Scuola

Valditara e le classi separate per chi ha deficit in italiano: una visione punitiva della scuola

di Simonetta Lucchi

Il pedagogista Daniele Novara prende posizione riguardo all’idea di una “camera stagna” per l’apprendimento dell’italiano, ritenuta priva di fondamento scientifico e pedagogico, come da lui – e del resto molti altri esperti – sostenuto. L’esperienza dimostrerebbe che i bambini non madrelingua imparano rapidamente se immersi in un contesto linguistico italiano attraverso la cosiddetta “full immersion mimetica”.

La compresenza con i compagni italiani è fondamentale per questo processo – si afferma – proprio come avviene per i nostri figli durante le vacanze studio all’estero. Appunto. O magari in vacanza in Alto Adige, in cui in questi giorni sono iniziati i colloqui linguistici a genitori e bambini di sei anni per consentire o meno l’iscrizione alle scuole, che sono in lingua tedesca nella maggior parte del territorio. Qualora i genitori o il bambino non raggiungessero un’adeguata e corretta conoscenza della lingua tedesca, saranno giocoforza costretti a iscriversi in una scuola in lingua italiana, non più del 20% circa del totale nella Provincia Autonoma. Perché naturalmente è importante la scuola ma anche soprattutto il doposcuola, e i genitori devono contribuire. Sono principi.

Abbiamo in questo Paese un laboratorio linguistico attivo da oltre quarant’anni, con scuole divise tra gruppo etnico italiano, tedesco e ladino. Le altre etnie, curde, albanesi, cinesi, non vengono riconosciute. Nelle scuole italiane non avvengono controlli linguistici, e, ovviamente, è presente un numero altissimo di studenti con background migratorio. Quale migliore osservatorio? Un’esperienza comparata e attuata simultaneamente in un unico ambito territoriale, in cui più sperimentazioni, progetti, bilingui, trilingui, inclusivi e/o esclusivi si sono succeduti.

La proposta del Ministro Giuseppe Valditara, si legge, appare un pretesto per rilanciare una visione della scuola punitiva, basata sulla competizione, sui voti e sulla bocciatura. Le classi differenziate, già sperimentate in passato e poi abolite nel 1977, non solo sono inutili, ma addirittura dannose. La separazione non ha alcun valore educativo, anzi stigmatizza e isola gli alunni stranieri, privandoli di opportunità di crescita e confronto. Ma ci dimentichiamo che in questo Paese la divisione su base etnica è stabilita per Statuto, regolarmente concordato tra Stato e Provincia. Che abbiamo già fatto e sperimentato ampiamente e potremmo mostrare al mondo i risultati. Ci dimentichiamo dei nostri vicini di casa. Anzi, di chi abbiamo già in casa nostra.

Nel sistema scolastico italiano c’è “un problema di integrazione che riguarda gli immigrati di prima generazione”. Lo ha sottolineato il ministro dell’Istruzione: “C’è un problema perché l’attuale sistema scolastico penalizza gli studenti stranieri. Sia per quanto riguarda le performance sia per quanto riguarda la dispersione scolastica, che secondo l’Istat raggiungerebbe tassi del 30,1%, per i giovani immigrati contro il 9,8% degli studenti italiani”, ha spiegato ancora. In Italia però abbiamo forse anche un problema di “immigrati italiani” da integrare in patria.

Il problema dell’inclusione è vasto e complesso. E soprattutto va prevenuto, come sottolinea l’assessora Ramoser: “Tornerò a portare la questione delle materne all’attenzione della Provincia e in particolare dell’assessore Philipp Achammer. Servono soluzioni. Non è accettabile che ci siano scuole di lingua tedesca con più bambini italiani e stranieri che tedeschi. Tanto che, in particolare durante la pausa, la lingua usata è quella di Dante più che quella di Goethe”.

Che dire? Purtroppo, i bambini non dimenticano. Imparano presto le parole, in qualsiasi lingua. Soprattutto se esclusi.

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