Il recente scandalo del cosiddetto Bosniagate, nel quale molti studenti italiani hanno pagato profumatamente la possibilità di conseguire una laurea in Medicina o in una professione sanitaria presso l’università di Goradze, non riconosciuta né in Italia, né, apparentemente, in Bosnia e sono quindi stati truffati, riapre la discussione sul numero chiuso in questi corsi di laurea. Dopo tutto, si dice, se il numero chiuso non ci fosse o fosse diversamente gestito, non sarebbe necessario per gli esclusi rivolgersi a soluzioni diverse di dubbia validità quando non francamente truffaldine. La necessità del numero chiuso è però una questione complessa, difficile da affrontare sull’onda di uno o più scandali.
Ciò che il pubblico italiano mediamente rifiuta è che qualità, quantità e costo sono grandezze tra loro in conflitto e che siano necessari compromessi, a volte dolorosi. Per semplificare la vita ai commentatori metterò tra parentesi in questo articolo i più comuni paradossi qualunquisti che piagano il discorso. Lo Stato, qualunque Stato, garantisce la formazione dei professionisti che impiega e che abilita all’esercizio della professione, perché l’utente, cioè il comune cittadino, non ha la possibilità di verificare la formazione del professionista al quale si rivolge (commento qualunquista: bella garanzia, il mio medico curante non capisce niente). Per poter garantire la formazione del professionista, sono previsti dei requisiti di abilitazione delle università e delle altre strutture formative: è previsto cioè un minimo di qualità (commento qualunquista: le università italiane fanno comunque schifo).
Non è possibile garantire la qualità a prescindere da quantità e costo: la stessa struttura, con lo stesso finanziamento, sarà in grado di formare “bene” cento professionisti oppure di formarne “male” mille (commento qualunquista: le università italiane ne formano male cento, e a costi altissimi). L’Unione Europea ci offre una grandissima opportunità: la circolazione dei cittadini tra gli Stati membri, col riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nel proprio paese; questo però implica che ogni stato deve uniformarsi a uno standard qualitativo comune, che può essere più restrittivo di quello vigente in precedenza (commento qualunquista: prima usciamo dall’Unione Europea meglio è).
I requisiti per l’accreditamento formativo dei corsi di Laurea in Medicina e nelle professioni sanitarie includono, tra l’altro, la disponibilità di ospedali e strutture sanitarie e condizionano il numero massimo di studenti alla capienza di queste strutture: cioè, per semplificare, non si possono fare corsi di Laurea in Medicina con mille studenti se si dispone di un ambulatorio di paese. I paesi extra-europei (ed anche alcuni paesi europei) non aderiscono a queste norme e la laurea che vi si consegue non è automaticamente riconosciuta in Italia: se viene da noi una persona che si è laureata in questi paesi, deve iscriversi ad una università italiana, farsi riconoscere gli esami che sono riconoscibili, superare quelli che mancano e sostenere una tesi e un esame di abilitazione professionale.
Aggirare il numero chiuso con sotterfugi, quali l’iscrizione presso paesi che non aderiscono alla normativa comunitaria, e che pertanto possono accettare numeri più ampi o addirittura eliminare il numero chiuso, comporta rischi perché il riconoscimento del percorso di studio potrebbe essere incompleto. Quale sia nel dettaglio il caso dell’Università di Goradze non è del tutto chiaro: sembra che inizialmente godesse dell’accreditamento da parte dello Stato della Bosnia, ma non di quello comunitario, e che successivamente lo abbia perso o non sia stata in grado di rinnovarlo; in questi casi la truffa è in agguato perché esiste una connivenza tra il truffatore (l’università) e il truffato (lo studente): entrambi volevano truffare lo Stato (Italia) che segue le regole comunitarie.
Andrea Bellelli
Professore Ordinario di Biochimica, Università di Roma La Sapienza
Scuola - 6 Marzo 2024
Il numero chiuso a Medicina è una necessità: chi tenta di aggirarlo (come nel Bosniagate) rischia
Il recente scandalo del cosiddetto Bosniagate, nel quale molti studenti italiani hanno pagato profumatamente la possibilità di conseguire una laurea in Medicina o in una professione sanitaria presso l’università di Goradze, non riconosciuta né in Italia, né, apparentemente, in Bosnia e sono quindi stati truffati, riapre la discussione sul numero chiuso in questi corsi di laurea. Dopo tutto, si dice, se il numero chiuso non ci fosse o fosse diversamente gestito, non sarebbe necessario per gli esclusi rivolgersi a soluzioni diverse di dubbia validità quando non francamente truffaldine. La necessità del numero chiuso è però una questione complessa, difficile da affrontare sull’onda di uno o più scandali.
Ciò che il pubblico italiano mediamente rifiuta è che qualità, quantità e costo sono grandezze tra loro in conflitto e che siano necessari compromessi, a volte dolorosi. Per semplificare la vita ai commentatori metterò tra parentesi in questo articolo i più comuni paradossi qualunquisti che piagano il discorso. Lo Stato, qualunque Stato, garantisce la formazione dei professionisti che impiega e che abilita all’esercizio della professione, perché l’utente, cioè il comune cittadino, non ha la possibilità di verificare la formazione del professionista al quale si rivolge (commento qualunquista: bella garanzia, il mio medico curante non capisce niente). Per poter garantire la formazione del professionista, sono previsti dei requisiti di abilitazione delle università e delle altre strutture formative: è previsto cioè un minimo di qualità (commento qualunquista: le università italiane fanno comunque schifo).
