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Il Super Tuesday è di Trump: suoi 12 Stati, Haley gli soffia il Vermont. Anche Biden vince, ma si sente il voto di protesta

Joe Biden e Donald Trump trionfano nel Super Tuesday. È un risultato atteso, in quelle che sono forse le primarie più prevedibili della storia politica statunitense. Il voto di ieri manda comunque alcuni messaggi significativi. Da un lato, la protesta di settori di elettorato democratico nei confronti di Biden per la politica a Gaza non si placa ma anzi si allarga, dal Michigan al Minnesota al North Carolina. Dall’altro, Trump mostra di aver stabilito un controllo ormai totale sul partito repubblicano. L’ex tycoon si aggiudica dodici Stati e lascia a Nikki Haley soltanto il Vermont. Per l’ex governatrice del South Carolina si tratta di una sconfitta bruciante, che archivia per sempre una candidatura che era già di bandiera, senza alcuna possibilità di vittoria. Il voto di ieri rende comunque definitiva una cosa. Come già nel 2020, saranno Joe Biden e Donald Trump a contendersi la Casa Bianca.

FRONTE TRUMP – Per entrambi, non si tratta ancora dell’investitura ufficiale. Ciò avverrà presumibilmente entro il 19 marzo, con l’assegnazione di un’altra manciata di delegati in Florida, Illinois, Kansas, Ohio, Arizona. Solo allora ci si potrà lasciare alle spalle queste primarie, segnate sin dall’inizio dal dominio quasi incontrastato dei due candidati. È soprattutto Trump a uscire trionfante dal Super Tuesday. L’ex presidente vince su Nikki Haley nel sud conservatore del Tennessee e nel nord moderato del Massachussetts, stacca la sua avversaria di oltre cinquanta punti in Colorado, North Carolina, Arkansas, si aggiudica facilmente i due Stati che manderanno più candidati alla Convention, California e Texas. Haley prevale solo in Vermont, uno stato liberal del nord-est con una nutrita popolazione universitaria e dove votano anche gli indipendenti, dunque non propriamente in sintonia con il cuore dell’elettorato repubblicano.

Nel discorso della vittoria, pronunciato dalla sua residenza di Mar-a-Lago, Trump si è concentrato soprattutto su immigrazione ed economia, dipingendo ancora una volta un Paese devastato e senza speranza. “Ci invadono a milioni di persone” ha detto, alludendo al confine meridionale. “È un’invasione. Probabilmente, è la peggiore delle invasioni”, ha continuato, spiegando che sono 15 milioni gli illegali che “arrivano negli Stati Uniti da luoghi duri e pericolosi” (il numero è sparato a caso). In tema di economia, l’ex presidente si è scagliato contro l’amministrazione Biden per il rialzo dell’inflazione, proclamando (anche qui senza alcun fondamento nei numeri) che durante il suo mandato “l’America ha avuto la migliore economia della sua storia”. Non sono mancati temi tradizionali del suo repertorio politico, che hanno sempre una buona presa sul suo elettorato. Come il riferimento al Covid-19, “che io chiamo affettuosamente il virus cinese”, ha spiegato Trump.

Nel discorso, l’ex presidente ha lanciato un chiaro messaggio a Nikki Haley: “Siamo un grande partito – ha detto – ricco di talenti e ciò che vogliamo è l’unità e l’unità arriverà molto presto”. Da settimane l’entourage di Trump chiede a Haley, in pubblico e in privato, di ritirarsi. Dal palco di Mar-a-Lago, l‘ex governatrice del South Carolina non è mai stata nominata, ma proclamando l’unità del partito Trump le ha chiesto, ancora una volta, di farsi da parte, per far finalmente partire la campagna di contro Joe Biden. Dopo l’inevitabile ritiro, si porrà per Haley il problema se sostenere o meno Trump. Al momento, non pare avere molte alternative, almeno se vuole restare parte del G.O.P. Il controllo di Trump su struttura ed elettori appare infatti totale. Lo conferma un sondaggio condotto da CNN tra gli elettori repubblicani fuori dei seggi in North Carolina e Virginia. Quattro elettori repubblicani su dieci, in North Carolina, dicono di sentirsi parte di “Make America Great Again”, il movimento di Trump. In Virginia, un terzo degli elettori repubblicani si identifica con il Maga. Due terzi dei repubblicani del North Carolina si dicono pronti a votare Trump “anche se condannato”. La stessa cosa sostengono oltre il 50 per cento dei repubblicani della Virginia.

FRONTE BIDEN – Sul versante democratico, Joe Biden conquista tutti i 15 Stati che hanno organizzato le primarie democratiche. L’unico incidente per lui è la sconfitta subita in un minuscolo territorio statunitense dell’Oceano Pacifico, le Samoa americane, dove il presidente si piazza al secondo posto dopo un uomo d’affari democratico, Jason Palmer. Il suo staff si è comunque affrettato a definire la cosa “una stupidata. Palmer ha vinto perché è il candidato locale”. Più preoccupante per il presidente è sicuramente il risultato del Minnesota, dove si è riproposto il tema del voto “uncommitted”, quello di protesta contro la politica dell’amministrazione a Gaza. Con quasi l’80% delle schede scrutinate martedì sera, gli “uncommitted” avevano guadagnato il 19% dei voti, un numero sufficiente per mandare un proprio delegato alla Convention di Chicago ad agosto, quella che designerà definitivamente Biden. Il voto in Minnesota segue quello, clamoroso, del Michigan, e mostra che l’insoddisfazione per le posizione di Biden sulla guerra a Gaza si è ormai diffusa, dagli arabo americani ai progressisti, fino agli elettori più giovani.

Segnali di protesta nei confronti di Biden sono avvertibili peraltro anche nel voto del North Carolina, dove il 12 per cento dei democratici ha scelto l’opzione “nessuna preferenza”, e del Massachusetts, con il 9 per cento di votanti che ha optato per “nessuna preferenza”. Se gli oltre 100 mila “uncommitted” del Michigan erano stati completamente ignorati dalle dichiarazioni post voto della Casa Bianca, questa volta l’entourage di Biden ha cercato di inviare un messaggio distensivo. “Il presidente crede che far sentire la propria voce, partecipando alla nostra democrazia, sia parte fondamentale dell’ìessere americani”, ha detto Lauren Hitt, portavoce della campagna. “Il presidente peraltro condivide l’obiettivo di porre fine delle violenze, per una pace giusta e duratura in Medio Oriente. A tal fine, lavora instancabilmente”. Lo stesso Biden ha usato il voto del Super Tuesday per lanciare un messaggio più generale: “Difendiamo la nostra democrazia. Difendiamo la nostra libertà personale. Difendiamo il diritto di voto e i nostri diritti civili”. È il messaggio – Trump minaccia per la democrazia – che il presidente continua a ripetere e cui affida le sue speranze di rielezione a novembre.