In Italia l’85% dell’imposta sul reddito delle persone fisiche pesa sulle spalle di lavoratori dipendenti e pensionati. Il 5% più facoltoso del Paese detiene il 46% della ricchezza complessiva ma paga aliquote medie più basse rispetto al resto della popolazione. E anche il top 1% versa in proporzione meno tasse del 99% che ha meno. In barba all’articolo 53 della Costituzione. La delega fiscale del governo Meloni peggiora la situazione. Molti accademici – e piccole frange della politica – sono convinti che il sistema tributario vada riformato prevedendo anche una tassa sui grandi patrimoni. Il Fatto Quotidiano e Oxfam lanciano oggi un sondaggio per tastare il polso dell’opinione pubblica e comprendere come sarebbe accolto un intervento del genere, che a seconda della franchigia potrebbe colpire poche decine di migliaia o alcune centinaia di migliaia di persone. Sarà possibile partecipare fino al 6 aprile. Subito dopo tireremo le somme, raccontandovi i risultati.
“Vogliamo offrire ai cittadini l’opportunità di esprimere la propria opinione su scelte politiche in grado di incidere sulla loro vita”, spiega Misha Maslennikov, policy advisor di Oxfam Italia. “Misurare il supporto alle proposte che si avanzano pubblicamente, come l’introduzione di un’imposta sui grandi patrimoni, costituisce per Oxfam un’imprescindibile pratica democratica. Una pratica troppo spesso sacrificata sull’altare di un’astratta volontà popolare richiamata acriticamente dai politici, ma raramente verificata. Siamo ansiosi di conoscere i pareri dei cittadini ed auspichiamo che il sondaggio possa contribuire a rafforzare la partecipazione – in una delle sue molteplici forme – delle persone alla vita politica del paese”.
Al G20 la proposta di un’imposta minima globale sui super ricchi – Il tema della tassazione dei super ricchi in questi giorni è caldissimo a livello globale. La presidenza brasiliana del G20, durante il vertice tra i ministri delle Finanze che si è svolto la scorsa settimana, ha sostenuto infatti la necessità di un‘imposta minima sui miliardari sul modello di quella proposta dall’economista e direttore dell’Eu Tax Observatory Gabriel Zucman, che ne aveva parlato lo scorso ottobre anche in un’intervista al Fatto. Lo stesso Zucman, partecipando all’incontro dei ministri a San Paolo, ha sottolineato che un’aliquota del 2% applicata solo ai 3mila miliardari mondiali produrrebbe ben 250 miliardi di gettito e risolverebbe il problema della regressività al vertice della distribuzione dei redditi. La proposta ha incassato l’esplicito sostegno della Francia. E l’economista francese che lo scorso anno ha vinto la medaglia John Bates Clark nel 2023 (molti precedenti vincitori hanno poi preso il Nobel) ha spiegato che anche la segretaria di Stato Usa Janet Yellen ha aperto. L’amministrazione Biden ha auspicato in più occasioni che i facoltosi paghino “la loro giusta quota” e nella manovra per il 2024 il presidente aveva inserito anche un’imposta del 25% sulle ricchezze superiori ai 100 milioni di dollari. La proposta è però rimasta solo sulla carta, mentre il Congresso faticava a trovare l’accordo per evitare lo shutdown.
La raccolta firme per un’imposta europea – In Unione europea è intanto entrata in vigore, l’1 gennaio 2024, la direttiva che – come previsto dal “secondo pilastro” del nuovo sistema di tassazione del reddito delle multinazionali concordato a livello Ocse – introduce nel Vecchio continente una tassa minima del 15% per le multinazionali, ora in fase di recepimento da parte dei Paesi membri (l’Italia ha già provveduto). Gli individui molto ricchi continuano invece a contribuire pochissimo ai bilanci pubblici, complici società holding che fanno da tramite per l’incasso dei dividendi e regimi fiscali preferenziali offerti da molti governi per attirarli nel proprio Paese. Lo scorso anno economisti come Thomas Piketty e attivisti come Marlene Engelhorn di Millionaires For Humanity hanno lanciato l’Iniziativa dei cittadini europei Tax the rich per chiedere alla Commissione Ue di istituire un’imposta sui grandi patrimoni con il cui gettito finanziare la transizione ecologica e combattere le disuguaglianze.
Finora sono state raccolte 143mila firme: ne serve 1 milione perché l’esecutivo Ue sia tenuto a prendere in considerazione la proposta, rispondendo formalmente ai proponenti. Il Fatto è partner di Oxfam nel promuovere l’adesione in Italia (qui il link al sito La Grande Ricchezza da cui è possibile firmare). Ipotizzando di fissare una franchigia a 5,4 milioni di euro e applicare un’aliquota dell’1,7% tra 5,4 e 8 milioni, 2,1% tra 8 e 20,9 milioni e 3,5% sopra i 20,9 milioni, l’Italia potrebbe ricavare un gettito di 15,7 miliardi all’anno. Si potrebbe salire a 23 miliardi applicando le stesse aliquote a una platea più ampia, lo 0,5% più ricco pari a 250mila persone, con scaglioni da 2,3 a 5,4 milioni, 5,4-8 milioni e sopra 8 milioni (lo 0,05%). I proventi potrebbero essere utilizzati per finanziare il welfare e garantire un sostegno ai 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, cioè non in grado di comprare i beni e servizi necessari per una vita minimamente accettabile.
Quali partiti sono a favore – In Italia la patrimoniale tende ad essere politicamente tabù. Facile agitare lo spauracchio della “tosatura” della classe media, che pure non sarebbe toccata in alcun modo da una tassazione delle ricchezze multimilionarie e anzi avrebbe molto da guadagnare da un ridisegno complessivo di un sistema fiscale oggi molto favorevole ai più abbienti. A favore di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni si è però schierata l’Alleanza Verdi Sinistra, che l’ha proposta sotto forma di emendamento alla manovra. L’ala del Pd più vicina a Elly Schlein si è espressa, all’Europarlamento, a favore di un intervento dello stesso tipo a livello europeo. Il Partito socialista europeo – a cui aderiscono i dem – nel manifesto presentato lo scorso fine settimana in vista delle elezioni di giugno prende al punto 4 un “impegno per la giustizia fiscale” scrivendo che “le grandi aziende, i grandi inquinatori e i super ricchi devono pagare la loro giusta quota, in Europa e nel mondo, attraverso imposte efficaci sulle società, sugli extraprofitti, sui capitali, sulle transazioni finanziarie e a carico dei più ricchi”. Il Movimento 5 Stelle in passato si è espresso a favore di una global wealth tax, ma il leader Giuseppe Conte di recente ha detto che non ce n’è bisogno.