Non è possibile garantire la qualità a prescindere da quantità e costo: la stessa struttura, con lo stesso finanziamento, sarà in grado di formare “bene” cento professionisti oppure di formarne “male” mille (commento qualunquista: le università italiane ne formano male cento, e a costi altissimi). L’Unione Europea ci offre una grandissima opportunità: la circolazione dei cittadini tra gli Stati membri, col riconoscimento dei titoli di studio conseguiti nel proprio paese; questo però implica che ogni stato deve uniformarsi a uno standard qualitativo comune, che può essere più restrittivo di quello vigente in precedenza (commento qualunquista: prima usciamo dall’Unione Europea meglio è).
I requisiti per l’accreditamento formativo dei corsi di Laurea in Medicina e nelle professioni sanitarie includono, tra l’altro, la disponibilità di ospedali e strutture sanitarie e condizionano il numero massimo di studenti alla capienza di queste strutture: cioè, per semplificare, non si possono fare corsi di Laurea in Medicina con mille studenti se si dispone di un ambulatorio di paese. I paesi extra-europei (ed anche alcuni paesi europei) non aderiscono a queste norme e la laurea che vi si consegue non è automaticamente riconosciuta in Italia: se viene da noi una persona che si è laureata in questi paesi, deve iscriversi ad una università italiana, farsi riconoscere gli esami che sono riconoscibili, superare quelli che mancano e sostenere una tesi e un esame di abilitazione professionale.
Aggirare il numero chiuso con sotterfugi, quali l’iscrizione presso paesi che non aderiscono alla normativa comunitaria, e che pertanto possono accettare numeri più ampi o addirittura eliminare il numero chiuso, comporta rischi perché il riconoscimento del percorso di studio potrebbe essere incompleto. Quale sia nel dettaglio il caso dell’Università di Goradze non è del tutto chiaro: sembra che inizialmente godesse dell’accreditamento da parte dello Stato della Bosnia, ma non di quello comunitario, e che successivamente lo abbia perso o non sia stata in grado di rinnovarlo; in questi casi la truffa è in agguato perché esiste una connivenza tra il truffatore (l’università) e il truffato (lo studente): entrambi volevano truffare lo Stato (Italia) che segue le regole comunitarie.
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Le "elite di sinistra" si sono "recentemente indignate per il discorso di JD Vance a Monaco in cui il vicepresidente ha giustamente affermato che prima di discutere di sicurezza, dobbiamo sapere cosa stiamo difendendo. Non stava parlando di tariffe o bilance commerciali su cui ognuno difenderà i propri interessi preservando la nostra amicizia". Mo ha sottolineato la premier Giorgia Meloni nel suo intervento al Cpac.
"Il vicepresidente Vance stava discutendo di identità, democrazia, libertà di parola. In breve, il ruolo storico e la missione dell'Europa. Molti hanno finto di essere indignati, invocando l'orgoglio europeo contro un americano che osa farci la predica. Ma lasciate che ve lo dica io, da persona orgogliosa di essere europea - ha detto ancora - Innanzitutto, se coloro che si sono indignati avessero mostrato lo stesso orgoglio quando l'Europa ha perso la sua autonomia strategica, legando la sua economia a regimi autocratici, o quando i confini europei e il nostro stile di vita sono stati minacciati dall'immigrazione illegale di massa, ora vivremmo in un'Europa più forte".
(Adnkronos) - "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno. So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta".
"Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "So che con Donald Trump alla guida degli Stati Uniti, non vedremo mai più il disastro che abbiamo visto in Afghanistan quattro anni fa. Quindi sicurezza delle frontiere, sicurezza delle frontiere, sicurezza energetica, sicurezza economica, sicurezza alimentare, difesa e sicurezza nazionale per una semplice ragione. Se non sei sicuro, non sei libero". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "C'è una crescente consapevolezza. C'è una crescente consapevolezza in Europa che la sicurezza è ora la massima priorità. Non puoi difendere la tua libertà se non hai i mezzi o il coraggio per farlo. La felicità dipende dalla libertà e la libertà dipende dal coraggio. Lo abbiamo dimostrato quando abbiamo fermato le invasioni, conquistato le nostre indipendenze e rovesciato i dittatori". Così la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.
"E lo abbiamo fatto insieme negli ultimi tre anni in Ucraina, dove un popolo orgoglioso combatte per la propria libertà contro un'aggressione brutale. E dobbiamo continuare oggi a lavorare insieme per una pace giusta e duratura. Una pace che può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - In Ucraina "un popolo coraggioso combatte contro una brutale aggressione". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "I nostri avversari sperano che Trump si allontani da noi. Io lo conosco, e scommetto che dimostreremo che si sbagliano. Qualcuno può vedere l'Europa come distante, lontana. Io vi dico: non è così". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un messaggio alla convention Cpac a Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "La propaganda diceva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, avrebbe scoraggiato gli investitori, avrebbe soppresso le libertà, ma erano fake. L'Italia sta meglio, l'economia cresce" l'arrivo di migranti "si è ridotto del 60%. Stiamo facendo aumentare le libertà in tutti gli aspetti della vita del paese". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un messaggio al Cpac.