitudinali per i candidati in ingresso nei ruoli della magistratura”: una vecchia idea del Piano di rinascita nazionale di Licio Gelli (fondatore della loggia massonica P2), poi rilanciata dal berlusconismo e ora cavalcata dall’attuale esecutivo (incluso il ministro della Giustizia Carlo Nordio). Pure a Montecitorio, a votare a favore è stato l’ormai collaudato asse tra il centrodestra e il fu “Terzo polo”, rappresentato in Commissione da Enrico Costa di Azione. Che però precisa di aver detto sì soprattutto per l’inserimento nel parere, su sua richiesta, di un’osservazione sulla necessità di inserire nel nuovo “fascicolo del magistrato”, su cui si baseranno le valutazioni del Csm, “tutti gli atti e i provvedimenti” del singolo giudice o pm, e non solo una selezione a campione.
Ora lo schema di decreto tornerà al Consiglio dei ministri, che dovrà scegliere se recepire il suggerimento delle Camere. Facendolo, però, rischia seriamente di violare la Costituzione: il testo della delega Cartabia, infatti, non lascia alcuno spazio alla previsione dei test accanto al concorso. Il parere licenziato a Montecitorio prova a sostenere il contrario, citando l’articolo 1 della legge, che “delega il governo ad adottare decreti legislativi in relazione alla modifica dei presupposti per l’accesso in magistratura”, e rilevando “che il requisito dell’idoneità psico-fisica e attitudinale all’impiego è già richiesto per l’accesso a funzioni di particolare rilevanza”. Ma ignora del tutto il successivo articolo 4 della stessa legge, che detta i principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega, senza fare alcun riferimento alla valutazione di altri profili dei candidati oltre a quello della preparazione tecnica. Un’eventuale norma che introducesse le prove psicoattitudinali, quindi, quasi sicuramente sarebbe annullata dalla Corte costituzionale per eccesso di delega. Ma il segnale è soprattutto politico: per la prima volta la maggioranza ha messo per iscritto un impegno programmatico in questo senso. Se non sarà in questo decreto, insomma, potrebbe essere nel prossimo.
Per questo, in una proposta di parere alternativo, i deputati del Movimento 5 stelle in Commissione invitavano il governo a “escludere l’approvazione di qualsivoglia strumento normativo volto a consentire la previsione di test psicoattitudinali (…) e, nel caso di specie, evitare di adeguare il testo del decreto legislativo” in questo senso, “al fine di scongiurare ipotetici giudizi di costituzionalità in ragione dell’evidente non conformità della legge delegante rispetto a quella delegata”. Illustrando il documento, la capogruppo pentastellata Valentina D’Orso ha sottolineato come l’introduzione dei test sarebbe “l’ennesimo tassello di un disegno volto a delegittimare e screditare la magistratura, insinuando il sospetto che i magistrati non siano equilibrati”. La proposta però è automaticamente decaduta con il via libera al testo della maggioranza. Esulta invece il presidente della Commissione, il meloniano Ciro Maschio: “Esprimo soddisfazione per il parere favorevole sulla riforma ordinamentale della magistratura, con misure importanti previste dalla delega e con l’introduzione dei test psicoattitudinali per l’accesso alla magistratura, come avviene in quasi tutta la pubblica amministrazione, a conferma di come non possa essere letta come una volontà di penalizzare, ma semmai di valorizzare la magistratura”. Dal mondo delle toghe è critico Giovanni Zaccaro, segretario della corrente progressista Area: “La professionalità dei magistrati va valutata periodicamente e seriamente. Chi è in situazione di particolare stress va sostenuto. Le mele marce vanno eliminate. Ma previsioni come queste additano all’opinione pubblica tutti i magistrati tutti come privi di senno. Vorrei che i poteri dello Stato si rispettassero a vicenda”.